
Il 12 febbraio andrà in onda il secondo appuntamento di Metti una sera in diretta,il format ideato dalla compagnia Readarto. Ne parliamo con i protagonisti.
Metti una sera in diretta, il format ideato da Readarto Officine Artistiche (readarto.org), dopo il successo del suo esordio, è pronto per il secondo appuntamento fissato per il 12 febbraio.
Ne ho parlato con gli organizzatori, Alida Sacoor e Andrea Bizzarri
Quali sono le attività della Compagnia Readarto e Readarto Officine Artistiche?
La Readarto è una società che si occupa di produzione di spettacoli dal vivo e di formazione artstica, prevalentemente teatrale. In repertorio, ci sono opere destinate ad ogni fascia di pubblico, dai bambini agli adulti; parallelamente, una Scuola di Teatro che, ad oggi, conta circa duecento allievi.
Da dove nasce l’idea di Metti una sera in diretta?
Metti una sera in diretta ha almeno tre genitori: il tentativo di far fruttare positivamente questo momento di pausa, la voglia di tornare sul palcoscenico e l’esigenza di rispondere con ironia ad una situazione dai contorni tristemente opachi.
Avete affermato che, secondo voi, l’ingrediente mancante in questo momento sospeso è la leggerezza. Qual è la vostra risposta a questa esigenza?
Quarantacinque minuti – tanto dura il format – di scommessa continua. Andiamo in scena assecondando tutti quei desideri che negli allestimenti di spettacoli, per diverse ragioni, rimangono repressi. Metti una sera in diretta assomiglia tanto a quelle cantine teatrali dove tutto è possibile; dove la sperimentazione è di casa, sempre nel massimo rispetto del pubblico e del tempo che ci sta dedicando.
Chi ci sarà con voi in questo secondo appuntamento?
Ospiti fissi come Matteo Montaperto, Claudia Ferri, Giuseppe Abramo, Guido Goitre, Valerio Di Tella, presenti anche alla prima puntata. Con loro è nato – e sta crescendo – il format. Sono stati i primi a sposare il progetto, con sincero entusiasmo. Un grande grazie è davvero d’obbligo. In questa puntata ci sarà anche Roberto Bagagli, altra vecchia conoscenza, alle prese con un pezzo grottesco e molto sottile.
Ad ospitarvi sarà il Teatro Nino Manfredi. Recitare davanti ad una platea vuota…che sensazione è?
Certo, il famoso parlottio del pubblico, udito da dietro il sipario, è una mancanza alla quale nessun espediente tecnico può far fronte. Però, dopo il primo appuntamento, avevamo tutti addosso quello scarico d’adrenalina tipico di un debutto. È stata un’emozione forte, perché se da un lato percepisci la grande assenza, dall’altro capisci che lo schermo cinque pollici di fronte a te ti dà la possibilità una grande opportunità: quella di avere una tua finestra sul mondo, accessibile anche a chi è distante centinaia di chilometri.
Dove eravate un anno fa, quando tutto questo è cominciato? Quali progetti avete dovuto abbandonare?
Un anno fa avevamo appena terminato le repliche di Souvenir al Teatro Roma e ci accingevamo ad andare in scena con un nostro spettacolo storico: Viva la guerra! Inoltre, si prevedeva un lungo calendario di appuntamenti dedicati alle scuole e i nostri allievi avevano iniziato la loro strada verso lo spettacolo finale. Con caparbietà, abbiamo portato avanti tutte le attività formative, mentre per il resto siamo sicuri che, un passo alla volta, si riuscirà a ricostruire.
Pensate che lo streaming possa essere una soluzione a questo lungo e doloroso periodo di inattività?
L’iniziativa on-line ti offre l’opportunità di entrare in contatto con utenti molto distanti ed è, fondamentalmente, democratica: al di là del nome altisonante, se il prodotto offerto è brutto, lo spettatore avrà molta più facilità a fartelo notare, rispetto al corrispettivo dal vivo. Detto questo, lo spettacolo dal vivo sviluppa tutte le sue potenzialità proprio perché è dal vivo: il ritmo dettato da una risata – così come da un applauso – non potrà mai essere sostituito da un like.
Come possono resistere altrimenti gli artisti dello spettacolo dal vivo in questo periodo che sembra non finire mai?
È una matassa molto difficile da sbrogliare. La categoria, però, parte avvantaggiata: da sempre ha dovuto trovare gli espedienti per reinventarsi, per assecondare il cambiamento, per non farsi trovare impreparata. L’attore – il regista, l’autore, etc. – che vive le sue giornate a contatto col pubblico deve guardare sempre al futuro, per intercettare i gusti del suo “datore di lavoro” e proporre modelli nuovi.
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