Teatro Brancaccino
12 novembre 2015. Prima
#salvobuonfine è un ragazzino di 21 anni svogliato, indolente e presuntuoso; bello, superficiale e incostante, cambia idee e ragazze come si cambiano i calzini; Salvo fa solo ciò che vuole e quando vuole. Vive da solo con la madre, Anita, amante dell’ordine in maniera quasi ossessiva, che non si fida più degli uomini, se non di Lorenzo, suo carissimo amico, gay, scrittore in carriera. Poi c’è l’amica del cuore di Salvo, Clara, che fa quello che fanno le migliori amiche: accompagna, consiglia, si preoccupa, è gelosa, si incazza. Infine, Dario, migliore amico di Lorenzo, gay anche lui, che ironizza su tutto per esorcizzare un mondo di paure, ed Enrico, innamorato di Anita e dotato di grande controllo e razionalità.
Questi i personaggi intorno ai quali si dipana la meravigliosa storia scritta e diretta da Giancarlo Nicoletti.
Salvo conosce da sempre Lorenzo, lo ammira, lo stima e se ne sente attratto in una forma che ancora non capisce. I due si avvicinano e tra loro c’è chimica, attrazione, tensione elettrica. Lorenzo, però, è allo stesso tempo avvicinato e respinto da Salvo, che nega il proprio essere gay.
Salvo non sa cosa sia, non sa chi sia; è confuso, non vuole prendere coscienza del suo orientamento sessuale. E’ strafottente, presuntuoso, arrogante e cattivo, forse solo per un bisogno di di affermarsi e di affermare qualcosa di sé, il suo modo di essere, per gridare la propria presenza e consistenza.
Salvo è incoerente: non si riconosce più nell’immagine che ha di sé e che vuole che gli altri abbiano di lui; è giovane e scoprirsi altro, diverso dall’idea che aveva di sé lo sconcerta e spaventa.
Anche Lorenzo, però, lo scrittore in carriera che conosce la vita, che vuole far sì che Salvo si apra e si sciolga e impari ad amare senza paura, non è poi così libero, così risolto; anche lui ha paura e non è capace di vivere tutto fino in fondo per vergogna e senso di colpa.
#salvobuonfine è una riflessione drammatica e intensa sull’omosessualità e l’omofobia. L’intensità dei protagonisti è davvero coinvolgente; è uno spettacolo sulla presa di coscienza di se stessi, della propria natura e sull’accettazione delle proprie caratteristiche.
#salvobuonfine, però, non è uno spettacolo solo sull’omosessualità, ma un percorso di riconoscimento di se stessi e degli altri e della necessità di riconoscere se stessi negli altri. E’ un testo sull’amore a vari livelli e sulle relazioni: sono difficili le relazioni umane, qualsiasi sia l’orientamento sessuale dei protagonisti.
L’amore, la paura di amare, la paura di soffrire e far soffrire, la paura che finisca: le relazioni sono così, a qualsiasi età e per qualsiasi sesso. A maggior ragione qui, in questo splendido testo di Giancarlo Nicoletti, dove vengono raccontati amori difficili, alcuni fatti di bugie e compromessi, ma dove, soprattutto, si concentra l’attenzione sull’incapacità di vivere un amore liberamente, lontano dai preconcetti e dai pregiudizi.
#salvobuonfine racconta di una società perbenista che nasconde nel migliore dei casi, condanna e punisce nel peggiore dei casi e nel peggiore dei modi; perbenismo e ignoranza; cultura e subcultura; pregiudizio, sessismo, odio e violenza.
E’ in questa spirale di sentimenti contrapposti, tra attrazione e repulsione, confusione e desiderio, accettazione e rifiuto, tentativo di omologazione e ribellione, amore e violenza, che il testo di Nicoletti fa una virata fortemente drammatica, verso un epilogo sconvolgente e commovente. Tra accuse e rimproveri, incomunicabilità e ricerca dell’altro, nel tentativo di dimenticare e tornare ad “essere se stessi” (???), lo spettacolo ha un picco drammatico angosciante, lacerante e disperato ed emotivamente coinvolgente.
“E io che pensavo bastasse amare.
Istinto di sopravvivenza diresti tu.
Nessuna paura tanto alla fine ci si salva sempre”.
O forse no, verrebbe da aggiungere spontaneamente.
#salvobuonfine è un gioiello uscito dalla mente e dalla penna di Giancarlo Nicoletti; un testo denso ed energico, asciutto e diretto.
Un testo che, come già detto, parla a diversi livelli, analizzando un aspetto della società moderna senza retorica, ma con lucidità e disincanto arrivando anche a criticare alcune caratteristiche della comunità omosessuale, laddove l’omologazione e l’autoghettizzazione diventano mezzi coi quali gli stessi omosessuali si caratterizzano come altro dalla società in cui vivono.
I personaggi hanno tutti una loro vita, un trascorso, un vissuto e un punto verso cui tendere; sono tratteggiati con attenzione e cura nei particolari e approfonditi psicologicamente. Giancarlo dimostra ancora una volta una grande capacità di analisi e uno spiccato spirito di osservazione.
Ottima anche la regia di Giancarlo, coadiuvato da Sofia Grottoli e Cristina Todaro e buono ed efficace il disegno luci.
I protagonisti sono bravissimi.
Riccardo Morgante, Salvo, è un giovane e bravo attore che qui tratteggia perfettamente la strafottenza, l’arroganza e la confusione del protagonista, giocando su uno spiccato linguaggio del corpo e su un’energica e comunicativa mimica facciale.
Luciano Guerra, Lorenzo, attore che proviene con successo dal musical e che, inoltre, ha lavorato per la prestigiosa compagnia di Lindsay Kemp, affronta qui una prova diversa e impegnativa portando a casa un buon risultato. In teatro, quando si racconta di storie reali o possibili, la verosimiglianza è un valore e qui, viene rispettato.
Oltre ai due protagonisti della storia centrale, va riconosciuto che #salvobuonfine si avvale della presenza di tre grandissimi interpreti che danno tanto a questo spettacolo.
Valentina Perrella, Anita, è meravigliosa: severa, preoccupata, impaurita, indiavolata, disperata. Nella parte finale la sua drammaticità e intensità sono così strazianti e coinvolgenti da lasciare impietriti.
Alessandro Giova, Dario, è stato una conferma e una rivelazione: una conferma, perché questo ragazzo si è sempre dimostrato molto bravo, una rivelazione perché si è cimentato in qualcosa di completamente diverso, riuscendo con successo. Spontaneo, simpatico, divertente, bravo, naturale in ogni atteggiamento dimostra di aver lavorato molto e bene.
Chiara Oliviero è un’altra interprete eccezionale. La sua presenza sul palco è importante e si nota: presente nei momenti forti e discreta quando serve. Il suo monologo finale è di una drammaticità sconcertante. Così vera e disperata arriva dritta al cuore.
Infine, da segnalare la presenza del bravissimo Antonello Angiolillo, Enrico. Forse resta un po’ troppo dietro rispetto al resto del gruppo, ma la sua è una presenza che si fa notare.
#salvobuonfine, al Teatro Brancaccino fino al 22 novembre.
Le foto sono di Luana Belli
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