
INTERVISTA A GIULIA MAULUCCI PER UN GABBIANO
Giulia Maulucci, attrice professionista diplomata presso la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano e laureata presso l’Università La Sapienza di Roma in Discipline delle Arti e dello Spettacolo con una Tesi in Teatro e Arti Performative, ha cominciato a lavorare molto presto e non si è più fermata..
Giulia ha interpretato numerosi e importanti i ruoli in Teatro, ma ha anche lavorato nel cinema in due grandi produzioni, entrambe del 2012, La Bella Addormentata di Marco Bellocchio e La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, facendo capolino nella fiction con Squadra Mobile nel 2014 e lavorando anche come aiuto regista e in documentari, cortometraggi, medio metraggi, spot e videoclip e ricevendo numerosi premi e riconoscimenti.
Inoltre, Giulia dal 2013 è anche Docente del laboratorio teatrale riservato alle detenute A.S.3 presso la Casa Circondariale di Latina.
Recentemente è stata protagonista a teatro di The Dubliners, di J.Joyce, con la regia di Giancarlo Sepe, alla 58esima edizione del Festival dei Due Mondi di Spoleto.
Giulia è tra le protagoniste femminili di Un Gabbiano, la prima regia di Gianluca Merolli che ha esordito, riscuotendo consensi, a Napoli in occasione del Napoli Teatro Festival a giugno del 2014, è approdato a Roma, al Teatro Sala Uno, nell’ottobre dello stesso anno, confermando e rinnovando il successo di critica e pubblico e torna quest’anno dall’8 al 17 ottobre sempre al Teatro Sala Uno.
Giulia, come nasce il tuo incontro con Gianluca Merolli?
Nel 2011, al Teatro Italia, Gianluca è stata la prima persona che ho visto il giorno del mio debutto in DADP (Dignità Autonome di Prostituzione). Ero in anticipo e mi aggiravo persa per il corridoio dei palchi. Ci siamo incrociati, Gianluca aveva un libro sotto il braccio, ha sorriso, si è tolto gli occhiali da sole e mi ha teso al mano presentandosi. Questa cosa mi ha rasserenata. Non la dimenticherò.
In Un Gabbiano interpreti Mascia, una donna gotica che, “seppur non dolorista” gode del dolore che le è toccato in sorte. Il regista ha valorizzato il tuo personaggio rispetto al testo originale, creando una figura disperata, ma forte, esasperata, ma risoluta. Una donna triste, che ama vivere; una donna mai rassegnata al dolore, ma che dolorosamente combatte la propria guerra con l’esistenza.
Chi è Mascia per te? Come è stato “incontrare” questa donna e quale percorso hai attraversato per entrare nel suo vissuto e rappresentarla così come abbiamo già visto a Napoli e a Roma l’anno scorso?
Su Mascia potrei dire molte cose, ma sarebbero tutte supposizioni personali. Non so chi sia Mascia, ma ho cercato di darle corpo e voce, casa. Sicuramente è una donna, e questo è già tanta roba. Una donna che non ha la forza di decidere che vita avere, che ha lasciato alla sua famiglia il potere di decidere per la propria vita. Una donna sempre sbagliata che, proprio per aver permesso agli altri di vestirla e di agirla, fallisce in ogni cosa. Sempre. Mascia è la negazione della libertà. Io ho cercato di incontrarla, mettendomi il più possibile da parte. Volevo permetterle di avere un corpo e una voce per raccontarsi. Mi ha permesso di nascondermi.
Quale invece lo studio e il lavoro sui gesti e i movimenti?
Dico solo che all’inizio Mascia zoppicava, aveva una scarpa sola e parlava con un uccello immaginario che teneva sul braccio, probabilmente fantasma dell’uccellino che le faceva compagnia durante l’infanzia. Insomma Mascia aveva tutta la parte destra del corpo contratta. Sbavava pure, un po’.
Mascia può essere considerata l’alter ego di Konstantin; raccontaci come avete lavorato per rappresentare il legame psicologico tra queste due figure e il loro simbolismo.
Mascia e Konstantin sono due anime gemelle, e come tali destinate a non stare insieme. Perché l’anima gemella credo sia in realtà una cosa che si vorrebbe imitare, uno specchio, un anelito: il cannibalismo è inevitabile. Come i criceti. Le anime gemelle non possono stare insieme, ma ringhiarsi e inseguirsi a vicenda. Con destini divisi: solo che Kostia ha il coraggio di uccidersi, Mascia cade nel tranello sociale pensando che l’agio matrimoniale possa alleviare le sue pene e spegnere la sua voglia di vita, che qualcuno (famiglie e quanto altro) le ha fatto credere essere distruttiva. Hanno troppo dentro e quindi sono due falliti.
Qual è stato l’elemento che ti ha richiesto maggior impegno in questo spettacolo?
Cercare in me la necessità emotiva per pronunciare le parole con cui Cechov ha fatto parlare Mascia.
In scena sei in coppia col bravissimo Fabio Pasquini; avete lavorato insieme nella costruzione dei vostri personaggi? Come?
Fabio mi ha permesso di fidarmi di lui, mi ha donato la libertà di essere e di lanciarmi in scena da una parte all’altra sicura di non farmi male. Fabio è un attore che dona l’ascolto, che ha il coraggio di reagire e non solo di agire. Gianluca ci ha fatto improvvisare molto. Due cose ricordo in particolare: Fabio che mi tiene per una gamba mentre io ruoto (chissà perché) a terra. E un’altra, in cui Medvedenko si impossessa di Mascia mentre lei piange davanti al teatrino che vedrà Nina e Kostia lavorare insieme. Mi sembra questa sia la chiave del rapporto dei due personaggi: da un cuore rotto non può nascere nulla di buono.
Hai conquistato pubblico e critica con la tua Mascia; lei è dentro di te ormai. Si può dire che Giulia sia un po’ anche Mascia?
Possiamo dire che ci siamo lasciate delle cose a vicenda.
Il pubblico tende spesso a credere che ogni volta che un attore entri in un personaggio, questo gli resti addosso per chissà quanto tempo. Tu hai interpretato Mascia l’anno scorso e hai vissuto con lei per parecchio tempo. Dove è stata Mascia in questo tempo? Dopo un anno, il tuo personaggio sarà cresciuto dentro di te, si sarà evoluto: possiamo aspettarci un’interpretazione nuova?
Sicuramente è passato un anno di vita.
A fine intervista, chiacchierando amichevolmente al di fuori dell’intervista, Giulia fa un’affermazione bellissima: “Sono proprio felice; io tendo a fidarmi di chi mi sta intorno (regista, costumista…) e sono molto felice”.
Cosa dire di più? Questo è quello che conta, perché quando qualcuno svolge il proprio mestiere con passione e ne è felice, può solo fare cose belle.
Ringrazio tantissimo Giulia per la disponibilità e la spontaneità e vi invito tutti a non perdere questo bellissimo spettacolo: Un Gabbiano, dall’8 al 17 ottobre al Teatro Sala Uno di Roma e a non perdere di vista questa ragazza che è un’attrice davvero eccezionale.
Foto di Roberto Marchesini
bella intervista. Sono il padre di Giulia, non per questo devo trattenermi dal dire che è davvero brava e assai credibile sulla scena.
Grazie mille Giorgio per il suo commento.
Trovo Giulia bravissima in tutto quello che fa! Il personaggio di Mascia, poi, è davvero bello e lei lo ha fatto totalmente suo.
Le dico sempre che per me lei è la Regina!
Grazie ancora!
Flaminio