
INTERVISTA A FABIO PASQUINI PER UN GABBIANO
Laureatosi in Scienze Politiche, si diploma Attore Professionista al CUT di Perugia. Segue seminari sul metodo Strasberg diretti da Raul Manso e Dominic De Fazio. Partecipa al primo corso biennale di perfezionamento per giovani attori professionisti diretto dal regista Luca Ronconi. Lavora in teatro ricoprendo ruoli da protagonista con importanti registi: N. Garella, W. Pagliaro, G. Patroni Griffi, M. Castri, P. Di Marca, R. Reim, W. Manfrè, E. Aronica, G. Sepe, A. Battistini, F. Randazzo, A. marfella, P. Sepe, F. Grossi e A. Latella, con cui collabora da più di 15 anni.
Ha partecipato a sceneggiati radiofonici RAI e in varie fiction televisive.
In cinema lavora con i fratelli Taviani e con la regista Marlene Gorris nel film “The Luzhin Defence” accanto a Emily Watson e John Turturro.
Pubblica insieme a D. Aluigi “Monologhi del teatro di oggi” edito da Dino Audino Editore, giunto alla seconda edizione.
Conduce collaboratori e workshop di recitazione in varie scuole e accademie e corsi di comunicazione non verbale per aziende.
A novembre sarà tra i protagonisti dello spettacolo ” Ti regalo regalo la mia morte, Veronika” da Fassbinder per la regia di Antonio Latella.
Fabio è tra i protagonisti maschili di Un Gabbiano, la prima regia di Gianluca Merolli che ha esordito, riscuotendo consensi, a Napoli in occasione del Napoli Teatro Festival a giugno del 2014 ed è approdato a Roma, al Teatro Sala Uno, nell’ottobre dello stesso anno, confermando e rinnovando il successo di critica e pubblico.
Foto di Roberto Marchesini
Fabio, come nasce il tuo incontro con Gianluca Merolli?
Gianluca mi ha visto in qualche spettacolo e ha deciso che ero giusto per il suo progetto. Mi ha contattato, ci siamo visti e subito è nato un forte feeling artistico, mi sono piaciute le sue idee e la sua determinazione. Ed eccomi qua.
In Un Gabbiano sei Medvedenko, un uomo umile, un maestro che vive con poco, un po’ sempliciotto, ma anche saggio o, più che altro, realista e cinico, senza sogni e aspettative. In realtà sembra essere l’elemento di lucidità del racconto.
Raccontaci la tua lettura di Medvedenko e come hai elaborato il personaggio per rappresentarlo. Che studio hai fatto per i movimenti e i gesti, nei quali c’è un’intensa espressività e molto mimo?
Medvedenko accetta il proprio destino, la propria esistenza e forse proprio per questo è un piccolo eroe. Non fugge la sofferenza, ma l’attraversa ed è la sua forza che lo avvicina a personaggi come “L’idiota” di Dostoevskij. La sintesi del personaggio è proprio nella presentazione iniziale quando dice: ” Che cosa è il mio dolore, la mia sventura , se ho la forza di essere felice!”. Per far uscire tutto questo ho dovuto fare un lavoro molto fisico e Gianluca mi ha aiutato anche con le musiche giuste.
Cosa rappresenta Medvedenko oggi? Chi sarebbe oggi Medvedenko?
Medvedenko oggi potrebbe rappresentare tutte quelle persone che accettano la propria vita con dignità, forza e onestà nonostante le difficoltà e le sofferenze.
Ti faccio la stessa domanda che ho fatto a Giulia, ovviamente invertita nelle parti.
Come è stato lavorare con lei? Avete collaborato alla costruzione dei vostri personaggi?
Con Giulia , splendida attrice e persona, c’è stato subito un grande feeling che ha aiutato sia il nostro rapporto ( Medvedenko/Masa) sia la costruzione del singolo personaggio. Ricordo ancora con emozione una intensa improvvisazione proprio all’inizio delle prove.
Cosa porterai di nuovo quest’anno nel tuo personaggio?
Spero di approfondire ancora di più il mio Medvedenko, considerando che ad ogni ripresa i personaggi diventano più forti e più centrati.
Qual è stata la cosa più difficile nell’interpretazione del tuo personaggio? Quale la più bella?
È difficile dirlo. Sono molto legato al mio Medvedenko , è stato un percorso lungo, difficile ma anche molto stimolante ed esaltante, come questo spettacolo!
Ringrazio tantissimo Fabio per la disponibilità e vi invito tutti a non perdere questo bellissimo spettacolo: Un Gabbiano, dall’8 al 17 ottobre al Teatro Sala Uno di Roma.
Foto di Roberto Marchesini
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