
Intervista a Luca Marconi per Freely me, il suo primo album da solista.
http://www.lucamarconi.com/
Luca Marconi, tenore abruzzese, particolarmente conosciuto al grande pubblico per essere stato tra i protagonisti del decennale di Notre Dame de Paris, due anni di tournée interpretando il poeta Gringoire dal 2011 al 2012, un anno di tour all’estero con la versione inglese, dove ha avuto l’opportunità di interpretare anche Febo, esibendosi al Cremlino di Mosca, Singapore, Lussemburgo e Turchia. Successivamente ha preso parte agli ultimi due anni di tournée (2016/2017), affiancando il cast storico italiano.
Dall’esordio diciassette anni fa con la sua prima band, Picaroon’s Spark, passando per Notre Dame, sono stati tantissimi gli altri spettacoli musicali interpretati da Luca: Remo in Roma Opera Musical, Laerte in Amleto Dramma Musicale, Olimpio Calvetti in Beatrice Cenci Opera Drammatica, Rodolfo in Mimì è una civetta, San Michele in San Michele l’Angelo dell’Apocalisse, ed infine nel 2018, Cassio in Otello, L’ultimo bacio.
Ora Luca intraprende una nuova strada finalmente pronto a parlarci di sé attraverso le sue canzoni.
Il 22 dicembre 2018, infatti, è uscito il suo primo album da solista, Freely Me, disponibile in tutto il mondo su tutte le piattaforme digitali e su copia fisica in tiratura limitata.
Facciamoci raccontare da lui qualcosa di più.
Luca, sei una persona introversa che non ama esporsi, eppure hai dichiarato che Freely Me è un viaggio introspettivo per ripercorre fasi della tua vita. Cosa troverà di te nei tuoi brani chi li ascolterà?
Ciao Flaminio, innanzitutto grazie a te per il tempo e lo spazio che mi hai dedicato, per parlarti e parlarvi della mia “creatura”. “Freely Me” racconta, già con il suo titolo, tutto! Tradotto “Liberamente Me” è proprio quello che questo mio debut album rappresenta. Una dichiarazione di quello che sono a livello musicale, compositivo ed artistico, senza limiti di sorta o imposizioni, dettate da ragioni di mercato o di stile. È la libera espressione di quello che per me, vuol dire “sentire e vivere” la musica. Ogni brano rappresenta e racconta fasi della mia vita. Un trascorso di più di dieci anni, sia artistico professionale che personale. Tutto è stato trascritto in parole che hanno dato vita a melodie che viaggiano sulla musica della mia anima. Tutto è nato dalla necessità di comunicare quello che porto e vivo dentro. Come hai detto tu, sono una persona riservata e a volte mi rimane molto più facile esprimere quello che sento con la mia musica, aprendomi senza giudizio alcuno, piuttosto che raccontarmi a parole, in un discorso o in una conversazione. Nella musica c’è già tutto. Le parole sono quelle giuste, quelle che sono state dettate delle emozioni. Le intonazioni sono quelle che detta la tua voce, seguendo la melodia delle vibrazioni che vivi dentro. Insomma quando canto sono un gran chiacchierone (ride).
Come hai elaborato anni di esperienze per poterle comunicare con le tue canzoni?
Credo che non ci sia un modo univoco o standard per comunicare le proprie esperienze. L’unica cosa che faccio è quella di essere onesto con le mie emozioni e rispettare ciò che ne deriva. Avere cura delle parole con cui le esprimo e seguire il flusso emotivo che porta la mia voce a muoversi su determinate melodie e soprattutto vivere il momento di cui voglio parlare. Solitamente mi capita di mettermi al pianoforte ed iniziare a suonare e cantare e le parole iniziano ad arrivare. Può essere una frase o un semplice suono ed improvvisamente arrivano immagini, ricordi, sensazioni e le parole e la musica iniziano a descrivere il mio mondo. Ho deciso di raccogliere in questo mio primo album, quelle che sono state le esperienze che più mi hanno “segnato”. Sono percorsi personali, un vissuto che sono certo tanti di noi hanno attraversato e provato sulla propria pelle, quindi sono certo che in molti potranno riconoscersi nelle mie canzoni.
Freely Me raccoglie dieci brani dal sapore rock con tante contaminazioni: pop, hard rock, RnB, progressive rock. Dopo tutti questi anni di musica e le tue diverse esperienze, raccontaci il tuo mondo musicale, quello al quale ti senti più vicino e col quale riesci meglio a comunicare i tuoi pensieri.
Non ho un genere preferito di musica. Sicuramente il rock, con la vastità del mondo musicale che abbraccia e raccoglie in sé, è senz’altro il genere che più mi rappresenta. Ascolto davvero tantissimi generi musicali e tanto differenti tra loro, ma quando scrivo non penso di comporre in un modo piuttosto che in un altro. Semplicemente lo faccio. Solo quando il brano è terminato, riascoltandolo, mi rendo conto di quello che è il prodotto finale. Lascio a chi ascolta la facoltà di “classificare” la mia musica. Io spero solo che possa essere inserita nella categoria della musica che piace e che emoziona. Non importa il genere, importa solo che il messaggio arrivi dritto alle orecchie e al cuore.
I brani sono molto diversi tra loro non solo per musicalità, ma anche per le storie che raccontano. In Like a river, che è stato anche il primo singolo dell’album, accompagnato da un bellissimo video diretto da Valentina Ferrari, parli di te e di un nuovo inizio.
A che punto della tua vita sei? A quale punto di svolta professionale e personale?
Beh, come direbbe il “sommo poeta” sono quasi “Nel mezzo del cammin di nostra vita…” (ride), ma solo per una “classificazione” anagrafica del tempo. Battute a parte, sinceramente non saprei cosa rispondere. Come canto in “Like a river”, “vivo come un fiume, ogni giorno è un nuovo inizio”. Sono in un periodo della mia vita, nel quale mi lascio attraversare da quello che mi accade attorno e che incontro sulla mia strada. Cerco di trarre il bello da ogni cosa e di rifiutare il brutto. Ce n’è sempre troppo nella nostra vita e non serve caricarsene di ulteriore. Sicuramente sono ad un punto della mia vita in cui ho voluto dichiarare al “mondo” quello che sono. Una sorta di dichiarazione di esistenza artistica. Anche se fosse solo un sassolino gettato nel mare, creerò comunque le mie increspature, per piccole che siano, ma comunque causeranno delle reazioni. E finora sono state stupende. In tantissimi mi stanno supportando in questo mio nuovo cammino musicale “solitario” e sono sempre di più gli attestati di stima e di gradimento da parte del pubblico e dei “fan” che hanno acquistato il mio album. Tantissimi mi parlano di come le emozioni di cui parlo li abbiano attraversati e toccati. Di come la mia voce e la mia musica li accompagnino durante le loro giornate e di come tanti dei miei brani siano entrati nella classifica delle loro canzoni preferite. Insomma direi di essere ad un punto della mia vita in cui tutto questo mi rende estremamente orgoglioso, fiero e felice di essere riuscito a parlare al cuore delle persone, che spero saranno sempre di più. E per questo ringrazio ancora te Flaminio, che col tuo lavoro, dai modo a noi artisti di amplificare la nostra voce per poter arrivare sempre più lontano.
Altra bellissima canzone, completamente diversa, è Don’t hide me the moon, una canzone molto romantica e suggestiva. Potemmo dire che rappresenta il tuo stato emotivo attuale
“Don’t hide me the moon” è un brano molto, molto intimo e personale. È sempre legato al mio lato introspettivo. È un momento di confidenza, in cui decido di aprirmi ad una persona e mostrarle il mio lato più fragile, nascosto, quello legato alla mia solitudine, non intesa come l’essere solo, ma solitario. È il momento di massima fiducia con sé stessi e la persona che lasci avvicinare, perché è come se le stessi mostrando dove nascondi il tuo tesoro, proprio “come il mare nasconde le conchiglie con la sabbia”. Per me ha un significato molto profondo, perché, come dicevo prima, rappresenta il momento di massima intimità, che non è quella fisica, ma emotiva e psicologica. Insomma forse il momento di amore puro. Quel momento in cui ti mostri all’altra persona per quello che sei, senza giudizi, né paure, ma pretendendo enorme rispetto per i “doni” che sei pronto ad offrire: la tua verità, la tua onestà…la tua anima.
Con questi e gli altri brani, cosa vorresti che chi ti ascolta capisse di te?
Difficile pretendere di essere capito e compreso in tutto e per tutto. La musica è essa stessa espressione libera e senza barriere. Quello che vorrei è semplicemente che chi mi ascolta più che capire me, riuscisse, tramite le mie parole ed emozioni, a comprendere delle esperienze che ho vissuto e che sono certo, accomunano tanti di noi. Vorrei che si riconoscesse in quelle stesse parole e sensazioni e che ascoltando la mia musica, possa riflettere su quello che succede o è successo e trovare una chiave di lettura che possa permettergli di andare oltre qualsivoglia problema o limite mentale che ci prefissiamo. Siamo tutti umani. Siamo fragili, facciamo errori, non siamo infallibili né perfetti. Accettare questo, è già un enorme passo nell’accettare sé stessi e volersi bene davvero. Insomma una cosa facile facile (ride).
Tra i brani di Freely Me c’è un filo conduttore?
Non è un concept, nel senso del termine stesso. Senz’altro il filo conduttore è la vita ed il suo scorrere nel tempo, attraversando le varie fasi ed esperienze che quotidianamente e normalmente tutti noi viviamo ed affrontiamo. Niente di meno che l’autobiografia di una persona come tante, ma forse è proprio quello il bello.
Come nascono le tue canzoni? Dove le scrivi
Le mie canzoni nascono nelle maniere più disparate. Mi sveglio la notte con una melodia in testa che annoto su un memo vocale, mentre magari cammino per strada, mentre vado in scooter. Insomma quando arrivano lo decidono loro. L’unico comune denominatore che hanno è un quaderno scarabocchiato sul quale scrivo tutti i miei flussi emozionali ed un pianoforte col quale dare suono a quelle stesse parole che tanto amo e che tanto scelgo con cura, per meglio poter descrivere le immagini che si creano nella mia testa e con le quali voglio descrivere un preciso momento, nella maniera più chiara e dettagliata possibile. Insomma, nascono con un gran chiasso sia interno che esterno. Fortuna che i vicini non si sono mai lamentati (ride).
Freely Me è un album completamente in inglese. Si tratta solo di una scelta musicale oppure è un modo per nascondere in qualche modo il tuo mondo emotivo agli altri celandolo in un linguaggio più conciso e diretto, ma che ti espone di meno?
La scelta dell’inglese non è mai stata un modo per nascondermi o espormi di meno. In realtà ho trovato da subito un’affinità con la lingua, sin da giovane, quando ho iniziato a scrivere le mie prime canzoni. Ho sempre avuto un link diretto con quei ritmi e con quella sillabazione, sì più concisa, ma solo nella metrica. Ho provato a scrivere in italiano, ma non trovavo mai la giusta combinazione per descrivere il mio mondo, nella maniera più consona ai miei pensieri e alle mie sensazioni. Sono cresciuto ascoltando musica rock, metal, hard rock, progressive. Generi in cui i testi sono stati sempre pregni di immagini e di concetti forti e di grande impatto, sempre portatori di forti messaggi. In realtà potrei tranquillamente rigirare la tua domanda al contrario. Non pensi che scrivendo in inglese in realtà mi esponga molto di più di quanto potrei fare in italiano? Oggi la musica raggiunge facilmente l’altro capo del mondo con un solo click, ed essendo l’inglese la lingua che più spesso usiamo per comunicare, forse sono più esposto di quanto si pensi. Non ho mai posto limiti o barriere alla mia musica e sarei felice di sapere che dall’altra parte dell’emisfero, qualcuno stia cantando un mio brano e che soprattutto ne riesca a capire il senso ed il messaggio. Sono io stesso un amante di tanti cantautori italiani, che usano la nostra lingua in maniera magistrale, però credo che ognuno di noi abbia il suo mondo e che debba seguire la propria strada, per quanto impervia e difficile possa essere. L’identità è la cosa più importante a livello musicale ed io cerco di averne una mia, riconoscibile ed “unica”, cercando di essere il più “liberamente me”!
Ringrazio Luca Marconi per questa bella chiacchierata in cui si è aperto e ci ha raccontato di sé e della sua musica permettendoci di entrare nel suo mondo.
Freely Me
Testi, musiche, arrangiamenti a cura di Luca Marconi
Prodotto da Luca Marconi e Simone Samo Mammucari
Registrato, Mixato e masterizzato da Simone Samo Mammucari al CrossFade studio di Roma
Artwork a cura di Luca Marconi
Grafica ed immagini a cura di Daniele Chatrian
Musicisti coinvolti:
Gino Binchi – Batteria & Percussioni
Andrea Recinelli – Chitarra elettrica ed acustica
Nicolò Pagani – Basso
Edoardo Simeone – Piano e Tastiere
Il video di Like a River
Diretto da Valentina Ferrari
Montaggio e riprese a cura di Daniele Chatrian
Freely Me è disponibile in tutto il mondo su tutte le migliori piattaforme digitali.
Scegliete quella che preferite, acquistatelo o ascoltatelo!
Buy or listen Freely Me on I Tunes
https://itunes.apple.com/it/album/freely-me/1446897862
Buy Freely Me on Amazon Music
https://www.amazon.it/dp/B07LBDJ7D5/ref=cm_sw_r_other_apa_i_0MGhCbJD4SX93
Buy Freely Me on Google Music
https://play.google.com/store/music/album?id=Btx4cvf5aggd2vtjsapkdjhx5c4
Listen to Freely Me on Spotify
Listen to Freely Me on Deezer
https://www.deezer.com/fr/album/81721282
Facebook: @LucaMarconiOfficialPage
Instagram: @luca_marconi_official
Twitter: @Luca_Marconi
YouTube: LucaMarconiOfficialChannel
Leave a Comment