clochard

In scena al Teatro Furio Camillo di Roma, il 28, 29 febbraio e il 1 marzo 2020, lo spettacolo Clochard – Un’anima nella terra di nessuno scritto e diretto da Alessandro Gravano che ne è anche uno dei protagonisti.

Clochard è la storia Massimo, un ragazzo che, in seguito ad un episodio spiacevole della propria vita, si ritrova a vivere nelle strade fredde di Roma. Massimo incontrerà Gabriele, un ragazzo altruista e sensibile che lo inviterà a passare una notte a casa sua.

Qui Massimo troverà il calore umano e quei valori che la vita gli aveva tolto da tempo.

Parliamo dello spettacolo con Alessandro Gravano.

L’idea di scrivere una storia come Clochard nasce da un’esperienza diretta?

Volevo raccontare una realtà viva nei giorni d’oggi e, lavorando nel sociale, ho affrontato varie realtà a diretto contatto con le problematiche delle persone più bisognose. Nell’  ultimo periodo mi sono avvicinato alla vita notturna dei clochard con il servizio SNI alla Caritas, che si occupa di assistere e dare conforto alle persone che dormono in strada. 

Clochard è un testo che parla di accettazione e condivisione, di aiuto concreto nei confronti del prossimo. Qual è il messaggio che vuoi trasmettere?

Il messaggio di non trattare le categorie più deboli con indifferenza e di porgere sempre una mano al prossimo. Esistono realtà molto belle e ci sono operatori volontari e associazioni presenti nel territorio efficaci che si occupano di situazioni estreme come quella dei senza tetto. 

Di Massimo sappiamo che vive per la strada dopo un “evento spiacevole”, di Gabriele non sappiamo nulla, salvo che è una persona altruista. Da quale necessità nasce il loro incontro? Perché Gabriele dovrebbe interessarsi alla vita di Massimo

Nel personaggio di Gabriele c’è un po’ del mio essere. Come detto precedentemente mi occupo del sociale a 360 gradi e mi rimane facile occuparmi a dare sostegno a persone più deboli. Mi piaceva l’idea di far vivere una foto istantanea della nostra società in maniera leggera, ma anche con riflessione e momenti di emozione al pubblico presente in strada.

Spesso le persone fanno del bene per scaricarsi la coscienza, per sentirsi migliori degli altri. La storia ci riserverà un risvolto inaspettato nella vita dei due protagonisti

Si ci saranno dei risvolti in tutte e due i personaggi, ma non voglio svelare di più. 

Tra i personaggi ci sono la mamma, il nonno e la nonna. E’ uno spettacolo a dimensione familiare

Sì molto, perché, oltre al tema del clochard, si andranno a toccare altri temi importanti, come quello di una famiglia unita e con dei valori ben radicati. 

Mentre le file dei senza fissa dimora aumentano, includendo oggi categorie un tempo inaspettate (disoccupati, esodati, padri o madri separati/e), aumenta anche la diffidenza e la paura della gente nei loro confronti, alimentata anche da politiche di esclusione. Siamo diventati più insensibili? O, forse, essendo tutti più poveri, siamo diventati più egoisti?

Credo che non sia facile ai giorni d’oggi chiedere con serenità di occuparsi dei più deboli, perché sono diminuiti i posti di lavoro e di conseguenza aumentano i disoccupati e le richieste di aiuto nelle associazioni presenti nel territorio e le famiglie tendono sempre di più a separarsi. Bisognerebbe solo ascoltare di più chi chiede un sostegno e ricominciare dalle piccole cose che ci rendono felici e non chiudersi nel proprio mondo.

Forse si dovrebbe tornare alle piccole cose, ai gesti semplici. Ci sono piccoli gesti quotidiani che ognuno può compiere per rendere il mondo intorno a sé più inclusivo?

Credo nella semplicità e nei gesti semplici, perché vivo di quelli: mi rendono sereno e mi arricchiscono l’anima e credo che ognuno di noi potrebbe dare e fare di più.

Esistono in questo senso in Italia politiche di sostegno e di sensibilizzazione?

Ci sono molte associazioni che si occupano di questo problema e non solo. Io frequento oltre che il Ceis, un’associazione che si occupa di ragazzi tossicodipendenti, da pochi giorni anche la Caritas con il servizio mensa e SNI come volontario: due posti che porto nel cuore e a cui credo ciecamente.

Il cast risulta composto in maniera variegata. Come si è creata questa formazione?

In varie conoscenze teatrali, spettacoli in comune, dove una parte di noi sta investendo in amicizia, e hanno da subito accettato questo progetto, mostrando da molto entusiasmo.

Tra i crediti tecnici sono menzionati arrangiamenti, direzione musicale e coreografie. Si tratta di uno spettacolo musicale, un recital, o un musical?

È una commedia ampia con coreografie di impatto e musiche che arrivano al cuore e ci sono tre canzoni classiche cantate da tre dei personaggi principali, con testi molto diretti, ma con un ramo poetico e con un messaggio d’amore e di speranza. Le coreografie sono di impatto, le canzoni classiche e romantiche e anche con un accenno rock. Ho preso spunto dalla vita, dalla mia immaginazione e visione della realtà e volevo che si desse da subito un messaggio diretto, intrattenendo  il pubblico, con coreografie piene di magia dando un tocco di poesia. 

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