
Medea
Teatro Vascello
6 ottobre 2020
Un letto sfatto coperto di lenzuola e drappi rossi. Dentro una donna lacerata dal dolore. Dalla parte opposta, su una sedia rossa, un uomo in abito, la guarda con una certa insofferenza.
La donna è Medea, donna e moglie tradita. L’uomo è Giasone, il marito che l’ha tradita e ripudiata in favore della giovane e bella Glauce, figlia di Creonte, re di Corinto, in nome di una ricchezza che , dice, avrebbe poi spartito con la sua famiglia.
Federica di Martino è una Medea disperata, straziata dalla gelosia e dal dolore. E’ una donna ferita nella propria femminilità, nel proprio ruolo di moglie, amante e madre. In un attimo perde tutto, lei straniera in terra straniera, lei che ha abbandonato il padre per seguire il marito.
Gabriele Lavia, con il suo adattamento e la regia della tragedia di Euripide, porta in scena un dramma umano antico, ma moderno, fedele nel testo all’opera del grande drammaturgo greco, ma reazionario nelle intenzioni alla drammaturgia.
Nello scontro feroce tra Medea e Giasone si consuma il conflitto feroce, moderno e contemporaneo, dell’uomo contro la donna, del marito contro la moglie. Emergono, nelle parole sofferte e taglienti di Medea, elementi antichi oggi decaduti, ma non svaniti, bensì sostituiti da altri: la posizione di inferiorità della donna rispetto all’uomo e della moglie rispetto al marito; la paura della donna emancipata (Medea era una donna colta, istruita).
Eppure, Medea rivendica una propria autonomia, il riconoscimento di una individualità che è tale per se stessa e non in relazione all’altro, in questo caso l’uomo, il marito e promette vendetta. Con voce profonda e roca, come proveniente dall’inferno che sta vivendo, da quella bocca che Giasone vorrebbe far tacere, Medea scaglia maledizioni sulla casa reale e rinfaccia a lui la sua ipocrisia e codardia.
Lo scontro è accentuato dai movimenti scenici, laddove Medea si muove lenta, con le gambe pesanti, che trascina come se portasse addosso pesi insopportabili, lasciando nel terreno sabbioso profondi solchi, strade di dolore, mentre Giasone o è seduto, oppure cammina deciso a passi lunghi e svelti lasciando impronte decise.
Medea escogita ed applica, poi, implacabile, la propria vendetta. Nel momento in cui prepara i malefici sui doni che farà portare alla rivale, la donna, frustrata, lacerata, disperata e accecata dall’ira, si trasforma in una creatura, non più umana, ma animale. Una trasformazione resa con grande suggestione e impatto visivo dalla bravissima protagonista.
La scena è continuamente dominata dal rosso: un letto sfatto rosso in cui Medea si dispera e medita vendetta; le due sedie rosse contrapposte; i quattro pali che sorreggono le luci ai quattro angoli, così come i quattro fari bassi e centrali, due a sinistra e due a destra, sono rossi; rosso è il baule, rossa la veste maledetta, rosso il telo con cui Medea copre la scena nel momento in cui compie la propria vendetta e rossi i teli dei bambini cadaveri.
Il rosso, da sempre colore dell’amore e della passione, ma anche del sangue. Il rosso della vendetta, il rosso dell’orgoglio ferito che richiede un sacrificio, compiuto come in una corrida sanguinaria.
Medea di Lavia è un dramma a due voci: tutti gli elementi della tragedia greca vengono convogliati nei due personaggi. Eppure, non sempre l’effetto è felice: il dramma antico che si fa moderno, che corre tutto attraverso i dialoghi serrati e crudeli, rischia di spogliare in maniera eccessiva la tragedia classica di alcuni elementi fondanti, rendendola “troppo umana”.
Scelta registica, indubbiamente, che può piacere o meno: Lavia, e i due attori in scena, ci restituiscono un dramma umano.
Allo stesso modo, forse, è stata una scelta registica quella di presentare un Giasone, interpretato da Simone Toni, ingenuo, debole e dai colori spenti in contrapposizione ai toni di voce troppo accesi.
C’è un netto squilibrio tra i due: Giasone ha già compiuto la propria scelta ed ora sembra lì solo per subire le maledizioni di Medea e restare vittima della sua vendetta.
Forse per questo lo spettacolo si chiama Medea e non Medea e Giasone.
MEDEA
di Euripide
adattamento e regia Gabriele Lavia
con Federica Di Martino, Simone Toni
produzione Effimera srl
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