Come fosse amore è la nuova commedia scritta e diretta da Marco Cavallaro in scena al Teatro de’Servi di Roma.
Al centro della commedia sono, come sempre negli spettacoli di Cavallaro, l’amore e i problemi di cuore. In questo caso specifico, Cavallaro si concentra sulla paura di amare e sul rifiuto stesso dell’amore.
Dopo una serie di delusioni amorose, Martina (Alessia Francescangeli), ha deciso di tagliare fuori dalla sua vita gli uomini e l’amore.
La cosa curiosa è che Martina è una psicologa specializzata in problemi relazionali e le sue pazienti sono tutte donne che non riescono a stabilire una connessione emotiva con i propri partner.
Martina, così, si ritrova a dare consigli d’amore pur fuggendo essa stessa da questo sentimento.
Un giorno, entrata in un bar, incontra un uomo, Ettore (Marco Cavallaro), che rimane immediatamente affasciato da lei, ma Martina lo rifiuta energicamente.
Lasciando il locale, Martina dimentica il quaderno su cui appunta le sedute con le proprie pazienti.
Leggendolo, Ettore e Luvigi (Peppe Piromalli), il titolare del locale, scoprono che Martina sta seguendo tre pazienti in particolare, differenti tra loro, ma accomunate da problemi relazionali analoghi.
A questo punto, Ettore ha un’intuizione: Martina si aprirà all’amore solo dopo che avrà aiutato le proprie pazienti a superare i propri problemi e a trovare l’amore.
Per mettere in pratica il proprio piano, Ettore cercherà un contatto con ognuna delle tre pazienti di Martina, fingendosi per ciascuna “l’uomo ideale”, grazie agli appunti che ha trovato nel quaderno di lei.
Tra corse e travestimenti, sostenuto dall’amico Luvigi, Ettore avrà fin troppo successo nel suo piano, ma non tutto andrà come previsto.
Marco Cavallaro, autore di numerose commedie incentrate sull’amore, come “That’s Amore”, “Se ti sposo mi rovino”, torna a teatro con un nuovo spettacolo che conferma la sua grande passione per la commedia e per le donne.
Come sempre accade negli spettacoli di Cavallaro, il pubblico può rilassarsi e lasciarsi andare alla risata.
Tra una risata e l’altra, vengono anche sfiorati temi importanti, come la paura di amare e di mettersi in gioco e la libertà nel seguire il proprio orientamento sessuale.
Sul palco, Cavallaro, oltre ad essere affiancato dal bravo e simpatico Peppe Piromalli, è, come sempre, circondato da brave attrici, ma anche belle donne: Francesca Bellucci, Alessia Francescangeli, Ludovica Bei, Margherita Russo.
Come fosse amore è uno spettacolo che regala due ore di spensieratezza e leggerezza, sostenuto da un cast molto vivace e ben integrato.
La scenografia è multifunzionale, prestandosi ogni volta a diventare ambienti di azione diversi, a cominciare dalle scale che conducono allo studio della psicanalista, per passare allo spazio centrale che all’occorrenza può essere anticamera dello studio, oppure il locale bar di Luvigi, o, ancora, luogo scenico di passaggio tra un’azione e l’altra e per finire con la pedana rotante che ogni volta svela i comportamenti di Ettore con le varie protagoniste.
Arricchiscono lo spettacolo le coreografie di Fabrizio Angelini.
COME FOSSE AMORE
di Marco Cavallaro
regia di Marco Cavallaro
con Francesca Bellucci, Marco Cavallaro, Alessia Francescangeli, Ludovica Bei, Peppe Piromalli, Margherita Russo
Jamie il Musical infiamma il Teatro Brancaccio di Roma
Tutti parlano di Jamie, il musical fortemente cercato e voluto da Piero di Blasio, qui regista e autore dell’adattamento, e prodotto dalla Viola Produzioni di Alessandro Longobardi con Nica Burns, torna al Teatro Brancaccio di Roma, dopo circa 11 mesi dal suo debutto, per infiammare il cuore degli spettatori.
Tutti parlano di Jamie è una storia di formazione contemporanea che racconta la vera vicenda di un giovane ragazzo che cerca di affermare la propria identità al di là del genere o dei gusti sessuali, in opposizione con le convenzioni sociali.
Jamie troverà la sua occasione di affermazione personale nel ballo della scuola, al quale deciderà di partecipare in abiti femminili, ma prima dovrà scontrarsi con la paura bigotta della dirigente scolastica e col bullo della scuola, sempre pronto a ferirlo e umiliarlo ad ogni occasione.
Tutti parlano di Jamie è davvero una “rivoluzione gentile” come ha sempre tenuto a dichiarare il regista Piero di Blasio: una rivoluzione che porta sul palco uno spettacolo musicale di altissimo livello per affermare la bellezza dell’unicità di ognuno di noi e incoraggiare tutti a non aver paura di essere se stessi.
La storia di Jamie New è un inno divertente e gioioso alla libertà di essere se stessi anche se, come ogni percorso umano importante, passa attraverso l’amarezza e momenti di sconforto anche profondi.
Colpiscono, di questa storia, il profondo senso di umanità, il grande coraggio di Jamie e la forza e l’amore di tutte le persone che lo circondano.
Rispetto all’edizione passata, Tutti parlano di Jamie torna al Teatro Brancaccio con una forza ancora più dirompente e con un impatto emotivo ancora più forte.
Se l’anno scorso lo spettacolo era piaciuto molto, pur con qualche riserva, quest’anno va riconosciuta una grande crescita sotto ogni punto di vista che lo rende un prodotto italiano di grandissima qualità.
Parliamo di prodotto italiano perché quella italiana è l’unica versione in giro per il mondo ad aver avuto la concessione di creare una versione originale completamente nuova per le scenografie, i costumi, le coreografie e la regia, mantenendo intatti musica e testi.
Il merito di questo successo va ritrovato indubbiamente nella direzione tecnica e artistica, grazie anche a un gruppo di lavoro di grandi professionisti, ma anche in ogni singolo performer che porta sul palco il proprio talento e la propria specificità artistica mettendola al servizio dei colleghi e dello spettacolo e, in definitiva, del pubblico.
Primo fra tutti Giancarlo Commare, al quale va riconosciuto il merito di aver continuato un percorso di studio che lo ha portato a far brillare il suo Jamie sul palco, non solo dal punto di vista attoriale, dove già era risultato forte, ma in senso generale, offrendo una prestazione di grande livello anche dal punto di vista vocale.
Commare appare decisamente più sicuro sulla scena, ma non sfrontato; sa misurare voce, toni e movenze di un personaggio sicuramente eccentrico, senza mai cadere nell’eccesso o nell’esasperazione, uscendo dallo stereotipo per farne non solo un personaggio, ma una persona.
Davvero ora ben gli si attagliano le parole di una delle canzoni dello spettacolo “fuori dall’ombra – sei tu la luce” e pare proprio che Giancarlo abbia trovato anche in teatro quel posto adatto a lui in cui essere “la star del grande show”.
Lo spettacolo, poi, ha acquisito nel tempo scioltezza e fluidità, in un susseguirsi di scene che convergono con naturalezza l’una nell’altra e regalano davvero emozione e commozione.
Merito anche di un potente ensemble che si prodiga con forza ed energia creando scene corali di forte impatto e riuscendo, cosa non scontata, a far comprendere ogni singola parola di ogni brano e senza cori registrati.
Anche Benedetta Boschi dimostra di essere ancora più a proprio agio nei panni di Pritti, la migliore amica di Jamie, riuscendo a emozionare ancor più che nella edizione passata.
Novità di questa edizione, molto apprezzata, è la presenza di Giovanni Abbracciavento nel ruolo di Dean, il bullo della scuola.
Presente già l’anno scorso nell’ensemble, Giovanni è un performer di grande qualità pronto per ruoli da protagonista.
Per tutti gli altri protagonisti dello spettacolo, si può solo confermare un altissimo gradimento, partendo dalla sempre eccezionale Barbara Cola che commuove sempre e strazia il cuore con il brano He’s My Boy – Figlio Mio.
A seguire Franco Mannella, nel doppio ruolo di Hugo e Loco Chanel, convince ancora di più dell’anno scorso, riuscendo a far emergere le sfumature del proprio personaggio.
Le bravissime Ludovica di Donato e Lisa Angelillo, anch’esse tornano a vestire i loro ruoli più cariche e convincenti che mai.
Infine le tre Drag Queen: Umberto Noto, Sebastian Gimelli Morosini e Damiano Spitaleri.
La regia di Piero Di Blasio, di cui si è scritto circa la capacità di rendere l lo spettacolo più fluido e di dirigere con competenza un bellissimo cast; le coreografie di Laccio; la direzione musicale di Dino Scuderi; le scenografie di Alessandro Chiti; i costumi di Francesca Grossi; il disegno luci di Emanuele Agliati; il disegno suono di Emanuele Carlucci, completano l’emozionante allestimento di uno spettacolo necessario e di grande impatto artistico ed emotivo.
Continuiamo a parlare di Jamie, allora e, soprattutto, andiamo a vederlo in teatro!
GUARDA LE INTERVISTE DELL’ANNO SCORSO
VIOLA PRODUZIONI
ALESSANDRO LONGOBARDI in associazione con NICA BURNS
presenta
GIANCARLO COMMARE
in
MUSICHE E ORCHESTRAZIONI DI DAN GILLESPIE SELLS | LIBRETTO DI TOM MACRAE
DA UN’IDEA ORIGINALE DI JONATHAN BUTTERELL
con
BARBARA COLA – Margaret New
FRANCO MANNELLA – Hugo/ Loco Chanelle
LUDOVICA DI DONATO – Ray
LISA ANGELILLO – Miss Hedge
BENEDETTA BOSCHI – Pritti Pasha
UMBERTO NOTO – Drag/Padre di Jamie
SEBASTIAN GIMELLI MOROSINI – Drag
DAMIANO SPITALERI – Drag GIOVANNI ABBRACCIAVENTO – Dean Paxton
ENSEMBLE ANDREA SPATA – Cy | ELENA BARANI – Bex | ROBERT EDIOGU – Levi
GIOVANNI ERNANI DI TIZIO – Mickey | ERICA MARINIELLO– Vicky
Come tu mi vuoi: la verità è un fatto di prospettiva
Come tu mi vuoi, è un dramma di Luigi Pirandello scritto alla fine degli anni ’20 del novecento che prende spunto da un fatto di cronaca avvenuto tre anni prima.
Si tratta di una delle opere di Pirandello forse meno conosciuta e meno battuta a teatro.
A riportarla in scena, con un cast di ottimo livello, è una coproduzione importante, costituita da Teatro Stabile di Catania, Teatro della Toscana Teatro Nazionale, Tradizione e Turismo srl – Centro di Produzione Teatrale – Teatro Sannazzaro.
Nei panni dell’ignota, protagonista del dramma, una potente ed efficace Lucia Lavia, giovane attrice di talento che sta portando avanti un percorso professionale molto impegnativo e altrettanto interessante.
Al centro dell’opera pirandelliana è il concetto della verità e della inafferrabilità.
Protagonista di Come tu mi vuoi è una donna enigmatica e misteriosa (Lucia Lavia) che conduce una vita mondana a Berlino presso la casa del suo amante (il signor Salter/Francesco Biscione) e che pare avere un rapporto intimo anche con la figlia di lui (Mop/Alessandra Pacifico).
Durante una delle solite feste in cui l’ignota chiamata Elma, si lascia andare al bruciante effetto dell’alcool, viene avvicinata da un uomo (Boffi/Paride Cicirello) che la riconosce come Lucia, moglie di un suo caro amico italiano (Bruno Pieri/Pielruigi Corallo), scomparsa dieci anni prima a seguito dei bombardamenti della guerra.
E’ l’occasione per la donna di rifarsi una vita in Italia. Qui, la donna scopre che le reali motivazioni che muovevano il marito a cercarla così disperatamente non erano l’amore e il dolore per la mancanza, ma meri interessi personali.
A quel punto Lucia mette in atto un intricato meccanismo per gettare le menti di tutti nello scompiglio facendo fare a ognuno i conti con la “verità-in-cui-crede”.
L’occasione le è data dall’arrivo del suo amante Salter, accompagnato da un medico (Nicola Costa) e da una donna con evidenti problemi mentali e cognitivi (Alessandra Pacifico)che lui afferma essere la vera Lucia.
Lucia/L’ignota riuscirà a insinuare in tutti i presenti il dubbio sulla propria reale identità, lasciando ognuno in balia dell’incertezza e senza mai svelare la verità.
Come tu mi vuoi presenta uno dei temi cardini della speculazione pirandelliana, quello della ricerca (vana) della verità.
Ognuno è sconosciuto anche a se stesso e appare agli occhi e al giudizio degli altri non per chi è, ma per chi gli altri si aspettino che sia.
La verità è un concetto inafferrabile, una meta irraggiungibile che si sposta sempre più in là ogni volta che pensiamo di averla afferrata.
“Non facciamo altro che mentire”: a noi stessi e agli altri. Mentiamo cercando di apparire come vorremmo che gli altri ci percepissero e mentiamo quando pensiamo di conoscere gli altri, perché la verità, pur essendo sempre davanti a noi, si nasconde ai nostri occhi e muta col mutare del punto di vista.
La stessa ignota del dramma è un corpo senza nome sbattuto qua e là dalla vita che sembra subire passivamente, animata ogni volta dai sentimenti e dalle opinioni che gli altri hanno nei suoi confronti.
Lei stessa afferma di non conoscersi, di non sentirsi una, continuamente sballottata tra l’idea che ha di se stessa, quella che vuole dare agli altri e quella che gli altri hanno di lei.
“Ciò che rappresento per gli altri, è davvero ciò che sono? O forse posso illudere chiunque di essere ciò che non sono?”. E’ qui il gioco sottile, crudele e perverso, su cui si basa la riflessione dell’autore di Girgenti.
Un gioco che L’ignota, già turbata e confusa dall’arrivo di Boffi a Berlino, ma anche eccitata all’idea di poter cambiare vita, mette in atto una volta giunta in Italia quando capisce che le motivazioni che hanno spinto il marito Bruno a cercarla sono di interesse economico e non mosse da affetto.
Allora diventa Lucia per affrontare coloro che tale vogliono crederla, usando la finzione come arma contro la manipolazione.
Nel momento in cui Lucia comprende ciò, sceglie di abbandonare l’ipocrisia provinciale della famiglia veneta per tornare a Berlino dove, sebbene priva di soddisfazioni umane e affettive, almeno le persone appaiono per come sono.
Per tutto il tempo la verità è sotto gli occhi di tutti, ma si nasconde tra menzogne e apparente follia, decidendo di rimanere celata, facendo credere a ognuno ciò in cui vuole credere.
Come tu mi vuoi è un testo ostico, forse scomodo, ma capace di suscitare dubbi e riflessioni intime e destabilizzanti.
Lucia Lavia lo affronta con grande personalità e carisma, interpretando una femme fatale di quei tempi in un noir anni ’40 dal grande impatto cinematografico.
La sua ignota abbraccia le sfumature della confusione e della follia per poi accendere i colori sgargianti dell’astuzia.
I movimenti coreografici creati per lei da Noa e Rina Wertheim – Vertigo Dance Company e interpretati con uguale grazia ed energia, esaltano quasi fino all’esasperazione i sentimenti e le sensazioni contraddittorie di una donna che, nella ricerca della propria identità personale, è continuamente tirata da una parte all’altra da contendenti opposti, come in un tiro alla fune lungo ed estenuante.
Nella sua voce e nelle sue movenze c’è un che di austero e grave che richiama le grandi attrici del passato, ma anche una nuova luce, una potenza giovanile e creativa che donano al personaggio una unicità propria e caratteristica.
Con lei sul palco un cast di ottimi attori che sanno gestire e far vivere la scena con potenza ed efficacia: FrancescoBiscione, Alessandra Pacifico (che, oltre a Mop, interpreta con incredibile verosimiglianza la povera donna malata di mente che si vorrebbe far passare per la vera Lucia), Paride Cicirello, Nicola Costa (un giovane e il dottore), Alessandra Balletta (un giovane e Masperi), Alessandra Costanzo (Zia Lena), Bruno Torrisi (Zio Salesio), Pierluigi Corallo (Bruno Pieri), Isabella Giacobbe (Ines, la sorella).
Molto efficace l’adattamento di Gianni Garrera e Luca De Fusco che riesce a focalizzare tutto il tempo l’attenzione sui concetti dominanti espressi da Pirandello.
La regia di Luca De Fusco, poi, contribuisce a creare un ambientazione noir, stile film giallo degli anni ’40 grazie anche alla collaborazione con Marta Crinolini Malatesta per la scenografia giocata su diversi livelli visivi: una piano oggettivo, potremmo dire, dell’azione come si svolge sulla scena, e diversi piani soggettivi proposti sotto differenti prospettive, attraverso la presa diretta in primo piano della protagonista incorniciata in due quadri e la frammentazione e moltiplicazione dell’immagine attraverso l’uso di specchi e ologrammi multipli (opera di Alessandro Papa) della sua immagine mentre esegue i movimenti coreografici proiettati sul velatino.
Parte integrante dell’impianto scenico è il disegno luci di Gigi Saccomandi che accentua il senso di disgregazione dell’identità personale della protagonista e il suo non riconoscersi in nessuna delle identità che le vengono assegnate dagli altri, completando l’effetto cinematografico della messa in scena senza però sottrarla alla teatralità.
Le musiche di Ran Bagno, dominate dall’uso degli archi, contribuiscono alla creazione di un’atmosfera cupa e misteriosa.
Il regista Luce De Fusco non perde di vista anche gli elementi esterni alla storia, quelli di ambientazione, riuscendo a rappresentare, così come Pirandello lo scrisse, il contrasto tra la vita mondana della Berlino del primo dopoguerra e la realtà provinciale dell’Italia settentrionale.
Infine, da citare l’apprezzabile lavoro sui costumi operato da Marta Crinolini Malatesta.
Teatro Stabile di Catania, Teatro della Toscana Teatro Nazionale, Tradizione e Turismo srl – Centro di Produzione Teatrale – Teatro Sannazzaro presentano
LUCIA LAVIA
COME TU MI VUOI
di Luigi Pirandello con FRANCESCO BISCIONE ALESSANDRA PACIFICO PARIDE CICIRELLO NICOLA COSTA ALESSANDRO BALLETTA ALESSANDRA COSTANZO BRUNO TORRISI PIERLUIGI CORALLO ISABELLA GIACOBBE
adattamento Gianni Garrera e Luca De Fusco
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Gigi Saccomandi
musiche Ran Bagno
movimenti coreografici Noa e Rina Wertheim – Vertigo Dance Company
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