Teatro Abarico

4 febbraio 2016

Lovecraft’s Tales nasce dall’idea di portare in scena non solo uno spettacolo rappresentato, ma prima di tutto una lettura interpretata.

Grazie al cinema, alla televisione e anche al teatro siamo ormai abituati a vedere azioni agite da altri: la nostra immaginazione viene ormai sollecitata da immagini che scorrono su uno schermo piuttosto che da parole ascoltate. Viene da sé che la stimolazione dell’immaginazione è, in questo modo, parziale perché cinema e televisione ci forniscono scene e immagini già pensate da qualcun altro.

La lettura, invece, stimola la fantasia a creare immagini solo nostre, così come vengono evocate dalle parole ascoltate.  Presi dai mille impegni quotidiani, non siamo più abituati a leggere, ma, soprattutto ad ascoltare.

Ascoltare altri leggere, raccontare una storia, ci riporta indietro nel tempo, a quando da bambini gli adulti ci leggevano o raccontavano storie e favole.

In questo contesto, i testi di Lovecraft sono molto adatti per la loro grande componente evocativa. Lovecraft è ricordato come uno dei più grandi autori di letteratura horror del ‘900 e precursore della fantascienza angloamericana.

Autore di moltissimi racconti horror e fantasy, Lovecraft utilizza un linguaggio molto particolare che rappresenta la sua peculiarità maggiore: a differenza di Edgar Allan Poe, suo pari nel settore, Lovecraft utilizza immagini meno cruente preferendo un linguaggio più descrittivo. Egli racconta le sue stesse visioni  di mondi fantastici con una grandissima proprietà linguistica, utilizzando espressioni già cadute in disuso ai suoi tempi , ma ritenute classiche e abbondando di descrizioni diventando anche ripetitivo e assillante, proprio a sottolineare l’ossessività di certi suoi pensieri.

Il linguaggio di Lovecraft evoca scenari lugubri e tetri, personaggi misteriosi e terribile, facendo sempre intravedere piuttosto che mostrare, definendo più luoghi e caratteristiche che personaggi veri e propri.

L’intento di Mary Ferrara, regista che ha curato anche l’adattamento dei testi, è proprio quello di creare uno spettacolo evocativo, che non mostri lo svolgersi di una storia, ma, piuttosto, stimoli lo spettatore a immaginare le scene ascoltando la lettura delle pagine di Lovecraft accompagnata dalla musica spettrale e dall’uso delle luci.

La storia vede  Alexander imbattersi nella tomba di Alice, scoprirne il suo diario e rimanerne ossessivamente preso dalla lettura. Passo passo, le parole scritte nel diario di Alice, che, a loro volta, sono i racconti di Lovecraft, si impossesseranno della mente di Alexander portando in lui enormi cambiamenti nel corpo e nei pensieri.

Una prova difficile per questi due bravi attori in scena: Alessio Chiodini e Michela Malavasi si muovono sofferenti, estatici, in preda a incubi e deliri in una scenografia scarna, tra luci e ombre che aumentano la sensazione di attesa e mistero.

Ho apprezzato moltissimo l’idea di fondo di leggere e raccontare con l’intento di stimolare l’immaginazione dello spettatore.

Ho apprezzato anche la struttura drammaturgica in cui si accavallano momenti diversi di lettura e in cui i ricordi si sommano alle parole lette che, a loro volta, fanno riferimento a ricordi. La selezione di racconti di Lovecraft viene proposta in una serie di declinazioni dalla narrazione in prima persona al racconto di un ricordo, al ricordo di un ricordo raccontato.

In uno scenario così essenziale come quello della rappresentazione, l’interpretazione è fondamentale: l’attenzione è completamente puntata sui due protagonisti, sulle parole che dicono, le espressioni che assumono e i pochi e trattenuti gesti che abitano. Sono bravi Alessio e Michela nella loro interpretazione, riescono a lasciare sospesa nell’aria quella sensazione di attesa.

Lovecraft’s Tales non trova giustizia nell’allestimento scenico in cui viene presentato al Teatro Abarico. Si tratta di una bella idea che andrebbe sviluppata in grande, arricchendola di una scenografia fatta di videoproiezioni che ricreino il paesaggio dove la storia si svolge e le visioni che di volta in volta i due protagonisti evocano con i propri racconti e ricordi.

Non è una critica, ma un auspicio.

 

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