
Cristina Pitrelli, regista e coreografa, inizia i suoi studi nel 1996 frequentando la scuola di danza Tersicoli di Ostia diretta da Gabriella Lodi, svolgendo corsi di danza classica, jazz e contemporanea.
Nei primi mesi del 2003 frequenta una masterclass a Londra presso la scuola di danza Pineapple Studios interessandosi al Lyrical Jazz, musical e video dance con Molly Molloy, Mark Battershall, Tory, Danzology, Roland Price.
Nel 2006 si diploma presso il Centro Internazionale Opus Ballet di Firenze.
Dal 2006/2007 inizia ad insegnare propedeutica alla danza e contemporaneo a Firenze, per poi trasferirsi a Berlino dove approfondisce lo studio della danza contemporanea, floor work, contact, tecnica release e improvvisazione presso le scuole Tanz Fabrik e Marameo.
In questo periodo partecipa a numerose rassegne di danza contemporanea, tre le più importanti: “Tanzi im August”, “Hebbel Theatre” e al “Tanzzeit Theatre am Ufer”.
Durante il soggiorno a Berlino si appassiona alla cultura hip hop, entrando così a far parte della “Jam Dance Company” diretta da Kathi Jezuita.
Nel 2008/2009 partecipa alla Biennale della Danza di Venezia nello spettacolo “The Waste Land” diretto da Ismael Ivo.
Parallelamente all’attività di danzatrice, si afferma anche come coreografa ed insegnante e nel 2015 assume la direzione artistica della Nova Accademia di Fulvio Peroni, dando vita inoltre alla compagnia Out Dance Project.
Il 17 ottobre 2015 presenterà al Teatro Greco di Roma The Vanity Monsters con la Compagnia di danza Out Dance Project, uno spettacolo di danza contemporanea di cui è coreografa e regista.
Lo spettacolo “The Vanity Monsters”, è nato dal bisogno di poter sensibilizzare i giovani riguardo un tema importante come quello dell’accettazione di se stessi, del proprio corpo e della propria anima come presa di posizione contro la ricerca ossessiva di appartenere ad uno stereotipo prestabilito, che non lascia spazio all’identità e all’unicità che ognuno di noi ha, ma a cui i giovani troppo spesso non riescono a dare voce.
La danza, però, è da sempre collegata, nell’immaginario collettivo, alla figura di ballerini sempre piuttosto esili, soprattutto per quanto riguarda le donne, anche se ultimamente ci stiamo abituando a vedere danzatori e danzatrici con fisicità più muscolose e meno filiformi. Tu su che tipo di danza e di messaggio stai lavorando?
Il mio lavoro si basa sullo studio del movimento corporeo scaturito dal ritmo interiore in rapporto allo spazio e al tempo. Il linguaggio corporeo deve emanare energia fisica attraverso l’utilizzo del peso e del contrappeso, del disequilibrio e della caduta, della resistenza e dell’abbandono trasformando la danza in rischio, istinto e velocità ed espressività. Questo tipo di lavoro deve essere sviluppato però in totale spontaneità.
Hai studiato danza classica, jazz, danza contemporanea e ti sei appassionata alla video dance. Secondo te la danza parla un linguaggio unico pur se con espressioni diverse, oppure ogni stile dice qualcosa di diverso?
Io amo la danza proprio perché è un linguaggio universale. Ha la capacità di riunire e mescolare in modo sinergetico moltissime discipline. La danza è architettura, perché lavora con lo spazio e la luce, ma è anche teatro ed espressione. La danza è in strettissima relazione con la musica: è puro movimento, fisicità, linguaggio del corpo, un’arte talmente ancestrale che veramente aiuta a mettere in comunicazione al di là di un linguaggio verbale.
Hai danzato in diverse città europee, venendo in contatto con persone e culture diverse. Come cambia l’approccio alla danza all’estero rispetto al nostro paese? Qual è la considerazione che la danza ha all’estero?
La danza all’estero viene vissuta realmente come fonte di cultura e viene riconosciuta come una delle discipline da sostenere e su cui investire. Per quanto riguarda il lavoro di studio, oltre alla tecnica viene molto utilizzata una sperimentazione continua del movimento corporeo.
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