Teatro Fontana di Milano, 22 febbraio 2018

Recensione di Carlo Tomeo

foto carlo

Torna la Compagnia Punta Corsara  con “Io, mia moglie e il miracolo”, scritto e diretto da Gianni Vastarella, con lo spettacolo che è diventato uno dei suoi cavalli di battaglia e che esordì nel 2016 e fece subito storia. Sul palcoscenico vuoto si muovono personaggi dei nostri giorni dai quali ci aspetteremmo i discorsi più abituali. Una famiglia costituita da un padre padrone, da una moglie succube e da una bambina che da tre settimane nessuno ha più visto perché, stante alle dichiarazioni dei genitori,  frequenta una scuola a tempo prolungato sperimentale che trattiene gli alunni per un tempo non determinato al momento dell’iscrizione. I personaggi, oltre ai genitori della bambina, sono costituiti da un vagabondo chiaroveggente, capace di fare i miracoli, un agente di polizia ricattatore di una prostituita di cui fa abuso gratuito, da quest’ultima che sembra disposta a tutto per i soldi e che si appresta a impalmare un singolo dal cervello traballante e ossessionato dalla stecca di un lecca lecca che si porta dietro da vent’anni, ma che tuttavia ha il pregio di possedere molto denaro.

Una storia che non ha una trama lineare ma è fatta di tanti tasselli, i cui personaggi fanno discorsi a volte ripetitivi, il tutto ambientato in un luogo che potrebbe essere uno qualsiasi e che una musica da film di anni cinquanta di stampo americano tende a complicare la collocazione temporale della vicenda, nonostante gli abiti indossati siano più recenti e malgrado la citazione di una canzone di Pino Daniele che richiama Napoli. Ma una Napoli surreale, dove gli attori recitano dialoghi grotteschi, iperrealistici, sfiorando il comico noir.

La vicenda possiede vari connotazioni e nasconde sempre il tentativo di insabbiare un’oscura verità, come un giocatore di poker che non voglia scoprire subito le sue carte, ma, a mano a  mano che procede nel suo evolversi, i personaggi acquistano una dimensione sempre più qualificata del loro vero carattere. Si parla di morte, di chiaroveggenza, di resuscitazioni, nulla sembra essere di questo mondo e però ne possiede tutte le caratteristiche. Potrebbe essere, per come si svolge la messa in scena, un fumetto che racconta le tristi realtà di sempre, particolarmente marcate nei nostri giorni, il tutto portato all’esagerazione e all’esasperazione contemporaneamente: l’uomo maschilista, la donna perdente che non riesce a far valere i suoi diritti, la caccia al denaro, le manie più strane e sordide dell’essere umano. Non a caso gli attori non hanno un nome, questo perché sono intercambiabili nelle loro azioni: il genitore, interpretato dallo stesso Gianni Vastarella, è una figura che appare maniacale fin dall’inizio ed è ossessionato dalla pulizia dei panni con le lavatrici (indizio, questo, che lo spettatore più attento non sottovaluterà) ma potrebbe essere anche la persona corretta, ossequiante della legge, eccetera. E così l’uomo dei miracoli può essere anche un barbone. Solo la moglie non è in grado di sostenere un ruolo intercambiabile perché incapace di prendere posizioni contro il marito.

La sorpresa finale, insospettabile, regala allo spettatore quasi un senso di stordimento, incredulità e la riflessione sul mondo di oggi che ha perso molti dei suoi valori passati è qui rappresentato nella sua crudezza che è la rincorsa al benessere materiale, costi quel che costi, e che stenta sempre di più a trovare, non sapendo che esso non può essere disgiunto dal benessere dello stato d’animo e dalla rinascita di quei valori che si rano abbandonati.

Pubblico molto attento durante la rappresentazione e stante all’apparenza e ai discorsi sentiti all’uscita della sala, molto affascinato dalla pièce.

Io, mia moglie e il miracolo

Punta Corsara 369 gradi

scritto e diretto da Gianni Vastarella

con Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Gabriele Guerra, Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Gianni Vastarella

disegno luci Giuseppe Di Lorenzo

costumi Daniela Salernitano

immagine di locandina Antonio Cannavacciuolo

collaborazione artistica e organizzazione Marina Dammacco

produzione 369

con il sostegno di NUOVEIMAIE

spettacolo vincitore dell’ediz. 2015 del Festival I TEATRI DEL  SACRO

Si ringrazia Martina Parenti dell’Ufficio Stampa

In scena al Teatro Fontana di Milano fino al 25 febbraio

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