Recensione di Carlo Tomeo
Da uno dei film di Woody Allen, in cui il regista si avvicina più che negli altri suoi film, a quella che è la tragi-commedia umana, Monica Guerritore ha tratto lo scorso anno una commedia dolce-amara che rappresenta le crisi coniugali che nei nostri anni diventano più palesi e si concludono il più delle volte con le separazioni. All’interno di tali crisi si possono leggere tutte le contraddizioni che vive l’essere umano e l’angoscia per il passare degli anni, tanto che si vuole allontanare la vecchiaia nel suo senso temporale: il passare del tempo è frustrante e allora si rincorre la gioventù di cui si ricordano solo i momenti vissuti con maggiore soddisfazione e, in qualche modo si vorrebbe recuperarli, attraverso la frequentazione di una persona molto più giovane, di cui ci si crede innamorati e che viene inconsciamente utilizzata per tornare indietro nel tempo. Questo capita in modo particolare all’uomo che ha superato i cinquanta/sessanta anni e che, se appartiene a una classe sociale benestante, può avere buon gioco nel conquistare una giovane che potrebbe essere, per età, sua figlia. Egli tende a togliersi di dosso la “polvere” degli anni, frequentando palestre, migliorando il suo aspetto fisico con un abbigliamento più giovanile e giocando l’unico ruolo che può veramente sostenere: quello dell’esperienza che tante volte può affascinare se ben utilizzata, nei discorsi fatti alle “giovani fanciulle”.
È questo il tema principale di “Mariti e mogli” che spesso sono in crisi proprio perché gli uomini non vogliono accettare la propria età anagrafica che li ha raggiunti solo fisicamente, mentre ha sfiorato a mala pena la loro intelligenza. L’età che avanza essi la vedono nell’aspetto delle loro mogli, mentre sono contornati da giovani donne che, vivendo una specie di complesso di Elettra, si sentono attratte dagli uomini maturi.
Due sono le coppie che agiscono prevalentemente nella commedia di Monica Guerritore: una che sta per separarsi momentaneamente per comprendere fino a che punto il loro rapporto possa continuare o interrompersi del tutto. L’altra coppia vive il suo “tran tran” quotidiano, credendo che il loro reciproco amore sia rimasto uguale negli anni. In realtà l’uomo, che fa lo scrittore di romanzi, è un insegnante di letteratura e ha un’allieva particolarmente devota e affascinata dai suoi scritti, tanto da voler diventare lei stessa brava quanto il suo maestro. Che l’uomo eserciti il suo fascino sull’allieva è normale perché anch’egli rifiuta di invecchiare e quanto meno è lusingato dall’essere così apprezzato da una giovane donna.
Monica Guerritore ambienta la storia in una sala da ballo dove le due coppie, e gli altri personaggi che interagiscono con le stesse, si trovano un pomeriggio inoltrato intrappolati a causa di un forte temporale che si abbatte sulla città e saranno costretti a passare la notte in quel luogo.
E qui la sala rivela tanti spazi diversi, dove è possibile che i personaggi si possano isolare per parlare di cose più intime che saranno scarsamente veritiere.
La Guerritore ha inventato un gioco di luci che favorisce dialoghi separati tra i personaggi, ma soprattutto uno alla volta, in tempi diversi, li fa avvicinare singolarmente al proscenio perché si rivolgano al pubblico e qui raccontino la loro verità. Il pubblico diventa l’ascoltatore di queste confessioni che possono essere oggettivamente sincere oppure proiezioni di un io inconsapevolmente nascosto.
Non mancano i momenti dolenti che, tematicamente, richiamano ad altri autori come, per esempio, i riferimenti al regista svedese Ingmar Bergman, di cui viene citato il film “Scene da un matrimonio”, mentre certe battute velenose da parte degli uomini fanno venire in mente Strindberg.
La vicenda snoda comunque un ritmo incalzante, a mano a mano che si scoprono i tradimenti, le bugie raccontate durante la vita matrimoniale e tutto questo è intervallato da musiche degli anni passati: si va da “All Of Me “ di Louis Armstrong del 2013 per arrivare, verso la fine, a un simbolico “At Last” cantata da Etta James nel 1960. Molto trascinante il balletto di tutti gli attori cui si assiste a metà commedia sulle note della canzone di Armstrong. C’è da aggiungere che le musiche sono state scelte con cura dalla bravissima ed esperta regista e che non sono semplici leitmotiv d’accompagnamento ma rappresentano esse stesse delle figure invisibili ma attive della commedia, alla pari degli attori.
Monica Guerritore interpreta il ruolo di Sally, con un piglio da dominatrice che riempie la scena e che nel film era sostenuto da Judy Davis. Molto esilarante è la parte in cui fa a gara con l’amante più giovane del marito nel mostrare i movimenti di chi gode mentre fa sesso.
L’altrettanto brava Francesca Reggiani recita la parte di Judy, personaggio sostenuto nel film da Mia Farrow alla quale, a differenza dell’attrice americana, vengono affidate le battute più comiche.
Diversi applausi a scena aperta e molte chiamate sul proscenio al termine della commedia da un pubblico che si è mostrato ammirato e soddisfatto e che ha riempito la sala del Manzoni nella prima milanese di questa fortunata commedia alla quale si augura ancora lunga vita.
Mariti e mogli
tratto dall’omonimo film di Woody Allen
adattato e diretto da Monica Guerritore
con Monica Guerritore e Francesca Reggiani
e con Enzo Curcurù, Lucilla Minnino,
Malvina Ruggiano, Angelo Zampieri,
scene Giovanni Licheri , Alida Cappellini
costumi Valter Azzini
luci Paolo Meglio
Produzione a.Artisti Associati
in collaborazione con Pierfrancesco Pisani/Parmaconcerti,
in collaborazione con il Comune di Pesaro /AMAT
Si ringrazia la Sig.ra Manola Sansalone dell’ufficio stampa
In scena al Teatro Manzoni di Milano fino al 18 marzo.
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