e con Ermenegildo Marciante, Valentina Marziali, Raffaele Proietti
scene Fabiana Di Marco
costumi Susanna Proietti
luci Umile Vainieri
musiche Fabio Abate
Produzione Politeama
da giovedì 16 a sabato 18 marzo ore 21
da martedì 21 a sabato 25 marzo ore 21
domenica 19 e domenica 26 marzo ore 17,30
TEATRO TOR BELLA MONACA- ROMA
INTRAMUROS, spettacolo di Alexis Michalik, con Carlotta Proietti e Gianluigi Fogacci diretti da Virginia Acqua, in scena dal 16 al 26 marzo al Teatro Tor Bella Monaca
Debutta sul palcoscenico del Teatro Tor Bella Monaca dal 16 al 26 marzo, INTRAMUROS, spettacolo di Alexis Michalik, con Carlotta Proietti e Gianluigi Fogacci diretti da Virgiania Acqua.
Riccardo è un giovane regista cui viene proposto di tenere un seminario di teatro in un carcere. Spera in una forte affluenza ma non si presenteranno che due detenuti. Kevin, il cane sciolto, e il più anziano, mite e taciturno Angelo. Riccardo, assistito dalla sua aiuto regista, incidentalmente anche sua ex moglie, e dalla solerte assistente sociale che lo ha contattato per il corso, decide suo malgrado di tentare comunque l’impresa.
Un incrocio vorticoso di storie e stati d’animo, che vengono rappresentati in tempo reale e flashback con ritmi forsennati da cinema. Tempi e luoghi si avvicendano, gli attori di volta in volta oltre il loro personaggio principale devono poi recitare i personaggi della vita che ciascuno di loro fa rivivere nel proprio ricordo. Il tutto con una messa in scena che non ha un momento di sospensione. Tutto è fluido, scorrevole, dinamico, logico eppure “incastratissimo”. C’è del genio in questa scrittura così essenziale ma proprio per questo così chirurgica. Il testo è sorprendente perché́ Michalik semina tanti indizi, che sembrano scollati, e poi, nei momenti giusti, li unisce, e ti fa avanzare un pezzettino nella trama e capisci che una trama c’è, che quella gente non sta lì a caso, che un disegno perché́ le loro vite si siano intrecciate, c’è un motivo, ma quale? Ci si commuove, si rimane imbambolati, si capisce perché́ il teatro deve far parte della vita di ciascuno, pure di chi non lo fa. Ed ecco che il pubblico alla fine esce e in strada ne parla, commentano, e ne parleranno ai loro amici, che poi tocca prenotare con un mese di anticipo su internet o non entri!
Teatro Tor Bella Monaca – Arena Teatro Tor Bella Monaca Via Bruno Cirino angolo Via Duilio Cambellotti raggiungibile con Metro C o Linea Bus 20 Ampio parcheggio disponibile Per informazioni e prenotazioni: Telefono 062010579 (dalle 10:30 alle 19:30) Messaggi whatsapp 3920650683 promozione@teatrotorbellamonaca.it Orario spettacoli: 21; domenica ore 18 Botteghino: dal martedì alla domenica dalle 10,30 alle 21,30 www.teatrotorbellamonaca.it – www.teatriincomune.roma.it Acquisto online su Vivaticket BIGLIETTI intero 12,00 Euro ridotto 10,00 Euro giovani 8,00 Euro GIFT CARD 78,00 Euro (10 ingressi)
Il compleanno è l’opera teatrale di Harold Pinter in scena in questi giorni al Sala Umberto di Roma con la regia di Peter Stein.
Un’opera scomoda per il lettore che potrebbe trovarla noiosa e per lo spettatore che segue la pièce rigirandosi sulla poltrona in attesa che qualcosa di definito, chiaro e nominato si materializzi sulla scena.
Pinter, però, non è autore che opera tramite strutture del pensiero e della scrittura razionali e organiche: almeno non nel senso comune che intendiamo.
Ne Il compleanno, Pinter lascia che gli eventi della storia restino sospesi tutto il tempo nell’aria, agitati da forze invisibili e minacciose senza nome che occupano lo spazio fisico dei protagonisti e ne abitano le menti.
I suoi personaggi. apparentemente liberi, sono, invece, individui schiacciati da un’oppressione di cui non sono spesso nemmeno consapevoli.
La storia si svolge tutta in una piccola e dimessa pensione gestita da Meg (Maddalena Crippa), casalinga insoddisfatta sempre attenta alla cura della casa, e suo marito Petey (Fernando Maraghini), un uomo calmo e ormai rassegnato che lavora al porto.
Le loro giornate sono scandite da una quotidianità semplice e banale, dove le piccole attività casalinghe e le brevi conversazioni sul tempo e le ultime notizie nascondono pesanti silenzi.
Unico loro ospite è Stanely (Alessandro Averone), un giovane trasandato e scostante di cui sanno molto poco, se non che fosse un pianista (forse), ma a cui Meg si è affezionata molto.
A far loro visita ogni tanto c’è solo Lulu (Emilia Scatigno), una giovane amica di Meg che prova un sentimento di tenerezza nei confronti di Stanely.
La notizia dell’arrivo imminente di due ospiti inattesi susciterà in Stanley preoccupazione e sospetto, che si trasformeranno in ansia e angoscia nel momento in cui i due faranno il loro ingresso nella pensione.
Da quel momento qualcosa di minaccioso e indecifrabile, avvolgerà le loro vite, scatenando reazioni e atteggiamenti impulsivi e anomali, abbattendo le barriere della banalità del quotidiano fino ad allora vissuta, ma anche subita.
Stanely appare notevolmente turbato dall’arrivo di questi due insoliti personaggi: Goldberg (Gianluigi Fogacci), elegante e sornione, McCann (Alessandro Sampaoli), imponente e brusco.
Il cortocircuito avverrà ai festeggiamenti del compleanno di Stanely, il quale tenterà di negare che sia il suo compleanno, come per fuggire a un pericolo che sente ormai imminente.
Durante la festa che, grazie alla manipolazione di Golbberg e MacCann assumerà toni sempre più accesi ed esasperati, Stanely, in preda alla paura e alla sovraecctiazione, tenterà di strangolare Meg e, durante, un improvviso blackout che farà tracimare gli argini, cercherà di violentare Lulu.
Il finale vedrà uno Stanely ormai ridotto a un mucchio di vestiti, quasi vegetale, trascinato via dai due sconosciuti, mentre Meg continuerà ad aspettare invano che si svegli ed esca dalla propria camera.
Il compleanno è un’opera spiazzante che ha molto del teatro dell’assurdo di Beckett e che ricorda le dinamiche kafkiane de Il Processo.
Il pericolo che incombe su Stanely non è definito, così come non lo sono le sue paure. Di lui si sa poco o niente, così come dei due misteriosi individui incaricati di prelevarlo dalla pensione per portarlo non si sa bene dove.
Nulla è detto o definito; non si chiamano le cose per nome: tutto resta appeso in una dimensione di continua attesa.
Meg e Petey vivono una quotidianità fatta di gesti ripetuti e discorsi vuoti e reiterati; il mondo esterno entra in casa dal quotidiano che egli legge ogni giorno e di cui accenna qualche notizia a Meg.
Stanely è un ragazzo di cui non si conosce nulla, ma che sembra sempre in continua fuga.
Contraddittorio, sospettoso e maldisposto verso tutti, sembra nascondere una colpa che ha il terrore possa essere scoperta.
I due aguzzini non si sa da dove arrivino e cosa vogliano da lui; potrebbero essere gli infermieri di un manicomio, due sicari o due guardie che vogliono riportare Stanely entro i confini delle regole del Sistema, anche a costo di annientarlo mentalmente, riducendolo a un fantoccio ben vestito, ma senza un’anima.
Tutto resta appeso, sospeso, vago. Nello stesso finale, Pitey lascerà credere a Meg quello che lei vuole credere, non avendo il coraggio di dirle la verità, lasciandola appesa ad un’attesa che non si ricongiungerà mai con il proprio oggetto.
Anche quella dello spettatore è una lunga attesa di un senso logico che non arriverà mai, di una spiegazione che Pinter gli nega.
Il compleanno è un intreccio di situazioni inverosimili e meccanismi assurdi che rendono quel senso di indefinito, di inquietudine e di continua minaccia oscura caro a Pinter.
La stessa struttura drammaturgica è un costante crescendo di tensione e attesa: le domande frequenti e ripetute che Meg fa a Pitey sono la ripetizione di uno schema che ritroviamo, più violento e minaccioso, nel feroce interrogatorio che Goldberg e McCann fanno a Stanley.
I dialoghi si fanno sempre più incalzanti; le parole sono proiettili sparati per ferire, ma non uccidere, coltellate inferte in punti non vitali per piegare e dominare.
Pinter, inoltre, crea immagini concrete che rimandano a un pericolo incombente, ma invisibile, attraverso il gioco della mosca cieca e gli occhiali di Stanley, senza i quali non vede nulla e che, alla fine, verranno rotti da McCann.
In scena un cast di attori bravissimi riesce a restituire a pieno l’inquietudine e la dimensione surreale dell’intera vicenda.
Maddalena Crippa è straordinaria nel caratterizzare il personaggio di Meg, una donna incardinata nel ruolo di casalinga, resa leggermente instabile dall’età, ma ancora capace di civetteria e animata da un bisogno di evasione.
Alessandro Averone dà prova di una capacità attoriale e interpretativa molto efficace e diversa da altri ruoli in cui abbiamo avuto il piacere di vederlo.
Gianluigi Fogaccie Alessandro Sampaoli sono straordinariamente convincenti nelle loro singole interpretazioni ricche di sfumature, e impeccabili negli scambi di battute rapidi, fulminei e feroci che si susseguono sulla scena.
Anche la scenografia di Ferdinand Woegerbauer, che riproduce un interno di una casa semplice, ma, allo stesso tempo, anche un esterno con i suoi mattoncini a vista, contribuisce a creare quello scarto tra dentro e fuori, tra la calma vita domestica e quel misterioso pericolo che bussa alla porta per poi esplodere all’interno.
Il personaggio di Lulu sembra l’unico elemento di connessione tra il dentro e il fuori, tra il passato e il presente: è un elemento esterno (non vive nella pensione) che entra in casa e sembra avere già un trascorso con Goldberg.
La regia di Peter Stein accompagna il testo di Pinter assecondandolo, senza tentare di piegarlo a spiegazioni o soluzioni che possano renderne più chiara la comprensione allo spettatore, sapendo giocare, anche con un certo “sadismo”, sull’elemento dell’attesa.
Il compleanno è uno spettacolo che spiazza e che lascia lo spettatore nella continua attesa che qualcosa accada, che l’evento pericoloso e minaccioso si materializzi. Un’attesa vana e sofferta che lascia in bocca il sapore amaro di Pinter.
Peng, commedia grottesca del drammaturgo tedesco Marius Von Mayenburg, è un testo crudo, brutale, politicamente scorretto che disegna un’atroce metafora politica e sociale dei nostri giorni.
Scritto nel 2017 per la Schaubühne di Berlino all’indomani dell’elezione di Donald J. Trump negli Stati Uniti d’America, il testo è costruito, per una enorme parte, sui tweet dello stesso Trump.
Peng (Fausto Cabra) è un feto prossimo a venire alla luce: nascosto nell’utero materno, protetto dalla sacca amniotica, sente delle voci provenire da fuori, quelle dei genitori e della televisione sempre accesa, ascoltando il tempo battere come un cuore.
Peng ha il destino segnato: quell’utero, caldo e accogliente, sta nutrendo una bestia che si macchia, ancora prima di venire al mondo, di un atroce delitto, strangolando la sorella che è lì con lui:
un femminicidio precoce premonitore di molte altre tragedie.
Lo spettatore è scaraventato nei primi 4 anni di vita di Peng con la sua famiglia, in un percorso tremendo che è un’analisi feroce, lucida e cruda del nostro mondo e della nostra società.
Dominik (Gianluigi Fogacci), Vittoria (Sara Borsarelli) e Peng rappresentano un microcosmo nel quale sono inclusi tutti i mali del mondo e in cui si rispecchia la tracotanza dell’uomo.
La vita borghese apparentemente perfetta dei due genitori viene sconvolta e trafitta visceralmente dal loro figlio, carne della loro carne, sangue del loro sangue.
La famiglia “felice”, organizzata, programmata, efficiente, che ha fatto dell’inclusione e dell’accoglienza la propria bandiera, che si nutre solo di cibi biologici a impatto zero, ha nutrito in sé e dato alla luce
un mostro, che ogni giorno sbatte loro in faccia l’ipocrisia della propria vita.
Peng, questo bambino precoce, arrabbiato, violento, pericoloso, prepotente, crudele e viziato rivolgerà tutto se stesso e la propria ferocia contro le donne in difesa della propria posizione di maschio dominatore, aspirante futuro leader delle masse.
Di fronte alle sue sconvolgenti azioni e ai suoi dettami dittatoriali, i genitori porranno sempre scuse e giustificazioni, cercando flebilmente di arginare l’”esuberanza” del bambino, in realtà incapaci di ammettere il proprio fallimento come genitori e come esseri umani.
Ciechi di fronte al male che il figlio rappresenta e che è lo specchio della loro più intima condizione.
Nonostante la preponderante presenza del tema della violenza sulle donne, vengono passati sotto la lente d’ingrandimento con incredibile e disarmante lucidità i mali del nostro mondo e della nostra società attraverso scene di vita comune esasperate e portate oltre i limiti della tragedia.
Ad essere sotto accusa sono la prepotenza umana, il maschilismo imperante, la presupponenza, l’ego smisurato e autoreferenziale dell’uomo occidentale, la smania di potere.
Peng, non è solo un viaggio intimo nella bestialità delle relazioni familiari, ma un richiamo assordante all’universalismo dei tanti temi trattati, uno squarcio nella cecità collettiva di una massa governata dai mass media.
Infatti, gli anni di vita di Peng con la sua famiglia vengono ripresi costantemente, sette giorni su sette, 24 ore su 24, da un giornalista d’assalto, Tommaso Carlotto (Giuseppe Sartori), un reporter cinico che si serve della voglia di apparire degli altri per nutrire la curiosità morbosa di tutti, alimentando un sensazionalismo esasperato attraverso il quale ognuno possa vivere la vita degli altri per non pensare alla propria.
Lo spettacolo ha un linguaggio forte e pungente e una capacità sconcertante di esprimersi con ironia e sarcasmo senza per questo essere divertente.
Anzi, in quei momenti in cui si è portati a ridere, si serra la bocca vergognandosi di quell’impulso a sorridere. perché non ci può essere divertimento nell’umiliazione dell’altro, non si può sorridere dell’annientamento dell’essere umano e della sua dignità.
Il male è male sempre; non ci sono giustificazioni per il male.
Peng è il mostro; compie il male, ma i genitori non lo fermano.
Peng è la merda della famiglia borghese e perbenista che nasconde la propria natura a se stessa e agli altri
Finito un ciclo, ci sarà sempre un altro Peng pronto a rinascere, un’altra volta, e ancora, fino a che la società si nutrirà di merda.
Tra i bravissimi attori in scena, oltre ai già citati Fausto Cabra, Gianlugi Fogacci, Sara Borsarelli, e Giuseppe Sartori anche Anna C. Colombo e Francesco Giordano che interpretano ognuno più ruoli.
Nessuno di loro risparmia energie, correndo da una parte all’altra del palco, afferrandosi e scontrandosi come in un lungo incontro di lotta libera in cui uomo e donna, orgoglio e umiliazione si affrontano.
Perennemente in contrasto, in lotta, utilizzano ogni strumento attoriale per rappresentare il proprio personaggio, forti di un’espressività diversa per ognuno e fortemente caratterizzante e di una fisicità messa al servizio del personaggio.
Il palcoscenico viene usato nella sua totalità; gli oggetti di scena, di cui si servono continuamente, entrano ed escono trascinati dagli attori, mentre mano a mano il palco si sporca dalla sozzura del mondo.
C’è grande attenzione al segno, al particolare e al dettaglio: ogni elemento è funzionale e richiama ad altro.
Lo spettacolo è pieno di suggestioni e riferimenti concreti alla decadenza morale dei nostri tempi ed inserito in una sorta di reality teatrale.
Solo un consiglio: pulire e asciugare alcune dinamiche perché anche la confusione e il caos a teatro devono avere un ordinamento interno e strutturato se non si vuole che lo spettatore perda la concentrazione, bensì resti attaccato alla scena.
Da citare, in chiusura, gli interventi in video di Manuela Kustermann, direttrice artistica del Teatro Vascello qui nelle vesti di se stessa, ma anche conduttrice di televendite.
PRIMA NAZIONALE
PENG di Marius Von Mayenburg
traduzione CleliaNotarbartolo
con Fausto Cabra, Gianluigi Fogacci, Sara Borsarelli, Giuseppe Sartori,
Anna C. Colombo, Francesco Giordano
e con la partecipazione di Manuela Kustermann
scene e disegno luci Marco Giusti
scenografa collaboratrice Alessandra Solimene video Paride Donatelli suono Dario Felli realizzazione scene Danilo Rosati
costumi a cura di Francesco Esposito
aiuto regia Paolo Costantini
assistente alla regia volontario Luca Nencetti
regiaGiacomo Bisordi
produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello con il contributo di NuovoImaie
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