
Spazio 18b
10 novembre 2017
Sarà ancora in scena fino al 19 novembre, presso Spazio18B*, Il Caso Braibanti, un testo di Massimiliano Palmese, interessantissimo e importante non solo per la drammaturgia, ma anche per il suo valore documentale e di testimonianza storica, sociale e politica.
Come recita il titolo, lo spettacolo racconta e rappresenta uno dei più clamorosi casi giudiziari del ‘900, il processo per plagio ad Aldo Braibanti, ex-partigiano torturato dai nazifascisti, artista, filosofo e naturalista.
Attraverso lo studio e la ricostruzione non solo dei fatti, ma dei documenti storici e processuali, Massimiliano Palmese crea un testo avvincente ed emozionante che racconta la più grave discriminazione che l’Italia ricordi, o, piuttosto dovremmo dire, che l’Italia abbia voluto dimenticare.
Aldo Braibanti intellettuale di spicco del ‘900, scrittore, sceneggiatore, drammaturgo, poeta che si occupò di arte, cinema, teatro, politica e letteratura ed esperto mirmecologo (studioso delle formiche), nel 1964 fu denunciato, processato e condannato con l’accusa di aver plagiato il giovane Giovanni Sanfratello.
In pieno periodo di contestazione sociale e politica, Giovanni Sanfratello, proveniente da una famiglia borghese, benestante, ultra cattolica e fascista, decise di abbandonare la casa paterna per poter vivere le proprie aspirazioni artistiche e seguire i propri ideali politici svincolandosi dall’oppressione di una famiglia chiusa e bigotta.
La frequentazione col Braibanti, che aveva già conosciuto, divenne una convivenza e una relazione globale basata sul reciproco scambio di idee, su una crescita intellettuale e affettiva a doppio senso, basata, come ebbero a dire entrambi in sede processuale, su un’emozione condivisa.
La famiglia Sanfratello, non accettando le idee di opposto indirizzo politico del figlio, ma, soprattutto, la sua omosessualità, riuscirono a strapparlo alla “influenza”del Braibanti per farlo seguire da medici e psichiatri che lo sottoposero a moltissimi elettroshock e denunciarono Braibanti per plagio.
Ebbe così inizio un processo farsa, l’unico processo per plagio che ci fu per la durata delle legge, costruito ad hoc con false testimonianze, perizie psichiatriche forzate e giudizi professionali di parte.
Un processo della destra alla sinistra, un processo alla omosessualità, un processo che metteva in discussione e minacciava la stessa libertà di pensiero.
L’intervento di moltissimi intellettuali del tempo (Pasolini, Morante, Moravia, Eco, Pannella, Musatti, Maraini) attraverso articoli di giornale accorati in favore del Braibanti, non bastarono a sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica contro un evento unico, eccezionale e basato su elementi completamente infondati.
Attraverso la ricostruzione di documenti, lettere e atti processuali, Il caso Braibanti ricostruisce un processo ingiusto, iniquo e completamente politicizzato e manipolato a unico beneficio della destra imperante.
Il testo viaggia con equilibrio tra denuncia sociale, dramma psicologico, poesia ed espressioni di sentimenti, con accenti anche ironici.
All’interno troviamo anche la passione di Braibanti per le formiche e per la loro struttura sociale. Non si tratta di semplice interesse naturalistico: il Braibanti, infatti, con intelligenza e sensibilità riusciva a trarre dal comportamento sociale delle formiche deduzioni perfettamente applicabili alla nostra società.
Questo parallelismo trova espressione emblematica nella poesia finale, La Formica Azzurra, che, già citata a inizio spettacolo, rappresenta la singola individualità che viene calpestata e derisa perché fragile, ma senza la quale il ciclo vitale e, quindi, l’evoluzione, verrebbe arrestato.
In scena due bravissimi attori, Fabio Bussotti e Mauro Conte, che, oltre ad interpretare i protagonisti, Braibanti e Sanfratello, recitano la parte di tutti gli altri personaggi (i genitori di Giovanni, gli avvocati, il prete, il giudice) caratterizzandoli nei vari dialetti italiani a simboleggiare l’universalità del dramma, che non resta limitato ad una ristretta realtà cittadina, ma ne travalica i confini per farsi caso emblematico di un’Italia provinciale, dipendente dalla Chiesa e omofoba.
Fabio Bussotti e Mauro Conte riescono con credibilità e realismo a rappresentare in maniera diversa ogni personaggio, dando vita, cuore, passione, dolore e lacrime ai protagonisti e delineando con pochi tratti, ma precisi e d’effetto, gli altri personaggi.
Ne risulta un dramma personale e umano di forte impatto, grazie anche alla regia diretta e pulita di Giuseppe Marini che non ha bisogno di aggiungere elementi, ma, anzi, punta sull’essenzialità, sulla parola più che sul movimento.
I due attori, infatti, sono sempre abbastanza statici, in piedi o seduti, a distanza davvero ravvicinata col pubblico, elemento che se da un lato aumenta la difficoltà per loro di rapportarsi con esso, praticamente dentro la scena, difficoltà molto ben affrontata e gestita, dall’altro accresce il coinvolgimento e l’emozione dello spettatore.
Con loro sul palco il compositore e musicista Mauro Veronne che con sax e clarinetto accompagna e sottolinea battute e accenti.
Il Caso Braibanti è uno spettacolo di teatro civile e sociale di grande impatto e di grande valore perché riporta alla mente degli italiani, che con troppa facilità dimenticano, un evento storico che fu drammatico e unico. Soprattutto, un testo ancora oggi tristemente attuale e che, anzi, oggi, che tanto si parla di diritti civili e di unioni civili, risulta ancora più vicino a noi. Viene da chiedersi quanto l’Italia di oggi sia così lontana da quella del ’68…per certi versi davvero poco lontana. Le idee e la libertà di pensiero sono ancora manipolate, spesso contrastate e ancora tanto si deve fare affinché veramente certi diritti, alcuni ora sanciti da leggi, altri ancora no, siano riconosciuti nella pratica di tutti i giorni e accettati socialmente senza discriminazione e violenza.
Il caso Braibanti
di Massimiliano Palmese
con Fabio Bussotti e Mauro Conte
musiche composte ed eseguite dal vivo da Mauro Verrone
regia Giuseppe Marini
produzione Diaghilev
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