Teatro Petrolini

19 novembre 2015

feminarium

Scritto e diretto da Andrea Monti e ispirato al bestiario medievale, Femminarium è un testo che muove per associazioni di idee e pensieri, per connessioni a volte naturali altre volte giocosamente forzate, in cui viene presentato il mondo mutevole e imperscrutabile delle donne.

I toni della narrazione partono dal drammatico per svilupparsi poi in una vera e propria farsa.

La penna dell’autore affonda nell’incommensurabile mondo femminile rimanendo intrappolata in un viluppo di tipici atteggiamenti contrastanti, ma sempre realistici.

Entriamo così in un mondo matriarcale in cui la donna pone e dispone, crea e distrugge, innalza e annienta, ogni volta in maniera diversa, come seguendo un capriccio del momento, che verrà, però, sempre sostenuto e difeso da un solido, anche se a volte improbabile, ragionamento che, partendo dall’esperienza diretta, mutuata a sua volta dal modo percepire proprio delle donne, vuole innalzarsi a scientifico ed esige rispetto e accettazione da parte dell’uomo.

Il mondo femminile viene declinato in innumerevoli modi e maniere: troviamo, con passaggi a volte pindarici da non essere comprensibili dalla limitata mente maschile, un carico di emozioni e pensieri del mondo femminile che ci vengono sbattuti in faccia con forza, determinazione e disperazione.

La donna richiede appagamento, rispetto, considerazione; la donna pianifica il futuro, non solo il suo, ma anche quello del suo uomo, anzi lei pianifica anche come dovrà essere il suo uomo ancora primo di incontrarlo e in questa ricerca dell’ideale si perderà miseramente, ma caparbiamente rincorrendo un ideale che non c’è.

Prenderà consapevolezza delle sue alte aspettative, ma, nonostante questo, continuerà a cercare e a pianificare perché ai suoi occhi, ma soprattutto alla sua mente, il problema non saranno mai le aspettative troppo alte e rigide, ma sempre l’inadeguatezza dell’uomo.

Attraverso vari piccoli racconti di vita appariranno sul palco ogni volta mille donne: donne frustrate e rancorose; donne forti e donne deboli; donne stanche e donne indipendenti; donne tristi, ma fiere e indipendenti; deluse dall’uomo, ma sempre in cerca dell’uomo vero e dell’Amore.

Donne volubili, fragili, ma anche velenose con una grandissima a volte disperata voglia di maternità, talmente forte che le porterà a considerare l’uomo come un mero mezzo, uno strumento non del piacere (sarebbe troppo pretendere anche quello), ma della fecondazione.

Tutte queste donne sono una e centomila, mai nessuna: ognuna può racchiudere nello stesso momento più caratteristiche di quelle descritte sopra, e altre ancora, in virtù di quel meraviglioso carattere uterino del quale fanno grande sfoggio e di cui vanno orgogliose.

Nel dispiegarsi di questo mondo femminile convulso e frenetico, incomprensibile per la mente umana, il maschio non può fare altro che soccombere.

Tutto questo mondo viene raccontato dalla voce delle sei protagoniste in un susseguirsi di parole in piena, musica e canzoni tra il comico e il surreale.

Il tutto arricchito dalla scelta del dialetto romanesco in un linguaggio diretto, brusco ed efficace.

Brave le ragazze Valenitina Grimaldi, Simona Mazzanti, Roberta Provenzani, Lisa Recchia, e Paola Zaro a mantenere il ritmo serrato delle battute e lo scambio continuo di ruoli, accompagnate dalle coregorafie di Giorgia Valeri e dall’unico uomo sul palco, Umberto Papadia, menestrello e cantastorie che accompagna le canzoni con la sua chitarra e, tra l’altro, autore delle musiche originali.

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