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Intervista a Manuel Paruccini, nuovo direttore artistico del Teatro Lo Spazio di Roma. Tra Coronavirus e voglia di ricominciare.

Il 4 giugno il Teatro Lo Spazio di Roma ha acceso la sua insegna come simbolo di speranza. Una nuova insegna perché poco prima dell’inizio dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, Manuel Paruccini ne aveva assunto la direzione artistica.

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Manuel Paruccini ha alle spalle una lunga carriera da primo ballerino del Teatro dell’Opera nella cui Compagnia entra a far parte a 18 anni, sotto la direzione di Elisabetta Terabust, ricoprendo subito ruoli solistici.

Continua la sua collaborazione con la compagnia del Balletto di Roma partecipando alle coreografie di Luciano Cannito. Numerosissimi i ruoli importanti sotto la guida di prestigiosi coreografi: Giuseppe Carbone, Amedeo Amodio, Carla Fracci, Luciano Cannito, Luc Bouy, Roland Petit, Bejart, MacMillian…

Non solo danzatore di prim’ordine, ma anche coreografo il cui nome è legato anche a manifestazioni legate al mondo dell’alta moda in importanti produzioni, oltre che alla collaborazione con il Teatro dell’Opera.

A questo e a molto di più, si affianca la carriera di insegnante di danza. Manuel è, infatti, responsabile del dipartimento di Performing Acts presso ArtVillage a Roma.

Da gennaio 2020 Manuel è direttore artistico del Teatro Lo Spazio. Una nuova avventura per lui.

E’ per questa occasione che ho l’opportunità di intervistare un immenso professionista e una grande persona.

Manuel, come sei arrivato alla direzione artistica del Teatro Lo Spazio?

 Avevo collaborato col teatro in occasione di una produzione con Micha Van Hoecke che ha ricostruito qui una versione di Pierino e il lupo e con l’occasione ho conosciuto l’ex direttore artistico del teatro e la Società che lo gestisce e abbiamo avviato un rapporto di collaborazione.

Successivamente dal nuovo assetto societario mi è stato proposto di assumerne la direzione artistica.

Io sarò il direttore artistico, ma il teatro è gestito da una società composta da tre soci di cui socio di maggioranza è un giovane ragazzo, Riccardo Casertano, che poi si occuperà di una stagione parallela dal nome Spazio Giovani. 

Manuel, le prime cose che si imparano a danza sono la disciplina e il sacrificio. Credo siano valori che ti siano tornati molto utili in questo momento così drammatico. Da dove ricominciare ora?

 Si ricomincia dalla disciplina, dal sacrificio e dalle cadute che si fanno spesso nella danza e che ti insegnano a rialzarti come nulla fosse. 

Voi eravate prontissimi a partire.

 Tutto è morto sul nascere perché c’è stata questa tragedia che conosciamo del Coronavirus. Dopo un momento di scoramento totale, piano piano, stiamo cercando di capire come si può ripartire, anche se, con le condizioni attuali, mi sembra molto complicato. 

Il Teatro Lo Spazio è il primo teatro a riaprire: dal 15 al 17 giugno saranno in scena Emiliano Reggente e Attilio Fontana con lo spettacolo Fase Show e a luglio sarà la volta di un Festival di corti. Raccontaci di questa ripartenza.

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 Il Teatro Lo Spazio è uno dei primi teatri a riaprire. Noi riapriremo con una forma particolare.

Lo spettacolo che hai citato, Fase Show, sarà una sorta di maratona teatrale che avrà luogo per tre giorni consecutivi con tre spettacoli al giorno (ore 18.00; ore 20.00 e ore 21.00).

Un happening teatrale un po’ a significare che riapre la bottega. I piccoli teatri off sono tutti un po’ delle botteghe artigianali. Cerchiamo di riabituare il pubblico al teatro, aspettando che torni con serenità, fiducia e passione ad occupare la platea.

Il teatro rimane aperto ad un prezzo simbolico con una produzione di altissimo livello nella speranza che il pubblico torni a riappropriarsi del teatro.

A luglio il teatro riparte con una nuova edizione di un concorso di corti teatrali che si chiama Idee nello Spazio, in cui chi vincerà avrà la possibilità di vedere il proprio lavoro all’interno della stagione prossima.

Il concorso si basa sulla presentazione di un estratto di 15 minuti di un lavoro inedito o l’embrione di un lavoro che dovrà essere sviluppato. Ci sarà una formula che prevede il voto di una commissione tecnica, del pubblico e altri particolari che stiamo definendo in questo giorni. 

Come mantenere il distanziamento sociale a teatro? E’ possibile un teatro col distanziamento sociale?

 Per quanto riguarda gli attori è quasi impossibile perché viene a mancare il principio base della condivisione. Il teatro è fatto di contatto, abbracci, interazione fisica.

Sono state fornite tutta una serie di prescrizioni che adotteremo, quali il distanziamento di un metro tra un artista e l’altro; l’uso dei guanti se si devono maneggiare oggetti di scena da parte di più artisti.

Certo questo in questo primo momento si può anche fare, trovando magari una formula divertente per esorcizzare il tutto, ma ipotizzare una stagione intera con questi vincoli è pressoché impossibile, andremo incontro ad una stagione di soli monologhi che sarebbe un fallimento totale per il teatro.

Per quanto riguarda il pubblico ci sono delle regole che prevedono il distanziamento di un metro quadrato tra gli spettatori, tranne che per congiunti o familiari, ma capisci bene che si presenta il problema di dover chiedere a tutti se si tratta di familiari e congiunti o meno.

L’uso delle mascherine è previsto negli spazi comuni, ma una volta seduti possono essere tolte. Si predilige a spingere il pubblico all’uso della biglietteria elettronica, ma non tutti sono ben disposti a farlo.

Poi tutte le indicazioni su igienizzazione e sanificazione, ingressi separati in entrata e in uscita…

Se dobbiamo adottare tutte queste misure per un periodo molto breve si può anche fare, ma pensare che si possa fare una stagione teatrale completa in queste condizioni è pressoché assurdo, perché pensare di poter occupare un quarto dei posti disponibili in una sala porterebbe al fallimento.

I teatri privati, soprattutto quelli che non hanno il FUS, vivono di sbigliettamento e di affitto legati alla capienza. Adesso questo è un tentativo anche per smuovere un po’ le acque, ma pensare di andare avanti così è impossibile.  

Tu con coraggio e determinazione stai cercando di far fronte attivamente alla grave situazione di stallo in cui versa il teatro in Italia oggi. Cosa ti aspetti dovrebbe fare il Governo?

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 Innanzitutto Il Governo dovrebbe fare chiarezza su una serie di cose, perché se per un settore valgono determinate regole allora dovrebbero essere valide anche per gli altri: il calcio ha delle regole, i viaggi un altro tipo di regole, il teatro altre ancora.

Quello che dovrebbe fare principalmente è sostenere i teatri fino a che non possano tornare ad una quotidianità normale.

Fino a che i teatri non possono tornare a fare ciò che facevano prima, e già facevano fatica, non possono sostenersi da soli e quindi lo Stato dovrebbe in qualche modo sostenerli.

Si tratta di una riapertura parziale, con tutti i limiti suddetti, e a metà giugno, quando i teatri hanno già concluso la stagione, e si sono persi tutti gli affitti per i saggi delle scuole di danza, di musica o di recitazione.

Alla fine, in queste condizioni, la ripartenza concessa dallo Stato è una falsa ripartenza, è un bluff. 

Hai già un’idea dell’orientamento che avrà la tua direzione artistica?

 Io vorrei far riacquistare al teatro off una propria identità teatrale e professionale in linea con quello che può essere uno spazio alternativo off.

Vorrei che tornasse ad essere uno spazio dove si fa principalmente teatro, dove si sperimenta anche, dove si può fare anche buon teatro musicale, anche perché la location si presta benissimo avendo due palcoscenici collegati.

L’orientamento è anche quello di far tornare molti degli addetti ai lavori ad appassionassi a questo spazio che ha molte possibilità, ma devono essere valorizzate e pubblicizzate. 

Foto Diego D’Attilio

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