venere

Silvano Toti Globe Theatre

1 agosto 2020

Venere e Adone è un poema drammatico di William Shakespeare composto nel 1593, quando la peste a Londra costrinse alla chiusura dei teatri. Quale miglior inizio di stagione in questo momento così drammatico per lo spettacolo dal vivo!

Venere e Adone fu il poema più popolare dell’età elisabettiana, considerato da molti una guida per chi ama: un poema appassionato che riserva elementi comici, drammatici, erotici ed emozionanti.

Lo spettacolo si apre con W. Shakespeare (Gianluigi Fogacci) che legge l’editto con cui la regina Elisabetta decide la chiusura per due anni di ogni forma di intrattenimento e “passatempo” che preveda affollamenti.

Venere (Melania Giglio) è innamorata perdutamente di Adone (Riccardo Parravicini), un giovane bellissimo che sfugge all’amore preferendogli la caccia. La dea, carica di passione ed erotismo, fasciata in un vestito rosso fuoco che ne accentua la frenesia amorosa e ne mette in risalto il corpo sensuale, tenta in ogni modo di sedurre Adone arrivando fino ad imprigionarlo per poi lasciarlo andare dopo un bacio. Adone va verso la sua battuta di caccia al cinghiale in cui troverà la morte; dal suo sangue Venere farà fiorire anemoni rossi recitando un potente e disperato monologo sull’amore.

Melania Giglio è una Venere bramosa di amore, carezze e baci; in lei l’amore è voluttà, ricerca il contatto con la bocca dell’amato e il suo abbraccio.

Riccardo Parravicini è un Adone schivo, sfuggente, un po’ infantile e distratto da altre attività.

La regia di Daniele Salvo pone Shakespeare come burattinaio di Venere e Adone: giocando con dei pupazzi è come se ne scrivesse la storia in quel momento.

Shakespeare/Fogacci, come un direttore d’orchestra, conduce i due, cercando di arginare la passionalità istintiva di Venere fornendo indicazioni, offrendole parole più dolci e più caute e anche zittendola se necessario.

La sua figura, predominante nel condurre l’azione al principio, mano a mano sembra sempre più lasciare spazio alle proprie creature.

In scena si compie il duello dialettico tra l’amore, la passione e il desiderio incarnati da Venere e l’orgoglio e la resistenza di Adone che disprezza l’amore.

Un confronto strenuo, di botte e risposte, con Venere che incalza Adone che ogni volta si ritrae. Questa caccia all’amore e fuga dall’amore vengono rappresentati in scena in maniera molto fisica grazie ai movimenti dei due protagonisti, in una continua tensione dinamica esasperata dal roteare di una gabbia centrale di cui tra poco si parlerà.

Il tutto è ulteriormente enfatizzato dalle necessità dettate dalle precauzioni Covid19 che impongono il distanziamento e vietano il contatto in scena: così, cercarsi e sfuggire senza mai venire in contatto amplificano il desiderio e il senso di irraggiungibilità, e anche la morte assume maggiore drammaticità per l’impossibilità del contatto che ne accentua la definitività.

Lo spettacolo è arricchito dalle musiche originali di Patrizio Maria D’Artista che esaltano gli stati d’animo dei personaggi sondandone gli stati emotivi.

Soprattutto da segnalare le due composizioni originali in inglese di D’Artista basate su due sonetti di Shakespeare, il n. 46 e il n. 116, composizioni che uniscono ispirazioni classiche ad una componente epica filtrata da un taglio pop, splendidamente eseguite da Melania Giglio.

Brani emozionali che mirano al cuore e che posseggono una potenza evocativa coinvolgente.

Venere e Adone è un testo che più che mai mette al centro la parola come strumento di liberazione, come veicolo per andare oltre al contingente e rivolgersi all’alto, al puro e lo fa con la parola più elevata che è quella della poesia.

La parola in versi penetra nell’animo dello spettatore facendogli vibrare dentro i desideri e le pene dei personaggi.

Le emozioni non possono rimanere ingabbiate in definizioni e la poesia è il linguaggio più alto affinché possano liberarsi.

In scena, in posizione centrale, si erge una gabbia di legno, vetro e metallo, dapprima teatro dei burattini da cui Shakespeare muove le fila della storia, ma, più profondamente, a rappresentare la gabbia in cui l’amante tende a imprigionare la persona amata, svuotando di senso ogni parola seppur dettata dall’amore.

Una gabbia in cui ammirare l’oggetto del proprio amore fatto prigioniero e le cui pareti si appannano ai respiri divergenti dei due amanti e si macchiano del sangue della morte.

Ma amore non è possedere e nel momento in cui la disperazione dilaga, la gabbia si apre e l’amore diventa liberalità, slaccia i nodi stretti dal desiderio, ed esprime se stesso attraverso la poesia.

Completano il suggestivo allestimento, gli effetti sonori e i bellissimi e curati costumi di Daniele Gelsi che danno risalto al confronto tra i sentimenti dei personaggi.

Venere e Adone

Di William Shakespeare

Regia Daniele Salvo

Traduzione e adattamento Daniele Salvo

Prodotto da Politeama s.r.l.

Con Melania Giglio, Gianluigi Fogacci, Riccardo Parravicini

Scene Fabiana Di Marco

Costumi Daniele Gelsi

Musiche originali Patrizio Maria D‘Artista

Assistente alla regia Alessandro Guerra

Direzione tecnica Stefano Cianfichi

Light Designer Umile Vaineri

Sound Engineer Daniele Patriarca

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