Floriana Monici, classe…da vendere!

Un curriculum lungo e importante: danzatrice, attrice, cantante, performer teatrale, una delle protagoniste di spicco del Musical italiano.

Dopo gli studi di danza, nel 1999 entra a far parte della Compagnia della Rancia fondata Saverio Marconi e viene scritturata per i seguenti musical: Grease con Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia, in cui faceva parte dell’ensamble; Hello Dolly con Loretta Goggi e Paolo Ferrari. In questa occasione le viene affidata la sostituzione di uno dei ruoli principali dello spettacolo.

Studia recitazione e canto nelle più grandi scuole italiane e a New York con insegnanti di spicco internazionale.

Dopo i lavori succitati arrivano: A qualcuno piace caldo, Sette spose per sette fratelli, Tutti insieme appassionatamente.

Nel 2004 riprende Grease, questa volta nei panni della deuteragonista, Rizzo.

Si diverte a recitare nel suo dialetto ( il napoletano) in 80 Voglia di 80 diretta da Fabrizio Angelini nel ruolo di Maria Pia per la compagnia “Il nido del cuculo” con Paolo Ruffini.

Nel 2008 interpreta Maggie nel musical A Chorus line diretta da Byork Lee e Saverio Marconi e nell’anno successivo interpreta il ruolo di Cassie.

Nel 2011 torna nella a far parte della Compagnia della Rancia interpretando il ruolo di Jellilora nel musical Cats e poi Happy Days nel ruolo di Pinky Tuscadero.

Vicino a Paolo Ruffini e Manuel Frattini interpreta il ruolo di Genoveffa nel musical Cenerentola.

Da quest’anno torna nei panni di Rizzo per la nuova versione di Grease diretta da Saverio Marconi.

Queste alcune delle attività principali di questa grande e umile artista.

Partiamo dall’inzio: nel 1999 entri nell’ensemble di Grease, lavorando con Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia e con tantissimi altri artisti che nel tempo si sono affermati nel panorama italiano del musical. Che ricordi hai?

Sono entrata in Grease dopo il debutto a Milano e al Teatro Sistina di Roma: in quell’anno si cominciò con le torunée nei palazzetti: a Roma eravamo al Pala Grease con un grandissimo cast composto, oltre che da Lorella e Giampiero da altri grandissimi artisti: Cristian Ruiz, Renata Fusco, Giuseppe Galizia, Gabriele Foschi e tanti altri. Rimasi nell’ensemble per tutte le edizioni di Lorella.

Poi, nel 2004, ti viene assegnato il ruolo di Rizzo.

Sì, in quell’edizione ero con Dennis Fantina, Flavio Montrucchio, Michele Carfora, Francesco Guidi, Riccardo Simone Bordini per ricordarne alcuni.

Come è cambiato Grease negli anni e come è cambiata Rizzo?

Di sicuro Grease agli esordi è stato creato per un cast come quello di Lorella, Giampiero, Renata e Michele con la regia di Saverio Marconi, che aveva iniziato da qualche anno a portare il musical in Italia: lo spettacolo era pomposo, con la band dal vivo, e già questo è un grande elemento fondamentale, e in più le bellissime coreografie di Franco Miseria, allora davvero in voga e che all’epoca creò delle cose bellissime per Grease.

Negli anni Franco purtroppo non ha più gestito direttamente il lavoro che è così passato alle assistenti e alle assistenti delle assistenti e a chi faceva parte del cast che ha riallestito e riallestito e un po’ di elementi di stile si sono andati a perdere.

Quest’anno, invece, si è partiti con la decisione di cambiare un po’ tutto, partendo dagli arrangiamenti e automaticamente anche le coreografie perché non erano adattabili: abbiamo cominciato facendo le nuove coreografie con Gillian Bruce sulle musiche originali vecchie che ci sono servite, ma in questi arrangiamenti (curati dal direttore musicale Riccardo di Paola) i suoni sono diversi, gli strumenti utilizzati sono diversi ; quest’anno abbiamo suoni più asciutti, da garage, con batteria e chitarra, lì c’era più orchestrazione nonostante non fossero tantissimi gli elementi della band, però erano sul palco, con giacche rosa e cravatte in paillettes sul podio.

Con questa nuova edizione Saverio ha lavorato tantissimo per quanto riguarda tutto il lato della recitazione perché purtroppo negli anni, appunto , essendo passati da un regista all’altro, questo spettacolo e i suoi personaggi hanno un po’ cambiato forma, purtroppo spesso e volentieri diventando un po’ delle macchiette: questa la critica mossa in questi anni allo spettacolo.

I personaggi erano troppo finti; io ho partecipato a diverse edizioni e, sono sincera, quelle a cui ho preso parte io non erano così macchiettistiche; ho recitato nelle edizioni in cui Fabrizio Angelini ha curato, si può dire, la regia, era coregista insieme a Saverio.

Fabrizio, venendo da un background forte, ha fatto A Chorus line (nel quale ho lavorato anche io), ha lavorato sui personaggi , ha fatto un percorso sugli attori in Grease come ha fatto per A Chorus line, quindi chiedendoci di ricostruire un background del personaggio, la sua storia, le provenienza, la famiglia, uno studio completo del personaggio.

Che poi, questo spettacolo porta un po’ a strafare ogni tanto: invece Saverio quest’anno ha imposto la verosimiglianza e infatti siamo tutti molto realistici in scena, non siamo così esasperati.

Le coreografie, poi, hanno dato una bella botta di energia.

A me sono piaciute molto, le ho trovate molto in linea con gli arrangiamenti musicali.

Sì, è vero, sono molto belle e in linea con gli arrangiamenti musicali.

Le canzoni sono cambiate tantissimo; sono rimaste uguali Sandra D, la canzone di Doody, (Magiche Note), la canzone la Kenickie (Hand Jive), Teen Angel, poi tutte le altre sono cambiate.

Franco Travaglio ha lavorato ricreando i suoni dell’inglese, soprattutto per la mia canzone (ride).

Quando ho ascoltato la canzone di Sandy, Hopeless devoted to you, ho proprio sentito che ci sono dei suoni che appartengono all’inglese, ci sono delle assonanze.

Nella mia canzone, poi, questo si avverte davvero tanto, tanto è vero che quando abbiamo inciso il cd Marco Iacomelli mi ha fatto ascoltare il brano in inglese prima di ricantarlo.

Però ho trovate buone soluzioni nei testi; in quelli originali, forse, c’era una metrica diversa.

Sì, ma erano più facili da cantare; qui ci sono più sillabe, sono più difficili da cantare, più sillabe significa più note.

All’inizio non è stato facile, era come dire “da oggi s’impara un nuovo Ave o’Maria; in più per me e per Gianluca Sticotti, che facevamo parte del vecchio cast, nell’abbinare le nuove parole a i nuovi passi c’è stato un attimo di spiazzamento, poi, quando sono arrivati i nuovi arrangiamenti, siamo impazziti!

Come è cambiata la tua Rizzo in questi anni?

La mia Rizzo, più che per l’aspetto musicale, è cambiata nell’approccio psicologico, anche perché adesso intorno ho persone che lavorano mentalmente come me.

Negli anni passati io provavo già a fare un discorso attoriale di questo tipo, proprio perché avendo già fatto A Chorus line, c’era già uno studio del personaggio dietro e quest’anno questo è stato fatto con tutto il cast; c’è un ascolto in scena che forse prima non c’era.

Rizzo è cresciuta, ma in realtà ha fatto una regressione: io sono cresciuta in età biologica, ma in scena devo sempre tornare indietro e mi piace lavorare sui miei 18 anni, sulla mia adolescenza.

Quest’anno dimostro anche meno anni, soprattutto grazie al lavoro stilistico meraviglioso fatto da Carla Accoramboni che ha preparato dei costumi strepitosi: in moltissimi ci dicono che sembriamo quelli del film e questa è una cosa meravigliosa, perché questo Grease non puoi paragonarlo a nessun altro fatto in questi anni; è una versione cinematografica, che oggi è una cosa a buona.

A me, per esempio, di questo spettacolo piace l’opening perché è cinematografico, potrebbe diventare tranquillamente un videoclip; infatti, nell’ultimo promo uscito, fatto molto bene, sembra veramente la sigla di una serie televisiva.

Quindi Rizzo nel suo percorso è cresciuta tanto, ma nel tornare indietro è molto meno aggressiva rispetto agli altri anni, proprio perché evidentemente, essendo più grande io, tante cose del mio carattere le ho smussate; essendo diversa io, non ho più bisogno di portarmi in scena tutte le smanie dei 20 anni o dei 25, e la preferisco; è una Rizzo che mi piace molto, introspettiva, ma più leggera, una che lascia andare di più le cose.

L’unico momento in cui viene fuori il vero dramma di Rizzo è quando pensa di essere in cinta: però, mentre una volta c’era solo tanta rabbia adesso c’è anche il riconoscere che dall’altra parte c’è un compagno che fa sentire la propria presenza.

Quel momento è un momento destabilizzante per Rizzo perché comunque il loro rapporto è sempre stato duro, e lì Kenickie si mostra quasi paterno, dolce e lei si destabilizza; pensa “che faccio? Mi butto tra le sue braccia e piango o mantengo la mia solita posizione di durezza?” E decide di mantenere la sua solita posizione dura.

Però tutto questo lavoro, una volta, non veniva fatto, e adesso è proprio bello andare in scena così.

Grease è finora sempre stato rappresentato o inteso solo come messa in scena, invece in questa edizione si legge un percorso che non racconta una giornata o due ore di amicizia, ma c’è un trascorrere del tempo, lo vedi nel climax dei personaggi.

Rizzo è dipinta a tutto tondo come la donna forte, ma anche orgogliosa che resta sorpresa quando tutti se ne vanno e nel momento dello sconforto, in preda a tutte le sue debolezze, resta accanto a lei solo Sandy e si chiede perché e non vuole crollare. La canzone Sbaglierei molto di più è l’orlo del precipizio di Rizzo, dal quale lei, però, non si butta, infatti dice: “se piangessi un po’ di più sbaglierei molto di più”.

Grease ti ha preso, ti ha conquistata, ami molto il tuo personaggio; però so che avresti voglia anche di fare altro.

A me piacerebbe molto fare prosa, anche per staccarmi da quello che è considerato il Musical; il Musical non è una lavoro leggero come molti pensano, c’è un lavoro sugli attori che molti non capiscono perché non si avvicinano al nostro mondo e perché, negli anni, è stato scarsamente considerato, per colpa anche della presenza di troppe produzioni che non hanno fatto buoni lavori.

Se volessi fare prosa probabilmente dovrei cancellare dal mio curriculum tutti i lavori di musical perché non verrei presa in considerazione, invece questi produttori di prosa o registi dovrebbero capire che forse chi fa Musical da tanti anni, ha una disciplina poi rafforzata sul palco.

Ho lavorato con grandi attori, come Gassman, Tognazzi, Paolo Ferrari, Loretta Goggi. Io ho imparato con loro; l’improvvisazione io l’ho imparata con Paolo Ferrari il quale, una volta, vedendomi ripassare le battute dietro le quinte mi chiese cosa stessi facendo e quando siamo entrati in scena mi ha cambiato completamente tutte le battute; quella è stata la prima lezione vera di teatro in vita mia.

Tu, però, mi parlavi anche della prosa nel tuo dialetto, il napoletano.

Sì, perché la Campania non mi conosce. Il Musical si ferma a Roma, non scende.

Napoli ha un cultura teatrale enorme che ha un grosso peso: vengono dal teatro di Edoardo, hanno vissuto Totò, amano altro, sono restii ad avvicinarsi a questo.

Il pubblico è cambiato in tutta Italia: se non sei un personaggio uscito dalla televisione, non hai quella pubblicità che magari può avere uno spettacolo come il nostro, che è bello e fatto da grandi artisti che, però, non sono “famosi”.

A me piacerebbe lavorare nella mia terra per riuscire a portare tutto il mio bagaglio di diciassette anni di lavoro e portarlo giù e confrontarmi col pubblico e lo vorrei fare in dialetto; ho fatto una sola cosa in dialetto con Paolo Ruffini 80 voglia di 80 e mi è piaciuto moltissimo.

Il napoletano è una lingua e ho realizzato di avere a disposizione un’altra lingua con la quale esprimermi e automaticamente cambia anche l’interpretazione; mi divertirebbe tantissimo provare una cosa del genere.

Tipo? In cosa vorresti cimentarti?

Una commedia di De Filippo, Natale in casa Cupiello o Napoli milionaria, quelle cose che anche agli occhi degli altri ti danno una credibilità diversa.

Però anche nella prosa ci sono delle caste, non ci entri. Invece bisognerebbe sempre guardare gli altri, lasciarsi stupire.

Tu hai lavorato anche in America, poi perché sei tornata?

Sì lavoravo in America e mi piaceva, ma poi mi ha chiamato Renzullo per Grease e sono tornata.

Sta diventando più difficile lavorare all’estero, se ne stanno a andando via tutti dall’Italia: in quanto italiani abbiamo una preparazione sulla danza maggiore dei tedeschi,per esempio, anche se adesso il livello si sta alzando molto. Ecco perché noi italiani prendiamo i lavori all’estero, perché abbiamo livelli più alti e in Germania, per esempio, siamo visti come quelli che rubano il lavoro. Basti vedere ora in Germania le produzioni di Aladdin e Tarzan sono fatte per metà da ballerini italiani.

Come si può avvicinare il pubblico al teatro?

Oggi soffriamo di prodotti televisivi di bassissimo livello. Io ricordo gli spettacoli di un tempo, c’era il varietà, erano contenitori artistici; oggi sono tutti talk show dove la gente non fa altro che litigare per rispondere ad un desiderio di voyeurismo.

Si dovrebbe partire dalla tv perché è il mezzo più immediato; trasmettere più programmi culturali, spettacoli di teatro, balletti, opera.

E’ la famiglia che deve aiutare ad avvicinare i ragazzi al teatro e alla cultura in genere; manca la cultura del teatro. Oggi la multimedialità ti offre tutto, ti mette a disposizione tutto, puoi trovare ogni cosa on line, ma manca uno spirito critico per poter scegliere cosa cercare e cosa vedere, manca una curiosità intellettuale.

Mia mamma sin da piccola mi portava a vedere l’Amleto, mi portava al San Carlo a vedere opere come Così fan tutte e Lo schiaccianoci. Tutt’ora la mattina quando sono da mia madre lei ascolta musica classica; certo ascoltavo anche altro (Pink Floyd…); io da sola mi sono avvicinata al pianoforte e la mia insegnante di danza ci incitava a cercare materiale sui danzatori che studiavamo; oggi è tutto lì a disposizione ma non sai nemmeno cosa cercare. Lì sta ai maestri, alle famiglie indirizzare verso la cultura non solo musicale, e questo in Italia manca.

Ringrazio tantissimo Floriana Monici per questa meravigliosa chiacchierata con la quale è riuscita a trasmettere tutta la passione e la gioia che ha nel fare questo duro, ma splendido lavoro e le auguro davvero di raggiungere gli obiettivi che si propone, perché se lo merita, umanamente e artisticamente.

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