Teatro Vittoria
21 luglio 2017
Venerdì 21 luglio 2017 è andata in scena, al Teatro Vittoria, la commedia del 1759 di Carlo Goldoni dal titolo L’impresario delle Smirne, un testo che parla di Teatro e del ruolo dell’attore.
Scelta più che mai azzeccata visto che a rappresentarla sono stati otto giovani attori professionisti a compimento di un percorso di studio di otto mesi che li ha visti concentrati sull’approfondimento del lavoro sull’attore con la Compagnia Attori e Tecnici.
La storia racconta di Alì (Matteo Montaperto), ricco mercante turco, che desidera formare una compagnia di attori, cantanti e ballerini italiani per portare il Varietà nel suo paese.
Suo tramite sarà il Conte Lasca (Nicolas Zappa), personaggio ambiguo e seducente, che prenderà contatto con alcuni disperati artisti in cerca di occupazione e ordirà trame acuendone la competizione.
Responsabile di concludere i contratti è il sig. Nibio (Andrea Carpiceci), uomo avido che pensa solo al proprio tornaconto.
Prede del mediatore e dell’impresario saranno Carluccio (Stefano Dilauro), eccentrico attore di varietà che vanta ricchezze e talento che non possiede; Lucrezia (Chiara David), procace e sensuale cantante napoletana; Tognina (Chiara Bonome), cantante lirica dalle arie di gran diva; Pasqualino (Mattia Marcucci), siciliano, suo sottomesso compagno e aspirante attore; Annina (Virginia Della Casa), attricetta bolognese.
Le attenzioni e le lusinghe del Conte Lasca accentueranno la competizione tra gli scritturandi che, già di per sé presuntuosi, pettegoli ed esasperati dalla necessità, vivono l’illusione di una ventilata ricchezza.
L’impresario delle Smirne è una divertente commedia che presenta un aspetto del mondo del Teatro e dei suoi protagonisti.
Presi dalle loro rivalità e impegnati a screditarsi l’un l’altro, i protagonisti della storia non si accorgono di essere strumentalizzati dall’avidità di personaggi che hanno più potere e influenza di loro.
La commedia di Goldoni, nonostante i toni leggeri, è lo spaccato di una società arrivista e pettegola, fatta di legami di comodo in cui ognuno è pronto a cambiar partito e bandiera all’occorrenza. Nello specifico, poi, è anche una riflessione sul ruolo del Teatro e dell’attore e, più in generale, dell’Arte e dell’Artista, all’interno della stessa società.
Un testo corale, in cui ogni personaggio costituisce il dente di un ingranaggio che si autoalimenta danneggiandosi lentamente.
Gli otto giovani attori hanno affrontato questo lavoro con serietà e piglio, riuscendo a calarsi nei personaggi, restituendo non solo caratteri tipici e divertenti, ma anche il senso generale dell’opera.
Con grinta e simpatia, attraverso tratti esasperati, interpretano attori che diventano la parodia di se stessi, creando, in alcuni casi, delle vere e proprie “maschere” ognuna ben definita per carattere, aspetto e dialetto (veneto, pugliese, siciliano).
Il testo, molto ben adattato dal regista Stefano Messina e arricchito di citazioni e riferimenti efficaci, consente agli otto protagonisti di cimentarsi con una prova impegnativa di cui possono ritenersi pienamente soddisfatti.
I ragazzi ben sanno giocare con atteggiamenti, espressioni e mosse, regalando accenti a volte decisamente azzeccati.
D’altro canto c’è da dire che il livello attoriale non è omogeneo e alcune interpretazioni spiccano su altre. Così, alle ottime interpretazioni di Stefano Dilauro (brillante nel ruolo di Carluccio), Matteo Montaperto (ugualmente bravo nel doppio ruolo di Alì e del locandiere messer Beltrame), Andrea Carpiceci (che fa del suo Nibio una vera e propria macchietta) e Mattia Marcucci (Pasqualino), fanno riscontro alcune debolezze tecniche di altri, quali il saper portare la voce e l’essere calanti nel cantato.
Tra le donne, Chiara David (Lucrezia) è quella che è riuscita a restituire meglio un personaggio a tutto tondo.
Di queste difficoltà le dinamiche tra i personaggi ne risentono comunque poco grazie all’affiatamento dei ragazzi e alla capacità di affermare la propria presenza come gruppo oltre che individualmente.
La scenografia è funzionale alla scena: essenziale, ma rappresentativa nelle ambientazioni della locanda e dell’appartamento, è più ricca e colorata per la residenza del mercante turco.
La regia di Stefano Messina è dinamica e preserva un ritmo costantemente frizzante.
L’impresario delle Smirne è uno spettacolo divertente, ben fatto e ben rappresentato, degno di entrare in cartellone.
L’impresario delle Smirne
adattamento del testo di Stefano Messina
regia di Stefano Messina
con Chiara Bonome, Andrea Carpiceci, Chiara David, Virginia Della Casa, Stefano Dilauro, Mattia Marcucci, Matteo Montaperto, Nicolas Zappa
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