
MUMBLE MUMBLE
ovvero
CONFESSIONI DI UN ORFANO D’ARTE
di Emanuele Salce e Andrea Pergolari
con Emanuele Salce
e Paolo Giommarelli
TEATRO BRANCACCINO
dal 21 al 24 gennaio
Mumble Mumble è una bellissima “confessione di un orfano d’arte” in cui Emanuele Salce regala al pubblico un racconto intimo e personale, uno squarcio sulla dimensione privata di una famiglia allargata composta da personaggi dal nome importante, imponente e impegnativo.
Questo figlio d’arte, nato accartocciato su se stesso e che aveva imparato ad essere invisibile, che da giovane nutriva scetticismo nei confronti del Teatro e che, cercando la propria strada, si iscrisse a tre corsi di laurea differenti, fece l’assicuratore e altro ancora, non pensando minimamente, un giorno, di voler calcare un palco, con questo racconto cerca di liberarsi dal peso del nome, non per giustificare se stesso agli altri, ma per sua intima e personale esigenza, come a mettere in chiaro a se stesso qualcosa di cui prende coscienza nel momento stesso in cui la racconta.
Una confessione che Emanuele ha fatto, sembrerebbe, prima a se stesso per poter capire, comprendere e realizzare, una volta per tutte, chi egli stesso fosse.
Un racconto che non vuole e non tende a difendere alcuna posizione personale, ma che dona allo spettatore una parte riservata e personale della vita di un uomo in relazione alla morte dei suoi padri.
Si parla di morte in questo racconto, ma in maniera leggera, allegra, dissacrante, come morte indissolubilmente legata alla vita, la vita di chi resta e quella vissuta da chi se ne è andato.
Non c’è celebrazione, né autoreferenzialità; ci sono sincerità e schiettezza nel raccontare gli eventi che hanno caratterizzato i momenti immediatamente successivi alla morte di due grandissimi interpreti ed esponenti della cultura italiana che ci hanno fatto conoscere anche nel mondo.
Durante le prove in un camerino, Emanuele Salce si cimenta col personaggio del Grande Inquisitore dei Fratelli Karamazov tentando di conciliare la verità assoluta che trova nelle pagine di Dostoevskij con i momenti più grotteschi dei funerali dei suoi due padri.
Un fiume in piena di ricordi surreali, ironici finanche comici e, a tratti, esilaranti; un racconto personale dell’uomo (intenzioni, aspettative e imprevisti) e del figlio. Una testimonianza vera, sincera, divertente e affettuosa: un dolcissimo ricordo delle vicende di famiglia e di due illustri uomini.
Quello che colpisce di questo racconto è il mettersi a nudo di Emanuele con semplicità, sincerità e grandissima ironia, prima di tutto rivolta a se stesso e poi agli altri e agli eventi.
Conosceremo così Emanuele, bambino cresciuto alla corte di Gassman, che ci racconterà delle sue esperienze familiari col Maestro e del suo legame col padre Luciano Salce.
Conosceremo Emanuele giovane che si trova ad affrontare la morte del padre Luciano e poi, più adulto, quella dell’altro padre Vittorio, attraverso il racconto di incontri con personaggi insoliti, inaspettati e bizzarri.
Infine vivremo il suo momento catartico, la sua presa di coscienza e liberazione da un peso, reale e simbolico, nello strabiliante racconto dell’incontro con una irresistibile bionda australiana e gli effetti nefasti e funesti di una boccetta di lassativi.
A fare da contraltare ad Emanuele è il discreto e ironico personaggio, a sua volta spettatore, Paolo Giommarelli, complice e provocatore di una confessione intima, privata, tenera e affettuosa. Una sorta di Virgilio che accompagna Emanuele nel viaggio attraverso i propri ricordi più intimi per lasciare, infine, un ultimo saluto, rispettoso, ma allo stesso tempo pieno d’amore, ai suoi due papà e un modo per perpetuarne un ricordo personale e umano.
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