L’inquilina del piano di sopra. Teatro San Babila di Milano, 28 febbraio 2017
Recensione di Carlo Tomeo
“Linquilina del piano di sopra” è Sophie, una donna che nel giorno del suo compleanno decide di suicidarsi perché, come lei stessa dichiara, nessun uomo l’ha resa felice. Prima di farlo telefona alla sua amica Suzanne, in vacanza in Corsica, per salutarla per l’ultima volta e annunciarle la sua decisione estrema; ormai è tutto pronto: la sua ultima torta di compleanno, un bottiglia di champagne da bere insieme alle molte pastiglie che serviranno per darle la morte. L’amica cerca di scongiurare la cosa e le da un consiglio: prima di darsi la morte perché non cercare di rendere felice con un atto sessuale un uomo? Sophie, sia pur perplessa, accetta e dichiara che si darà al primo uomo che incontra.
Siamo a Parigi il 14 agosto, nei nostri anni. Sophie vive in un appartamento male ammobiliato che sembra un bric-a-brac, pieno di cose all’apparenza inutili.
Un appartamento simile all’inquilino del piano di sotto, Bertrand, un uomo solitario, che non ha amicizie, ha l’hobby di costruire maschere di paesi lontani, e vive la maggior parte del suo tempo tappato in casa, la cui porta d’ingresso è piena di allarmi contro i ladri, una specie di cassaforte da lui stesso ideata.
Sophie, nella preparazione del suo suicidio aveva riempito la vasca da bagno per immergervisi prima di morire, ma, dopo aver parlato con l’amica, aveva dimenticato di chiudere il rubinetto, per cui l’acqua trabocca nel piano di sotto costringendo il vicino a correre di sopra e a bussare all’appartamento della donna per avvertirla dell’accaduto e fermare il disastro.
In questo modo burrascoso si conoscono i due protagonisti della pièce, dove la donna cercherà di mantenere la promessa fatta all’amica e l’uomo si dimostrerà un orso che non vuole avere rapporti con il mondo esterno e cerca di sfuggire alle profferte più o meno evidenti della donna, fino a chiudersi dentro casa. Ma la donna riesce comunque con diversi stratagemmi a comunicare, sia pure malamente, con lui.
Tra loro nasce una conoscenza disastrosa. In realtà sono due anime infelici: lei perché nella vita ha subito troppe scottature sentimentali e lo ammette, lui perché si sente una persona poco attraente e quindi teme di non poter fare innamorare di lui nessuna donna. Tuttavia, mentre Sophie riconosce la propria infelicità e vuole abbandonare la vita, l’uomo si dichiara invece, soddisfatto della vita condotta, pensa di non poter aspirare a nulla di meglio e si definisce un “Ilare criptico”, per non dichiararsi un infelice che finge di stare bene.
La storia della commedia inizia in questo modo, e così prosegue, dove Sophie si fa sempre più invadente e l’uomo sempre più recalcitrante.
L’allagamento dell’appartamento dell’uomo, infatti, è solo il primo episodio di una serie di avvenimenti che si succedono l’uno all’altro e questo sempre, secondo Bertrand, per la sbadataggine di Sophie, che comunque rimane ferma nella sua convinzione di seguire il consiglio datole dall’amica.
Ne nasce una serie di incontri che diventano inevitabilmente scontri e il tutto in una fila di gags che portano il pubblico a ridere a crepapelle. Come ebbi modo di scrivere in altra occasione non è facile creare una drammaturgia comica dove le battute sono costruite in maniera da vaudeville odierno e recitate con estrema velocità e soprattutto inaspettate. Il pubblico con le sue risate quasi copre quanto viene detto sulla scena. La situazione, poi, è così surreale da caricare d’ilarità la pièce ancora di più.
Ma come tante volte una persona si finge avvilita per destare commozione, così accade che la persona triste cerca di apparire allegra e scherzosa, ma in realtà tutto ciò è creato per nascondere l’infelicità che si porta dentro. E questo accade proprio nella società odierna che ha creato un modello di benessere sia fisico che mentale e chi l’avverte, più o meno consapevolmente, e sente di non essere a “la page”, o finge di appartenere a quel modello, creandosi delle sovrastrutture che non sono proprie, oppure si isola del tutto, accettando la propria infelicità che a volte non è neanche riconosciuta per tale.
Non a caso la splendida scena della pièce è una metafora dello stato mentale in cui vivono i due protagonisti, che commettono azioni che portano al riso (e nella commedia si ride tanto) ma che in realtà nascondono in quel modo il proprio disagio di vita.
Bellissimo testo di Chesnot, ben tradotto e adattato da Maria Teresa Petruzzi, che si è avvalso di due attori eccellenti, accompagnati da una brava caratterista come Laura Graziosi che interpreta l’amica di Sophie.
Ugo Dighero è un”orso” irresistibile e Gaia De Laurentiis è di una bravura veramente esemplare. Il regista Stefano Artissunch ha saputo ben dosare i vari effetti comici e ha avuto il merito di ricorrere, per vivacizzare ancora di più la commedia, all’aiuto di musiche internazionali scelte ad hoc ma tutte cantate in rigoroso francese.
Il pubblico è rimasto letteralmente entusiasta, con numerosi applausi , molti anche a scena aperta. Un vero successo, da non mancare!
L’inquilina del piano di sopra
testo Pierre Chesnot
traduzione e adattamento Maria Teresa Petruzzi
regia Stefano Artissunch
con Gaia de Laurentiis e Ugo Dighero
e con Laura Graziosi
produzione Danila Celani per Synergie Teatrali
scene Matteo Soltanto
costumi Marco Nateri
disegno luci Giorgio Morgese
foto di scena Ignacio Maria Coccia
fantocci Giuseppe Cardivani
realizzazione scene Francesco Cappelli
attrezzeria Giovanni D’angelo
Si ringrazia la Sig.ra Roberta Cucchi dell’Ufficio Stampa del Teatro
In scena al Teatro San Babila di Milano fino al 5 marzo 2017