tetatet

Teatro Anfitrione. 7 ottobre 2018

L’uomo e il suo doppio. Un’immagine e il suo riflesso allo specchio.

Quando Dario viene lasciato da Angela dopo anni di relazione qualcosa nella sua mente si spezza, gli ingranaggi subiscono un cambio di direzione e la percezione di se stesso muta inesorabilmente.

Dario si chiude in casa: non riuscendo a metabolizzare il trauma lo nasconde dai procedimenti lucidi del suo cervello, lo esterna nella cura dell’altro. Non essendo in grado di prendersi cura di se stesso Dario si proietta fuori di sé concentrando le proprie attenzioni sul suo doppio.

Comincia così una convivenza con Il Giovane che altro non è che un feticcio nel quale Dario vive il proprio trauma come se fosse di un altro, con cui conversa incessantemente e a cui dà consigli.

Dario non riconosce più se stesso nel proprio riflesso e lo vive come fosse un altro soggetto a cui dedicare le proprie cure. Non riconosce i propri occhi in quell’uomo, non ne distingue l’identità dei gesti coi propri, né la sincronia delle espressioni. E’ una convivenza ossessiva quella di Dario e del suo doppio, una relazione che diventa competizione e poi rabbia quando Angela riappare prepotentemente dall’altra parte dello specchio, nella vita del Giovane.

Al fianco di Dario arriva Silvia, sua amica da lungo tempo e da sempre innamorata di lui. Lo accoglie tra le sue braccia accettando di compiacerlo in questo meccanismo contorto di se stesso in relazione al proprio doppio. Anche lei si riflette nello specchio, anche lei dà vita ad un altro personaggio: La Giovane. E’ così che Dario e Silvia si avvicinano intimamente, nella cura che riversano non verso se stessi, ma verso i propri doppi.

Il limite tra finzione e realtà è talmente sottile che si potrebbe dubitare di tutto, anche che Silvia sia realmente lì e non sia, invece, un tentativo della mente di Dario di riportarlo alla ragione, un lume di lucidità nascosto che cerca di farsi strada nell’oblio del suo cervello.

Dario parla e il suo riflesso muove le labbra come lui, ma non proferisce parola: eppure egli lo interpreta attraverso le espressioni a cui, non riconoscendole come proprie, dà un suo significato.
Allo stesso tempo Silvia fa lo stesso con la giovane, nel tentativo di accondiscendere Dario e tentare, chissà, di salvarlo piano piano, o forse accettando di mantenere quella situazione assurda pur di tenerlo vicino a sé.

Sembrano esserci dei momenti in cui Dario e Silvia sono soli, sono solo loro e nessun altro: si tratta di quei momenti in cui Dario le chiede un incontro privato, un tet a tet appunto, che avviene fuori dalla cornice dello specchio. Eppure anche lì la scena è rappresentata anche dai loro doppi, che sembrano avere vita propria anche al di fuori di quel mondo riflesso.

TetATet è uno spettacolo molto interessante di Jacopo Neri con la regia di Giorgia Mazzucato che esplora il mistero del doppio, sondando la psiche umana e le conseguenze sull’azione reale. Jacopo e Giorgia, in sinergia, riescono a creare una drammaturgia che porta a supporre che qualcosa stia per accadere, ma sorprende per le soluzioni che adotta.

Una prova attoriale complessa nella quale la sincronia tra i protagonisti deve essere perfetta in ogni gesto, movimento ed espressione anche solo accennati. E’ per questo che sembra più compiuta e soddisfacente l’interpretazione di Giacomo De Rose nel ruolo del Giovane, proprio perché, confinato dall’altra parte dello specchio, reciterà senza mai parlare, rimanendo sempre aderente al modello originale e riuscendo a far passare emozioni e pensieri attraverso la mimica facciale e la gestualità.

Molto buona anche l’interpretazione di Francesco Guglielmi, Dario, preciso, attento e con la giusta disposizione.

Meno soddisfacente la prova per le due donne, Noemi Pallotto e Ludovica Bove, troppo spesso scollate tra di loro.

 

TetATet

Scritto da Jacopo Neri

Regia di Giorgia Mazzucato

Con Francesco Guglielmi, Giacomo De Rose, Noemi Pallotto, Ludovica Bove e Laura Rotalinti.

Una produzione Teatro Stabile di Roma® e Eat The Catfish

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