Teatro Olimpico
12 marzo 2023 – Prima
Semo o nun semo, un emozionante viaggio nella tradizione della canzone romana
“Venite giù alla festa de noantri e poi vedete che sapemo fa. Ce so le tamburelle, chitarre e mandolini, li mejo concertini che fanno innamorà, la pira non ce manca, er core ce l’avemo perciò Semo o nun semo? C’è poco da rugà!”
Semo o nun semo è lo spettacolo del premio Oscar Nicola Piovani che torna in scena al Teatro Olimpico, ospite della stagione dell’Accademia Filarmonica Romana.
Questo celebre e amatissimo spettacolo, che prende il nome dall’omonima canzone in dialetto romano di Romolo Balzani,è un viaggio bellissimo ed emozionante attraverso la storia della canzone romana.
Nonostante la tradizione della canzone romana non sia così forte e diffusa rispetto a quella della celebre canzone napoletana, conserva comunque una dignità altissima e una storia affascinante da non sottovalutare, ma, anzi, da riscoprire.
Semo o nun semo vuole ricordare e celebrare la storia della canzone romana, la sua fascinazione e i personaggi che l’hanno inventata e resa celebre e immortale sebbene troppo poco conosciuta nel suo stesso luogo di origine.
Una sorta di canzoniere della Vecchia Roma, quella di Ettore Petrolini, Romolo Balzani, Aldo Fabrizi, dove si ritrovano anche citazioni di Trovaioli e tanti stornelli e serenate.
Nelle sue parole di presentazione dello spettacolo, Nicola Piovani tiene a precisare che lo spettacolo non è una rivisitazione delle canzoni, bensì una restituzione al pubblico di canzoni che tornano restaurate nella loro tinta originale.
La canzone romana nasce a teatro e si diffonde, dapprima unicamente per via orale, tra la gente.
Nello stesso ricordo del M°Piovani, la canzone romana è quella delle madri del Trionfale (quartiere, un tempo popolare, di Roma) che cantavano mentre svolgevano le faccende di casa.
Forte di questo ricordo dolce e personale, il M°Piovani ha voluto restituire alla canzone romana quella veste originale che aveva perso con l’avvento del disco, quando le canzoni vennero riadattare nel ritmo, perdendo alcune caratteristiche precipue e caratterizzanti come i rallentati o gli affrettati, omologandole un po’ tutte ad una stessa linea ritmica.
Basandosi sui suoi ricordi, sui documenti e sulle testimonianze orali e scritte, il Maestro ha voluto riportare all’origine queste canzoni, nei suoni e nei ritmi, restituendo loro forza e vitalità, rispettandone tutte le caratteristiche, compreso l’uso della voce, con la distinzione tra maschile e femminile e collegandole ognuna alla propria origine senza trascurare il contesto storico in cui esse sono nate e si sono diffuse.
Semo o nun semo è un viaggio nel passato di ogni romano che riporta alla mente le canzoni dei padri e delle madri, dei nonni e delle nonne, canzoni che restano nell’aria e continuano a volarci intorno, riverberando echi nel nostro animo.
Lo spettatore, soprattuto romano, deve vivere questo spettacolo proprio come un omaggio alla Città Eterna e alla sua tradizione musicale: un regalo grande di cui si sentiva la necessità e la mancanza.
Semo o nun semo ci parla dei tempi che furono, raccontando amori, gelosie, gioie e dolori; ma anche rispolvera vecchie canzoni politiche o di contestazione politica.
A prestare la voce a queste canzoni, alcune indimenticabili e altre, ahimè, dimenticate, sono interpreti eccellenti della musica e dello spettacolo italiano: Pino Ingrosso, Donatella Pandimiglio, Carlotta Proietti, Sara Fois e Massimo Wertmüller accompagnati dall’Ensemble Aracoeli.
Lo spettatore è immediatamente trasportato in un altro tempo, tra i vicoli di Roma o lungo il fiume Tevere e si abbandona ai ricordi e alle emozioni che le splendide voci dei protagonisti suscitano eseguendo questi brani.
La parte più strettamente recitativa, (i testi sono di Pietro Piovani nipote di Nicola Piovani), è affidata alla carica e alla espressività di Massimo Wertmüller che passa dal gioco al dramma raccontandoci di tempi che non ci sono più.
Il repertorio prevede, oltre al brano Semo o nun semo, altre canzoni di Romolo Balzani, considerato il primo cantautore romano, come San Giovanni, dedicata alla festa di cui fu un grande protagonista, L’eco der core e Barcarolo romano, entrambe composte nel 1926. Tra le chicche in programma: Na serenata a Ponte (canzone giunta a noi per tradizione orale, raccolta e rielaborata da Piovani), Affaccete Nunziata, Nina si voi dormite, Canzone a Nina di Petrolini insieme alla più famosa Tanto pe’ cantà. E ancora Lulù di Aldo Fabrizi, Serenata sincera, Roma forestiera, composta nel 1947, in cui si cantava la nostalgia per la Roma che fu, e Com’è bello fa’ l’amore quando è sera, uscita allo scoppio del secondo conflitto mondiale.
Non possono poi mancare gli “stornelli a dispetto” che oggi potrebbero essere paragonati alle battle dei rapper.
Un altro dei grandissimi pregi di questo spettacolo, poi, è quello di accompagnare ogni canzone con un racconto o un aneddoto che ne descrive brevemente l’origine e la storia, contestualizzando ogni brano nella propria epoca e rivelando dettagli e informazioni per lo più ignorati e invece affascinanti.
E’possibile così conoscere l’origine della Festa di San Giovanni e La Notte delle Streghe ufficializzata nel 1891 con il suo Festival della canzone romana.
Scopriamo la figura di Gustavo Cacini, attore teatrale e comico noto nei teatri d’avanspettacolo romani d’anteguerra con il suo personaggio di attaccabrighe litigioso, tanto da aver dato origine al modo di dire “E chi sei, Cacini?” oppure “È arrivato Cacini!”
Si ironizza con acume sul rapporto che i romani hanno sempre avuto con la morte, tanto da coniare una lunga e divertente serie di espressioni che fanno riferimento a lei.
Semo o nun semo è davvero un percorso emozionante nella tradizione della canzone romana e affascinante nello scoprirne la storia anche degli autori.
Per esempio, chi sapeva che la celebre canzone “senza titolo” Tanto pe’cantà di Ettore Petrolini nasconde, dietro un’apparente spensieratezza, un serio elemento biografico del cantante e che quel “friccico ner core” altro non è che l’angina pectoris di cui l’artista soffriva e che lo costrinse a una lunga immobilità e per il quale si augura che “ner petto me ce naschi un fiore”?
Semo o nun semo è un racconto in note ironico e disincantato della romanità di un tempo, una romanità schietta e vivace, a volte sbruffona, altre volte indolente e rassegnata, spesso tendente alla nostalgia, ma verace, potente, immediata; una romanità dolce, generosa e umana, divenuta oggi, purtroppo, più truce e sgraziata e anche meno musicale per via di certa comicità scadente o, semplicemente, di un cambiamento del linguaggio al passo con questi tempi grevi.
SEMO O NUN SEMO
uno spettacolo di Nicola Piovani
con Pino Ingrosso, Donatella Pandimiglio,
Carlotta Proietti, Sara Fois e Massimo Wertmüller
testi a cura di Pietro Piovani
coordinamento scenico di Norma Martelli
Ensemble Aracoeli
Marco Loddo contrabbasso Nando di Modugno chitarra
Fabio Ceccarelli fisarmonica Alessio Mancini flauto
Sonia Maurer mandolino Pasquale Filastò violoncello
PRODUZIONE POLITEAMA