
E’ a questo punto che Mercuzio si rivela in tutta la sua originalità, temerarietà e, forse, imprudenza:
“Che cos’è che angoscia l’uomo? Davvero sai poi chi siamo?”
Non sono domande da nulla; su queste domande l’uomo si è sempre interrogato e Mercuzio ha la sua risposta: la sua compagna, l’amante sua, è la Follia, la madre di tutte le domande e, chi lo sa, forse delle risposte; si dibatte dentro di lui con un impeto prorompente e senza di lei non saprebbe cosa fare, “scoppierei”.
Appena ascoltato il pezzo la prima volta, ho pensato subito all’ “Elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam che vi invito caldamente a leggere.
La follia è una dea che giova agli dèi e agli immortali. Privilegia i bambini e i fanciulli che vivono di istinto, spensieratezza e senza senno e allietano la vita di chi si prende cura di loro; ama i vecchi, perché tornano bambini perdendo “la ragione”, riportando all’infanzia chi è prossimo alla tomba.
Quale uomo si sposerebbe, dopo aver valutato gli svantaggi, se non per follia? Quale donna si accosterebbe ad un uomo e soffrirebbe i dolori del parto se non per una sana forma di follia? La follia è quella forza che ci fa gustare la vita, ci fa fare quelle scelte che, se seguissimo solo la ragione, non faremmo mai.
La follia è una donna sensuale che ci incanta; è forse con la testa che si generano gli dèi e gli uomini? O piuttosto nella follia amorosa?
La follia prolunga e dà sapore alla vita, rende amabili le donne, condisce i conviti, forma le amicizie… e potrei continuare.
Mercuzio incarna qui l’elemento dionisiaco direbbe Nietzsche: l’impulso vitale, della creatività, del desiderio nel suo aspetto produttivo: è volontà di potenza.
Mercuzio è genuino, diretto, senza filtri; vive le gioie della vita assaporandole e i dolori attraversandoli. La follia è quell’impeto vitale che lo fa essere così diverso da tutti gli altri, forse un gradino sopra, comunque in un contesto a parte.
Mercuzio conosce la vita, e sceglie di viverla con ebbrezza, amore, trasporto, follia, abbracciandola fino alla morte, sempre coerente nella sua follia (ormai si dovrebbe essere capito che non si parla di pazzia come malattia e perdita di senso e contatto col contesto che ci sta intorno, ma come impulso primario essenziale).
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