Recensione di Carlo Tomeo

foto carlo

Dopo una fortunata tournée iniziata lo scorso anno, è arrivata al Teatro Manzoni di Milano la celebre commedia “L’anatra all’arancia” (“Le Canard a l’orage”) che nel 1984 il francese Marc Gilbert Sauvajon aveva tratta dal romanzo inglese “The Secretary Bird” di William Douglas Home, scritto nel 1967, e adattandola a tempi più recenti, utilizzando lo spirito umoristico ma mai volgare della commedia francese (che non dimentica mai, per certi versi, Feydeau).

Luca Barbareschi l’ha tradotta in italiano aggiornando la commedia ai nostri anni, che sono naturalmente cambiati rispetto a quelli di trent’anni fa, e ne ha curato anche la regia, oltre che interpretare la parte del protagonista (Gilbert) assieme a Chiara Noschese (Lisa).  I due sono sposati da oltre vent’anni, hanno due figli maggiorenni e nullafacenti, e vivono una vita borghese e apparentemente felice. Lui, uomo famoso, che lavora in televisione, è brillante, molto ammirato e fedifrago, specialmente perché, sia la sua presenza prestante che la sua notorietà di uomo di spettacolo, gli facilitano la possibilità di ottenere avventure occasionali. Lisa è una donna schiava di psicofarmaci e di alcool ma cerca di mantenere un bon ton che la professione del marito richiede. Questo fino a quando scopre (o pensa di scoprire) l’amore per un uomo dal carattere molto diverso dal marito e ne diventa l’amante, decisa a divorziare e andare a vivere con lui. Si tratta di un ricco nobile russo, Volodia (interpretato da Gerardo Maffei), che la considera una donna bella e sensibile e vuole che diventi la sua quarta moglie (l’uomo ha alle spalle ben tre divorzi).

La commedia inizia che Gilbert, con un trucco, fa sì che la moglie riveli il tradimento. Da questo momento iniziano il litigio, i rimproveri che si lanciano l’uno all’altra e tutto quello che succede a una coppia quando si scopre il tradimento di una delle due componenti.

Luca Barbareschi, non si è limitato ad aggiornare l’epoca in cui si svolge la vicenda, ma l’ha arricchita di dialoghi e situazioni che fanno scoprire un nuovo modo di vedere i lati psicologici dei personaggi di oggi che attraversano situazioni analoghe. Per far questo, idea un incontro con l’amante della moglie e chiede l’intervento della sua segretaria, una donna che appare poco intelligente ma sicuramente molto giovane e bella e per di più aspirante a migliorare la sua attività professionale: Chanel Pizzigoni, e già il nome la connota, interpretata da una bravissima Margherita Laterza.

La traduzione di Barbareschi non è naturalmente alla lettera, le battute sono divertentissime e intelligenti e fanno intravvedere cosa si possa nascondere dietro una determinata frase, senza per questo tradire lo spirito della versione originale, ma dandole un ritmo veloce, a volte concitato anche se non sempre le parole sono completamente udibili, perché coperte dagli applausi a scena aperta e dalle numerose risate del pubblico.

Ogni personaggio non è come appare ma al momento opportuno una frase, un gesto svelano, senza volerlo, la sua vera identità psichica di cui lui stesso non è del tutto a conoscenza.

Ciascuno di loro, quindi, nasconde dentro di sé un’anima diversa, a volte più di una. La segretaria Pizzigoni, per esempio che deve recitare la parte della giovane sciocchina ma disponibile a qualsiasi cosa pur di fare carriera, in realtà tanto sciocchina non è, e a lei è affidata una battuta-chiave sull’uomo di cui esistono due tipologie: quello che può fare il marito e quello che può fare solo l’amante, anche se occasionalmente potrebbe incappare in un matrimonio che si rivela di breve durata e conduce subito al divorzio.

Secondo la Pizzigoni, infatti Gilbert è nato marito, Volodia è nato amante. Il primo potrebbe avere molteplici avventure occasionali ma sempre con donne diverse perché il suo amore è per la moglie e quelle donne che incontra la rappresentano. Volodia, invece, non è interessato all’amore ma al sesso tout court e quindi ha bisogno di un’amante fissa, che a un certo punto, verrà sostituita da un’altra. Per soddisfare i suoi bisogni capisce di avere la necessità di crearsi anche lui (consapevolmente o no) un personaggio che possa affascinare la donna che diventerà sua “preda”. Per questo ha tre matrimoni alle spalle di scarsa durata e il quarto, che vorrebbe celebrare con Lisa, durerebbe ugualmente per poco tempo. Lisa, che attraversa un momento delicato e sembra disprezzare il marito, in realtà dentro di sé ne è gelosa, ma non lo ammetterebbe mai: perché non lo sa lei stessa o perché non vuole farlo apparire all’esterno?

L’eccezionale bravura di Luca Barbareschi supera di poco l’altrettanta eccezionalità interpretativa di Chiara Noschese, entrambi sostenitori di due parti che possiedono diverse sfaccettature, ora rivelate apertamente, ora nascoste con sotterfugi accessibili solo agli spettatori. Del resto gli altri attori, come il cameriere Gennarino (l’attore Ernesto Mahieux) e gli altri due nominati contribuiscono a riempire, con le loro caratterizzazioni esilaranti, una scena con mobili essenziali ma di buongusto.

Pubblico della prima serata letteralmente entusiasta. Ovazioni (meritate) per Barbareschi e la Noschese per questa commedia che non è d’evasione, come si potrebbe pensare, essendo comica, ma contiene non pochi spunti che potrebbero essere fonti di approfondimento sulla conoscenza dell’animo umano.

E chi la volesse rivedere, infatti, coglierebbe nei dialoghi ironici e serrati, altre sfumature sulle tipologie umane, oltre a quelle che aveva colto la prima sera.

E l’anatra all’arancia cosa rappresenta? Quello che non è stato mai cucinato prima e che ora, scoperti certi inganni, si vuole provare a fare adesso? È Lisa che l’ha ordinata per il pranzo in cui si incontreranno i quattro personaggi in gioco e lei vuole apparire raffinata con Volodia. Ma Gennarino stenta ad accontentarla perché l’anitra, che non vuole morire, gli sfugge in continuazione. Come dire che forse apparire quello che non si è fa parte della natura umana che vuole tenere chiuso il lucchetto del cassetto dove abbiamo riposto il nostro vero “io”, almeno per come lo conosciamo. E per questo motivo la parola chiave della regia di Barbareschi è la dicotomia tra l’essere e l’apparire.

 

L’anatra all’arancia

da “The Secretary Bird” di William Douglas Home

nell’adattamento francese di Marc Gilbert Sauvajon

traduzione Luca Barbareschi

con Luca Barbareschi e Chiara Noschese

e con Gerardo Maffei e Margherita Laterza

e con la partecipazione di Ernesto Mahieux

scene Tommaso Ferraresi

costumi Silvia Bisconti

luci Iuraj Saleri

drammaturgia Nicoletta Robello Bracciforti

regia Luca Barbareschi

 

si ringrazia la Sig.ra Manola Sansalone dell’ufficio stampa

in scena al Teatro Manzoni di Milano fino al 29 ottobre.

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