Teatro Vascello
10 maggio 2017
Un gioco al massacro, un duello feroce che è prima di tutto lotta interiore e solo dopo scontro tra uomini.
Chi ha paura di Virginia Woolf? è il bellissimo, drammatico e intenso spettacolo, scritto dal drammaturgo statunitense Edward Albee, che Arturo Cirillo porta in scena al Teatro Vascello, nella traduzione di Ettore Capriolo e interpretandolo insieme a Milvia Marigliano, Valentina Picello ed Edoardo Ribatto.
E’ sabato notte. Martha (Milvia Marigliano) e George (Arturo Cirillo), coppia di mezza età, di ritorno da una festa a casa del padre di lei, invitano a proseguire la nottata a casa loro Nick (Edoardo Ribetto) e Honey (Valentina Picello), una giovane coppia appena conosciuta e trasferitasi da poco in città.
Già prima che arrivino gli ospiti, la tensione è alta tra i maturi coniugi, esasperata anche dall’alcool che continuano a tracannare.
Quando arriveranno da loro, Nick e Honey verranno trascinati in un vortice di accuse e aspri rinfacciamenti esacerbati dal rancore e dalla frustrazione covati negli anni e dall’alcool che continua a scorrere e al quale anche loro non si sottraggono.
In un confronto serrato e crudo le coppie si troveranno a fronteggiarsi in una guerra che più che reciproca è una guerra con se stessi e contro se stessi, in un crescendo drammatico e vorticoso in cui verranno allo scoperto tutte le fragilità individuali e di coppia.
Sarà una corsa alla distruzione di se stessi e dell’altro: tutte vittime e carnefici, nessun vincitore: ognuno resterà sconfitto da se stesso e dal mondo che ha creduto di costruirsi.
Chi ha paura di Virginia Woolf? è un dramma teatrale potente e incisivo, costruito su livelli diversi, narrativi e psicologici, dalla potente forza simbolica. La coppia giovane è riflesso di quella adulta con la quale condivide un problema di genitorialità; sono in gioco le “illusioni infrante e le buone speranze”, l’ambizione e i sogni, in una guerra interna con l’insoddisfazione, la frustrazione, il fallimento, con la vita stessa e le storie che ci raccontiamo per renderla meno pesante e infelice.
Tra i quattro personaggi si innesta un esplosivo corto circuito nel quale ogni precario equilibrio costruito con fatica mentendosi e mentendo a se stessi, salta inesorabilmente in aria.
La vera potenza di questo testo, drammatico, ma anche ironico e tagliente, può essere espressa solo se gli attori che lo portano in scena riescono a entrare pienamente negli umori e nella psicologia dei personaggi, interiorizzandoli e restituendoli con disperata lucidità.
E’ esattamente quello che succede con questo spettacolo: Milvia Marigliano, Arturo Cirillo, Valentina Picello ed Edoardo Ribatto aderiscono in pieno a questi personaggi, incarnandoli in ogni parola, gesto e sfumatura.
Il loro scontro, reciproco e individuale, è disperatamente reale, non artefatto dal mezzo teatrale che qui richiede solo veridicità.
Chiusi in un unico ambiente, un salotto al cui centro domina un grande mobile bar colmo di bicchieri e bottiglie di alcool, nettare che addormenta la ragione per risvegliare e scatenare le emozioni covate in segreto, si confrontano, affrontano e scontrano in un duello, un crudele gioco psicologico in cui nell’intenzione di distruggere l’altro si cela, maligna e acre, una tortura interiore, una ribellione, frustrata, alla noia di vivere, all’incapacità di sopravvivere anche a se stessi.
Mentre le dinamiche relazionali e interne vanno in frantumi, la stessa scena si spezza, rivelando all’esterno l’enorme frattura delle anime.
E’ a quel punto che, forse, rimasti soli, distrutte tutte le false sovrastrutture create ad arte per far finta di vivere, svelate tutte le bugie raccontate a se stessi, uccise le immagini esterne che sono state create, rimasti soli davanti alle proprie paure, gli uomini possono cominciare a cercare un nuovo equilibrio e tentare di prendersi cura di sé e degli altri.
Gli splendidi attori in scena restituiscono tutto questo con forza, trasporto, intensità e commozione. L’adesione al personaggio è totale, l’incarnazione piena, nella voce roca, spezzata, impastata dall’alcool, negli sguardi taglienti, tristi, disperati, malinconici, da cui traspare tutta la disperazione, nei gesti rapidi e inconsulti, nel pianto disperato e in quello interrotto, nei conati di vomito.
Arturo Cirillo è qui eccellente interprete e due volte regista. In senso stretto lo è dello spettacolo, riuscendo a condensare in un atto unico di un’ora e quaranta minuti circa uno sviluppo narrativo che sarebbe ben più denso e impegnativo, senza che per questo perda di effetto, creando, anzi, una sempre più crescente tensione. Lo è anche in senso lato regista, in quanto interpreta George, spietato conduttore del gioco al massacro messo in scena, che attraversa con forza e cinismo la serie inarrestabile di offese e rimproveri della moglie, riversando, crudele, le stesse provocazioni sulla coppia di ospiti.
Milvia Marigliano è straordinaria: fa vivere il proprio personaggio di umanità estrema, con tutte le sue forze e debolezze, manie e capricci, illusioni e sofferenze. Meravigliosa la scena in cui, stesa sul divano, distrutta e disperata, proferisce la sua bellissima dichiarazione d’amore in un momento di toccante autoconsapevolezza.
Valentina Picello restituisce in pieno la fragilità, fisica ed emotiva, del suo personaggio in un’interpretazione toccante che fa uso del corpo come specchio dei disagi della psiche.
Edoardo Ribatto incarna perfettamente l’uomo ambizioso e arrogante, che nasconde dietro alla propria sicumera l’incapacità di farcela da solo, portando avanti un compromesso che è una grande bugia.
Un ultimo riconoscimento va dato alla traduzione di Ettore Capriolo, capace di essere riuscito a creare un linguaggio che è narrazione e dialogo rappresentando in maniera coinvolgente e toccante il flusso psichico dei personaggi.
Chi ha paura di Virginia Woolf?
di Edward Albee
traduzione Ettore Capriolo
regia Arturo Cirillo
con Milvia Marigliano, Arturo Cirillo, Valentina Picello, Edoardo Ribatto.
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