Recensione di Carlo Tomeo
Il seduttore è un’opera di Diego Fabbri scritta nel 1951 e appartenente al gruppo delle “commedie”, a differenza degli altri suoi scritti teatrali (circa quaranta) appartenenti a drammi religiosi, a quelli morali e a quelli della coscienza. Accanto al suo dramma “Processo a Gesù”, rappresentato nel 1955, e che viene ancora oggi considerato come il suo testo teatrale più prestigioso, Fabbri non disdegnò quindi il genere commedia e, considerando proprio questo genere, un’altra sua opera famosa è, per esempio, “La bugiarda” scritta tra il 1953 e 1954.
“Il seduttore” fu scritta nel 1951 e nel 1954 il cinema “se ne impossessò” avente per protagonista Alberto Sordi e regista Franco Rossi. Diego Fabbri, era solo uno degli scrittori e sceneggiatori del film, per cui l’opera cinematografica perse tutto il valore teatrale che Fabbri gli aveva conferito e che non era affatto un testo comico o, per lo meno, pur osservando alcuni stilemi del teatro comico, era portatore di un valore morale che nel film non scaturì, in quanto prevalse la parte più divertente. Del resto furono pochi i critici che ne colsero, al di là dei lazzi di Sordi e company, le sfumature che potevano considerarsi satira dei costumi di quegli anni.
Il seduttore del titolo è Eugenio (interpretato da Roberto Alpi, titolare di un’agenzia di viaggi, sposato con Norma (l’attrice Isabel Russinova), una donna custode del “focolare domestico” e guardinga nei confronti del marito che immagina fedifrago. In effetti Eugenio conduce due relazioni extraconiugali, una con Wilma (l’attrice Laura Lattuada), che rappresenta la donna nella sua carnalità dove prevale la parte sensuale oltre che sessuale e l’altra con la sua segretaria Alina (l’attrice Agnese Nano), la ragazza un poco ingenua, e infantile con cui è divertente scherzare, utile a Eugenio per sentire di recuperare un’adolescenza ormai passata. Tre donne quindi, tutte e tre dal carattere diverso, che Eugenio, sente il bisogno di frequentare senza porsi il problema di fare una scelta.
In realtà Eugenio è un uomo che non ha scoperto e accettato, come la maggior parte degli uomini, la componente femminile che è parte del suo essere: quella che i suoi simili, chi consapevolmente, chi senza porsi neanche il problema, vive dentro di sé la condizione di essere maschio e conduce una vita conforme alla società comune. Egli vuole vivere una vita da uomo che si completa con l’essere femminile in tutte le sfaccettature che la donna è in grado di possedere. La cosa diventa ancora più impellente, quando nasce da una sofferenza, rappresentata in questo caso dalla morte prematura a quattro anni dell’unico figlio che aveva. Egli pensa che le tre donne dovrebbero incontrarsi, conoscersi nelle loro diversità e unirsi con lui per costituire una vita al di fuori degli schemi che la società impone. In realtà Eugenio è rimasto bambino, ha bisogno di continuare la crescita del figlio che si è interrotta a quattro anni, quasi che la maturità che lui, come persona, non ha mai raggiunto, debba realizzarsi da ora e per gli anni a venire, proprio con l’aiuto e il confronto con le tre donne così diverse l’una dall’altra.
L’intuizione di Fabbri sull’identità dell’essere maschile che si completa con quello femminile, pur mantenendo ciascuno/a la propria identità biologica e, anzi, sviluppandola con concretezza proprio nell’incontro/scontro tra i due generi, è stata maggiormente messa in evidenza dalla eccellente capacità del regista Alessio Pizzech che ha saputo far tesoro anche delle ultime scoperte nell’ambito psicanalitico per meglio rendere comprensibile una storia che altrimenti avrebbe del surreale. E cosa molto importante non ha fatto apparire il protagonista come una sorta di Don Giovanni, ma l’ha reso addirittura simpatico, malgrado il ruolo del seduttore non sia tra i più amabili.
La vena comica voluta dallo scrittore è rimasta ma, grazie alla piega imposta dal regista, si è un poco assopita e il regista l’ha quasi lasciata in mano agli interpreti che ne hanno fatto un uso sapiente, non annoiando il pubblico, ma, anzi facendogli scoprire che e possibile scoprire realtà umane, sempre esistite ma che hanno convissuto secondo la società nei vari secoli che ci hanno preceduto.
Mattatore della serata è stato Roberto Alpi che ha saputo gestire alla perfezione il proprio personaggio, impresa non facile, viste le varie e diverse componenti caratteriali esistenti in una sola persona. Gli hanno fatto da ottimo contorno le tre colleghe, ciascuna delle quali ha interpretato il proprio ruolo in maniera ora brillante ora dolente, ma sempre con maestria.
Scena costituita da due pedane girevoli con impalcature che danno la possibilità di creare vari ambienti chiusi, con l’ultimo, in particolare che si svolge in un parco illuminato in maniera innaturale, quasi a rappresentare, nell’ultima parte, il sogno impossibile del protagonista.
Musica d’epoca anni ‘50 (“Bambina innamorata”, ecc), con qualche trasgressione più vicina ai nostri anni.
Pubblico soddisfatto e molto plaudente alla prima milanese.
Il Seduttore
di Diego Fabbri
regia di Alessio Pizzech
con (in o.a.) Roberto Alpi, Laura Lattuada, Agnese Nano, Isabel Russinova
scene Davide Amadei
costumi Antonia Petrocelli
musiche Davide Arcidiacono
luci Nevio Cavina
produzione LAROS di Gino Caudai
Prima nazionale al Teatro San Babila: 14 novembre
Si ringrazia Roberta Cucchi dell’ufficio stampa
in scena al Teatro San Babila di Milano fino al 19 novembre.
Bellissima recensione. Grazie sig. Tomeo
Spettacolo (visto ieri sera al S.Babila) molto divertente ed anche “intenso”, in alcuni momenti.
Molto brave le attrici Nano, Russinova e Lattuada (le conoscevo solo in tv)!
Eccezionale il personaggio maschile e l’interpretazione! In alcuni momenti l’ ho “odiato”, perché personaggio molto “credibile “, quindi molto bravo.
E l’ho apprezzato e lo stimo di più anche come persona (ripensando ad alcuni momenti della sceneggiatura) dopo aver leggo la biografia dell’attore R. Alpi.
Complimenti a tutti ed anche all’ottima regia!!!