Teatro Argentina
7 dicembre 2021
Amleto di Corsetti: dentro e fuori da una vita sempre in bilico
Amleto di Giorgio Barberio Corsetti, andato in scena al Teatro Argentina di Roma è un dramma moderno ambientato in un’epoca contemporanea.
Se, come è, le opere di Shakespeare sono immortali e valide per tutti i tempi e sempre lo saranno, c’è da chiedersi se sia giusto ambientarle in altre epoche, vestirle di altri vestiti e allestirle in modi non prettamente tradizionali.
La risposta è, probabilmente sì.
Il problema non è tanto la ricollocazione temporale e spaziale del dramma shakesperiano
che, in quanto valido per tutte le epoche, ben può trovare spazio in altre ere, altri spazi e altri vestiti, quanto, piuttosto, valutare se una tale operazione riesca ad essere omogenea, se abbia una sua organicità e compiutezza e se riesca a mantenere la potenza e la ricchezza del testo.
C’è da dire che, a parte alcune, poche, scene estemporanee, come quella iniziale, il testo dell’Amleto è rispettato nella propria totalità.
Amleto di Corsetti è indubbiamente una rappresentazione visivamente molto suggestiva e stimolante.
Fausto Cabra entra in scena, con le luci in platea a “mezza sala”, in abiti contemporanei, come gli altri dopo di lui; scomposto e spettinato, recita il famoso monologo dell’essere o non essere minacciando di far cadere dell’acqua su una ciabatta elettrica su cui poggia un piede scalzo.
Il pubblico è attento e teso mentre viene chiamato in causa da Amleto/Cabra.
Successivamente, Amleto/Cabra si lascerà sostenere dagli amici Rosencrantz e Guildestern celati dietro un grande telo nero, mentre le parole anticipano il dramma che si consumerà.
Quando il telo cadrà, rivelerà la vera spettacolarità di questo allestimento: la scenografia di Massimo Troncanetti.
Un praticabile a ponte di tre piani, con scale laterali; ruota, spostato a vista dai tecnici mentre gli attori continuano a recitare. Separabile, componibile, la struttura domina la scena.
Tubi, acciaio, scale, luci a neon, ringhiere, pareti movibili, porte che si aprono come botole nel momento in cui una delle pareti si ribalta.
Poi, il grande palco, ampio e profondo. Il tutto restituisce la grandiosità della scena in un movimento continuo in cui gli attori sono chiamati a recitare non stando quasi mai fermi.
La divisione dei piani e dei livelli (il salotto al piano terra, girato il quale appare una palestra; un secondo livello con un ballatoio e sopra una terrazza) rappresenta, sì, il Castello di Elsinore, ma anche i diversi livelli di rappresentazione e comunicazione.
Amleto di Corsetti è tutto un dentro e un fuori.
Dentro e fuori tra il mondo interiore e quello esterno. Dentro e fuori da una vita sempre in bilico: in bilico sulle emozioni (il dolore, la colpa, l’amore, l’odio, la paura, la rabbia, il risentimento…); in bilico tra la verità e la menzogna, il bene e il male, la realtà e l’apparenza.
Al centro, Amleto e il dramma che incarna, rappresentato con potenza interpretativa ed espressiva da Fausto Cabra.
Al suo fianco, compagno perfetto e all’altezza del suo ruolo, sia nello spettacolo che a fianco ad Amleto, l’Orazio interpretato con decisione e consapevolezza da Francesco Sferrazza Papa.
Insolito, decisamente eccentrico, eppure sorprendente e coinvolgente il Polonio interpretato da Francesco Bolo Rossini, nel ruolo anche di Osric.
Toccante, Mimosa Campironi nella pazzia di Ofelia.
Eppure, nonostante tante cose belle, ci sono alcuni elementi discordanti e in dissonanza che fanno storcere il naso e, a volte, infastidiscono e che rischiano di interrompere l’attenzione dello spettatore che spesso è chiamato in causa.
Manca una direzione interpretativa omogenea; Re Claudio (Michelangelo Dalisi), e Gertrude (Sara Putignano) appaiono troppo freddi, quasi distaccati da tutto: troppo monocorde il primo, facendo uso di un registro vocale piatto, quasi atona l’altra, tranne nella scena in cui è sola in camera con Amleto che uccide Polonio e in cui acquista colore.
In generale, l’interpretazione globale risente di queste e altre dissonanze, ma ciò non è sufficiente a rovinare uno spettacolo imponente per struttura, grande per realizzazione e che va incontro al pubblico quasi comprendendolo.
Se ne apprezzano, poi, molti dettagli tecnici, quali l’eccellente disegno luci di Camilla Piccioni e i movimenti di scena di Marco Angelilli.
Amleto
di William Shakespeare
traduzione di Cesare Garboli
adattamento e regia Giorgio Barberio Corsetti
con (in ordine di apparizione) Fausto Cabra, Francesco Sferrazza Papa
Giovanni Prosperi, Dario Caccuri, Michelangelo Dalisi, Sara Putignano
Francesco Bolo Rossini, Mimosa Campironi, Diego Giangrasso
Adriano Exacoustos, Francesca Florio, Iacopo Nestori
personaggi e interpreti
Fausto Cabra Amleto
Michelangelo Dalisi Claudio / Spettro
Sara Putignano Gertrude
Francesco Bolo Rossini Polonio / Osric
Mimosa Campironi Ofelia
Francesco Sferrazza Papa Orazio / Attore
Giovanni Prosperi RosencrantzDario Caccuri Guildenstern / Prete
Diego Giangrasso Laerte / Attore
Francesca Florio Prima attrice / Attrice Regina / Soldato
Iacopo Nestori Primo attore / Attore Re / Messaggero / Marinaio / Primo Becchino
Adriano Exacoustos Attore / Luciano / Soldato/ Marinaio / Secondo Becchino
scene Massimo Troncanetti
costumi Francesco Esposito
luci Camilla Piccioni
musiche e vocal coaching Massimo Sigillò Massara
movimenti Marco Angelilli
assistente alla regia Tommaso Capodanno
assistente scenografa Alessandra Solimene
stagista di drammaturgia Emilia Agnesa
foto di scena Claudia Pajewski
Foto di copertina di Claudia Pajewski