
La Gabbia
Teatro Brancaccino
10 maggio 2019
Manipolare la materia psichiatrica è impresa molto delicata e difficile perché la malattia psichiatrica in sé, nonostante tutte le possibili schematizzazioni, fugge da un ragionamento razionale, uscendo dal semplice schema di causa ed effetto.
Per quanto la si possa inserire in categorie logiche, elementi caratterizzanti della malattia psichiatrica sfuggiranno sempre ad una comprensione totale. Il testo di Massimiliano Frateschi, al suo esordio come autore di teatro contemporaneo, rileva una conoscenza approfondita di alcuni meccanismi psicologici patologici, ma allo stesso tempo la messa in scena non riesce a trasmettere in maniera completa lo schema drammaturgico che è dietro all’opera.
Due uomini sono rinchiusi nella stessa cella di isolamento: uno è sonnambulo e, durante il sonno, ha ucciso la moglie; l’altro è uno psicotico che soffre di allucinazioni. Vivranno le loro paure all’interno di quella gabbia.
Proprio perché la materia psichiatrica è mobile e difficilmente contenibile entro pareti strette, lo spettacolo resta costretto all’interno di uno schema troppo rigido, un po’ prevedibile e didascalico. Sebbene, infatti, riesca a rappresentare specifici atteggiamenti psicologici, non riesce a raggiungere un coinvolgimento emotivo.
Il testo ha il pregio di trasmettere l’effetto disturbante della malattia psichiatrica e della costrizione fisica e il merito di riuscire ad andare oltre alla rappresentazione in sé del disturbo mentale e di riflettere una situazione di disagio a più ampio spettro che coinvolge ognuno di noi.
La gabbia del titolo, infatti, la gabbia all’interno della quale i personaggi sono rinchiusi e costretti, non è solo uno spazio fisico che limita ogni loro azione e permette al solo pensiero di vagare disordinatamente, ma è anche uno spazio emotivo che rinchiude tutti noi e ci blocca nelle nostre azioni quotidiane, frustrando le nostre aspettative: la gabbia, infatti, è spesso dentro di noi, nascosta nel nostro inconscio.
Eppure i dialoghi sembrano ricadere spesso su se stessi e la recitazione, per quanto interessante in alcuni punti, a lungo andare risulta sempre uguale e sempre troppo urlata e, come spesso accade nella vita, urlare tanto equivale a non dire nulla. In una recitazione costantemente così forzata e urlata il messaggio e il senso restano soffocati.
Fondamentale in questo spettacolo la regia di Massimiliano Vado, una regia chiara e precisa, che delimita azioni, gesti, battute e che guida i personaggi evitando loro di strafare.
Ottimo l’uso delle luci e delle musiche.
Interessante la scenografia di Andrea Urso con questa “gabbia” quasi sospesa il cui pavimento è una rete che rende ogni passo incerto e traballante, come la vita dei personaggi, sempre in bilico, appunto sospesa e priva di ogni solidità.
La Gabbia
Di Massimiliano Frateschi
Regia di Max Vado
Con Federico Tolardo e Massimiliano Frateschi
Scenografie Andrea Urso
Costumi Tiziana Massaro
Produzione di Inthefilm
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