
Guarda te, proprio un DPCM che vuole tutelare la salute pubblica, punisce quelle strutture che svolgono una funzione salutare nei confronti del cittadino
Era nell’aria. Da giorni il Governo ventilava nuovamente la chiusura di servizi ritenuti non essenziali.
Si era cominciato parlando di coprifuoco, termine che richiamava da subito scenari orribili. Alcune regioni lo avevano già applicato. Dopo pochissimi giorni sembrava non bastare e allora ecco che si comincia a parlare di chiusura anticipata di bar, ristoranti e centri commerciali.
Poi ieri, domenica 25 ottobre 2020, è arrivata la botta: chiusura dei servizi di ristorazione dalle 18.00 alle 5.00; chiusura di palestre, piscine, cinema e teatri.
Pur esprimendo la massima solidarietà ad attività di ristorazione e a quelle commerciali, qui mi interessa soffermarmi sulla chiusura dei teatri e delle palestre.
Ancora una volta l’Italia dimostra di ritenere non essenziali la cultura e la salute del paese. Guarda te, proprio un DPCM che vuole tutelare la salute pubblica, punisce quelle strutture che svolgono una funzione salutare nei confronti del cittadino.
Il motivo di fondo di tutto questo non è che il Governo abbia valutato come luoghi di contagio teatri e palestre, anzi non li ha considerati minimamente.
Il punto cruciale è l’incapacità del Governo di tracciare i contagi (App Immuni è miseramente fallita) e il rischio di portare al collasso un sistema sanitario già precario e malato a causa dei continui tagli alla sanità da parte dei vari governi.
Il Governo, non riuscendo a limitare la pandemia, ha deciso di operare sul tempo e sullo spazio, limitando le uscite e impedendo ai cittadini di programmare la propria vita pubblica.
Le misure adottate da teatro e palestre per la prevenzione, le spese da essi sostenute per la sanificazione e la messa in regola, non sono state prese in considerazione: l’obiettivo è limitare gli spostamenti e i contatti.
Quindi: coprifuoco, chiusura anticipata di bar e ristoranti e via di seguito. Non sono stati considerati in nessun modo i benefici che queste attività svolgono sull’individuo, soprattutto in un periodo di forte stress come questo.
Teatri, palestre e simili (quindi scuole di danza, centri sportivi…) oltre ad essere l’occupazione principale di migliaia e migliaia di persone, sono un balsamo per chi ne usufruisce: contribuiscono in maniera efficace a tenere l’individuo in salute, salute fisica e salute mentale, ne aumentano la consapevolezza, ne stimolano la crescita umana e culturale.
Invece, il lavoro di migliaia di persone è stato ritenuto non essenziale, privandole della loro dignità professionale, come non essenziale è stato considerato il benessere fisico e psichico delle persone.
Poi è normale e anche giusto che i cittadini si lamentino dell’enorme disparità che questo decreto sancisce tra i vari settori.
Le chiese possono rimanere aperte, come se il distanziamento e le misure di prevenzione siano maggiori a quelle adottate in teatri e palestre che, in realtà, sono luoghi molto più controllati.
I musei possono restare aperti: beh, si sa, nei musei ci va ancora meno gente che nei teatri, al Governo cosa importa (o magari molti musei sono comunali e statali e magari c’è qualche interesse?).
Il tasto più dolente, però, la cosa che maggiormente fa infuriare tutti, e a ragione, sono i mezzi pubblici che viaggiano costantemente a pieno carico, carri bestiame come prima!
Qui non c’è distanziamento, non c’è controllo, però a nessuno sembra importare. D’altronde sono servizi essenziali, non lo discuto: la gente deve andare a scuola e a lavoro.
Quindi, io cittadino posso prendere i mezzi pubblici affollati e saturi di particelle insalubri, appiccicato ad altri viaggiatori, ma non posso andare al cinema o a teatro o in palestra dove vengono adottate tutte le misure di prevenzione: gel sanificante all’ingresso e all’interno, misura della temperatura, mascherina tenuta per tutto il tempo, distanziamento maggiore di un metro, ingressi e uscite scaglionati e rilevazione degli accessi prendendo i dati sensibili per il tracciamento.
Vogliamo parlare del campionato di calcio e degli altri sport agonistici? Quelli sono consentiti, ma gli sport a livello amatoriale no. Certo, perché i miliardi che girano intorno allo sport professionistico, primo fra tutti il calcio, obbligano a considerazioni differenti.
Quindi, il calciatore, che guadagna miliardi, può continuare a svolgere la propria professione che, è bene ricordarlo, è uno sport di contatto, mentre l’attore che adotta tutte le precauzioni del caso, e il cui lavoro è già precario di suo (soprattutto se si parla di teatro) può cadere in miseria.
Non si pensa, poi, all’importanza dell’attività fisica, soprattutto per i giovani, che oltre a rinvigorire il corpo serve a distrarre la mente e a sviluppare la socialità.
Sport e spettacolo dal vivo erano i settori più controllati e sicuri e quelli che più consentivano alle persone di distrarsi, evadere dalla quotidianità, creare relazioni, contatti, scambio.
Ora ci ritroveremo tutti più soli, più deboli, più poveri.
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