
The boys in the band
Sala Umberto
26 aprile 2022 Prima
The boys in the band, in scena al Sala Umberto di Roma, è un’opera teatrale del commediografo americano Mart Crowley, considerata uno dei testi fondamentali del teatro LGBTQ+.
Scritta e rappresentata nel 1968, un anno prima dei moti per la liberazione sessuale del 1969, The boys in the band rimase in cartellone per 1001 repliche, attestandosi come una pietra miliare nella storia del teatro, essendo, inoltre, la prima commedia a tematica gay scritta per il grosso pubblico e, come dichiarato dal regista Giorgio Bozzo a fine spettacolo, un’opera scritta per rivelare i gay al mondo etero.
Nel 1970 ne fu ricavato un film rimasto celebre, con la regia di William Friedkin e presentato col titolo Festa per il compleanno del caro amico Harold.
L’opera, come il film del 1970 e quello più recente del 2020, racconta dei gay degli anni ’60 e dei loro turbamenti, costretti ad una vita in incognito per l’impossibilità di poter essere se stessi sul lavoro e nella vita pubblica, limitando l’espressione della propria identità sessuale all’interno delle proprie case.

In un appartamento di New York sette amici omosessuali si riuniscono per festeggiare il compleanno di uno di loro, Harold. Gelosie personali, tensioni e frustrazioni esploderanno in un crescendo drammatico alimentato dall’alcool e dall’arrivo imprevisto di un amico etero del padrone di casa.
Un gioco pericoloso e crudele, poi, rivelerà i tormenti di ognuno di loro.
The boys in the band è un’opera cinica e drammatica che racconta la condizione degli omosessuali degli anni ’60.
In esso sono inclusi tutti i tipi di omosessuali di quegli anni che assurgono a modelli di certe personalità e posizioni sociali: è possibile trovare l’ebreo, il cattolico, l’ispanico, l’afroamericano, la queer e il bisessuale sposato che ha scelto di vivere la propria omosessualità.
Poveri o ricchi, istruiti o cresciuti per la strada, questi uomini rappresentano relazioni complesse, conflitti e dimensioni personali tormentate proprie di un tempo e portate in scena per la prima volta e in maniera esplicita.

In un crescendo di tensione, tra battute dapprima innocenti e maliziose che si fanno sempre più feroci, trasformandosi in accuse e recriminazioni, i personaggi della storia cominciano a farsi del male per poi tentare, in alcuni casi, di ricucire le ferite.
The boys in the band è un testo difficile perché richiede una grandissima concentrazione e partecipazione per ricreare quel crescendo drammatico che, attraverso il solo uso della parola usata come un’arma, tagliente, feroce e distruttiva, va a penetrare l’anima dei personaggi, travolgendola e sconquassandola, facendo emergere le paure più profonde, i dolori più nascosti e le frustrazioni personali più intime.
Sebbene bravi, in questa Prima romana, i protagonisti risultano un po’tesi e non riescono a ricreare in maniera completa l’intensità drammatica costante e crescente che è una delle caratteristiche di quest’opera.
Le tensioni tra i personaggi non sono incisive; mancano negli sguardi e nelle parole recitate un coinvolgimento e un’emotività che devono a loro volta coinvolgere ed emozionare lo spettatore.
Alcuni aspetti fondamentali, come la rabbia di Michael o la difficile e coraggiosa scelta d’amore di Larry e Hank, restano in superficie.
Le interpretazioni dei protagonisti sono tutte buone, ma risultano un po’fredde.
Manca, forse, una confidenza tra gli attori che permetta loro di apparire naturali e poter recitare le proprie battute con l’immediatezza necessaria.
E’ vero anche che il 2022 non è il 1968 e certe tematiche e problematiche sono ormai state vissute e metabolizzate e non si avverte su se stessi la stessa urgenza e immediatezza di allora.
Però, non è cosi in tutto il mondo.
E, se è vero, come lo è, che, come dichiarato dal regista Giorgio Bozzo sempre a fine spettacolo, fino a che ci sarà anche un solo gay non in pace con se stesso, oppure umiliato, attaccato e picchiato da un altro individuo per la propria scelta di vivere liberamente la propria omesessualità, questo testo rimarrà un monito a tutti e un grido potente per affermare la propria individualità, allora questo grido deve farsi sentire forte e appassionato.
Viene da chiedersi, allora, se forse non vi sia un problema di regia.
The boys in the band
Di Mart Crowley
Produzione The Singing Family
Regia Giorgio Bozzo
Traduzione e adattamento Costantino Della Gherardesca
Con:
Francesco Aricò – Michael
Alberto Malanchino – Bernard
Paolo Garghentino – Arold
Angelo Di Figlia – Emory
Ettore Nicoletti – Hank
Samuele Cavallo – Alan
Federico Antonello – Larry
Gabrio Gentilini – Donald
Jacopo Adolini – Cowboy
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