L’Iliade o sia il riscatto di Priamo: cunto e teatro dei pupi a scena aperta nel lavoro dei Cuticchio
L’Iliade o sia il riscatto di Priamo è il racconto dell’Iliade attraverso il celebre teatro dei pupi di Mimmo Cuticchio, che ne cura adattamento scenico e regia.
Insieme a lui, Giacomo Cuticchio, Tania Giordano, Giuseppe Graffeo e un’orchestra di sette elementi.
Lo spettacolo si inserisce all’interno della IV edizione della rassegna “sotto l’Angelo di Castello: danza, musica, spettacolo”, ed è andato in scena nella suggestiva cornice del Cortile Alessandro VI.
Grazie al Direttore generale MuseiMassimo Osanna e ad Anna Selvi che cura la rassegna, “sotto l’Angelo di Castello: danza, musica, spettacolo” mette in comunicazione arte, spettacolo e siti storici facendo interagire attori, danzatori e musicisti con gli spazi del museo in un dialogo con il pubblico.
L’Iliade o sia il riscatto di Priamo è una messa in scena con i pupi pensata da Mimmo Cuticchio per il tradizionale Teatro dell’Opera dei Pupi.
Il racconto epico si fonde con il contemporaneo attraverso l’arte dei pupi creati sulle figure dei greci e dei troiani, nel rispetto di quei canoni tradizionali che la Famiglia d’arte si tramanda di generazione in generazione.
L’innovazione, se così possiamo dire, o, comunque, l’elemento distintivo nella messa in scena di Cuticchio è l’accostamento del cunto siciliano al teatro dei pupi a scena aperta.
La messa in scena con i pupi è pensata non per il piccolo boccascena ma per il grande palcoscenico.
Manovrare i pupi a vista al di là del piccolo boccascena del teatrino è un espediente che consente di aprirsi sulla grande scena, dando risalto e potenza al racconto.
Mostrarsi al pubblico, svelando ciò che di solito viene celato dal piccolo boccascena, osservare i pupari in azione in scena, studiarne i movimenti, i gesti; vedere come si muovono tra le scenografie, scorgerne la concentrazione, non toglie nulla alla suggestione del racconto, anzi aggiunge la curiosità verso la scoperta di meccanismi spesso celati al pubblico.
L’arte del puparo è una tecnica “segreta” che sta nella sua capacità di dare voce ai personaggi generalmente celati.
Mimmo Cuticchio, invece, forte della propria decennale esperienza di cuntista e narratore, sostiene che la presenza fisica dell’attore, i suoi movimenti, la mimica, esaltino il ritmo del racconto e abbiano un maggiore potere suggestivo sul pubblico.
Tutto ciò, non toglie nulla all’artigianalità del mestiere di puparo.
In L’Iliade o sia il riscatto di Priamo, l’azione si svolge su tre piani scenici: gli uomini/pupi, i sacerdoti/pupari e gli dei/attori.
I manianti (così si chiamano nell’Opera dei Pupi Siciliani coloro che utilizzano le loro mani per trasmettere i movimenti ai pupi attraverso i ferri e il filo di manovra) si muovono sul palco piano, attenti e concentrati, dando vita con le loro mani e le loro voci ai pupi che manovrano entrando e uscendo dalla scena sempre a vista.
Dietro di loro, bellissimi fondali dipinti vengono svelati ad ogni cambio scena.
Sempre a vista sono anche i bellissimi pupi, realizzati e dipinti con estrema artigianalità, preziosi nei loro costumi e curati nei dettagli.
Ad accompagnare la messa in scena e a farne da tessuto narrativo è la armoniosa suite musicale composta appositamente da Giacomo Cuticchio ed eseguita da un’orchestra di sette elementi che suonano vari strumenti, tra i quali: arpa, violino, violoncello, flauto traverso, triangolo, tastiera, sassofono baritono e percussioni.
L’Iliade o sia il riscatto di Priamo affascina e coinvolge lo spettatore in un racconto/rappresentazione che, nel narrare l’amore, le battaglie e le imprese di eroi e antieroi, trasmette suggestione e ardore.
La narrazione appassionata di Mimmo Cuticchio, si fa a tratti esitante e stanca, riproducendo, così, il ritmo di una lunga ed estenuante guerra che logora i nervi e sfianca i corpi, restituendo una quantità di emozioni che dal maniante passano al pupo e arrivano allo spettatore.
L’ILIADE O SIA IL RISCATTO DI PRIAMO dall’Iliade di Omero Figli d’arte Cuticchio adattamento scenico e regia Mimmo Cuticchio con Mimmo Cuticchio, Giacomo Cuticchio, Tania Giordano, Giuseppe Graffeo musiche Giacomo Cuticchio flauto traverso Alessandro Lo Giudice violoncello Paolo Pellegrino sassofono baritono Nicola Mogavero percussioni Giulia Lo Giudice arpa Roberta Casella scene e costumi Tania Giordano luci Marcello D’Agostino produzione Figli d’Arte Cuticchio
Per il quinto anno consecutivo abbiamo avuto il piacere di far parte della giuria del concorso di corti teatrali Idee nello Spazio, presso il Teatro Lo Spazio di Roma sotto la direzione artistica di Manuel Paruccini e l’organizzazione di Antonella Granata.
Un concorso nato in sordina nell’estate del 2020 e che ha rischiato di essere schiacciato dalla pandemia scoppiata proprio quell’anno, ma che, invece, è cresciuto nel tempo acquistando qualità e valore sempre maggiori.
L’intento del concorso è quello di individuare dei corti che, distinguendosi per una serie di elementi creativi, interpretativi e di messa in scena, siano poi suscettibili di essere approfonditi e sviluppati in una versione lunga che sarà poi messa in scena nella prossima stagione del Teatro Lo Spazio.
Il concorso è anche una rassegna teatrale che dà un’idea delle diverse direzioni in cui va la drammaturgia italiana e che offre la possibilità ad autori, compagnie, attori e attrici di mettersi alla prova e testare il proprio lavoro davanti a un pubblico e a una giuria di esperti del settore composta da drammaturghi, attori, attrici, performer, critici teatrali e operatori teatrali a vario titolo.
Durante le serate sono nati confronti interessanti, a volte accesi, tra i partecipanti in gara, il pubblico e i membri della giuria presenti ogni sera.
A tal proposito citiamo alcuni dei membri della giuria che si sono alternati nelle varie serate: Tiziana Foschi, Patrizia Schiavo, Flaminio Boni, Alessandro Cecchini, Annalisa Favetti, Paolo Talone, Emiliano Metalli, Daniele Trombetti, Daniele Locci, Mark Biocca, Giuseppe Brancato, Francesco D’ Alfonso, Goffredo Maria Bruno, Alessandra Micciche’, Ivan Olivieri, Silvia Califano, Elena Fiorenza.
L’edizione di quest’anno si è rivelata carica di energia e di grande fermento, non solo da parte dei partecipanti in gara, ma anche del pubblico accorso nella sala teatrale di San Giovanni.
Dei 24 corti in gara, i sette arrivati in finale dopo una semifinale agguerrita, si sono dimostrati progetti originali di grande interesse e con caratteristiche molto diverse tra loro, ma tutte molto interessanti e stimolanti.
Tre i corti vincitori che saranno inseriti nella programmazione della prossima stagione che sarà presentata il 18 settembre
Al primo posto si è classificato inVIOLAta di Teresa Cecere e David Marzi con Maria Barnaba, Sandra Di Gennaro, Ilenia Sibilio.
inVIOLAta è un testo bellissimo, ottimamente scritto, che affronta l’abuso sessuale contro le donne dalla Sicilia degli anni ’60 ai giorni nostri e lo fa in una maniera originale, con una drammaturgia che è parola, ma anche suono, percussione e movimento.
Le tre attrici in scena, giovanissime, sono straordinariamente brave non solo dal punto di vista della recitazione, ma complessivamente, per espressività, tonalità, accenti, intenzione e movimento scenico.
Lo spettacolo ha vinto anche il premio del pubblico.
Al secondo posto Sotto quale stella di Livia Amatucci, con Livia Amatucci, Andrea Casanova Moroni, Giorgia Brunori, Martina Merenda, Stefano Annunziato, Andrea Carpiceci.
Il testo affronta, sotto un punto di vista particolare e trasversale, la maternità, ma, soprattutto, l’aborto.
Al terzo posto si è classificato Ero Chiara di e con Chiara Alonzo a cui va anche il Premio Miglior interprete femminile.
Miglior interprete maschile è stato Luca Ceresani a cui è andato anche il premio per il Miglior Testo per La Terra, un testo fortemente evocativo.
Infine, il Premio Spazio Giovani è stato assegnato a La voz del Alma di Luigi Facchino con Giovanni Cordì, Alessandro Valerio, Giulia Sanna, Veronica Stradella, Antonio Passaro.
La vox del alma è un testo allegorico e metaforico potente e suggestivo che rappresenta con forza il senso di vuoto che l’autore vuole trasmettere e approfondire. Molto interessante, poi, la scelta musicale.
Per quanto riguarda un approfondimento personale, che vada al di là del concorso e delle premiazioni, non si può non riconoscere il talento di Giovanni Cordì, protagonista non solo del corto La vox del alma, ma anche di un altro bel corto in gara, sempre di Luigi Facchino, dal titolo Doppio Gioco, in cui Giovanni è in scena col bravo Giacomo Doni.
Cordì ha una capacità attoriale affascinante, capace di mutare registro dal serio al faceto nel tempo di una giravolta ed espressione in un battito di ciglia.
Cordì, infatti, oltre alle doti attoriali, possiede una espressività e una gestualità sorprendenti che riesce a controllare con grande consapevolezza insieme anche all’uso del corpo che gli consente di esprimersi in movimenti scenici molto interessanti.
Altro corto che vorremmo mettere in luce è Linee di Arianna Cozzi più che per l’interpretazione e la messa in scena, su cui ancora c’è da lavorare (soprattutto su quella maschile), per il testo che risulta essere davvero incalzante ed efficace e fa riflettere sul conflitto israelo palestinese.
Anche quest’anno il Concorso Idee nello Spazio, ha riservato grandi sorprese, con lavori e interpretazioni molto interessanti, come anche si compiace il Direttore Artistico del Teatro Lo Spazio, Manuel Paruccini: “ Sono molto contento che il concorso cresca in qualità di anno in anno e che la community di artisti che si sta creando intorno al Teatro Lo Spazio partecipi alle serate sempre con grande coinvolgimento”.
Il Giardino delle Esperidi è un festival di performing art nel paesaggio organizzato da Campsirago Residenza con la direzione artistica di Michele Losi, giunto alla sua ventesima edizione e andato in scena dal 21 al 30 giugno 2024.
Un festival itinerante e diffuso che, abbracciando teatro, musica, danza, poesia, ha animato i borghi e i sentieri del Monte di Brianza attraversando i comuni di Colle Brianza, Ello, Olgiate Molgora, Olginate, Sirtori e Valgreghentino e, ancora, il Parco del Monte Barro (Galbiate) e il Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone (LC).
Il tema di quest’anno è stato il cammino, segnando un ritorno alle origini contraddistinto da una maggiore consapevolezza.
Nato come teatro nella natura, sviluppatosi come teatro nel paesaggio, Il Giardino delle Esperidi Festival si è arricchito negli anni di esperienze immersive che lo hanno portato ad analizzare e approfondire il tema del cammino sotto molteplici sfaccettature, riuscendo a contemperare teatro, natura e nuove tecnologie in un’ottica in cui lo strumento non soffoca mai i contenuti poetici.
Quella di quest’anno è stata un’edizione davvero “in cammino”, che ha portato il pubblico ad attraversare a piedi paesaggi naturali e urbani, scoprendo o riscoprendo attraverso l’arte un territorio ancora incontaminato.
Teatro e performance in cammino nella natura della Brianza lecchese: cammino come percorso sempre in divenire; cammino come preludio al rituale, che sarà probabilmente il tema dell’anno prossimo.
Proprio dedicata al tema del camminare è la nuova performance itinerante di Campsirago Residenza che è andata in scena al festival in quattro luoghi differenti e in due diverse versioni per gli spazi urbani e per quelli naturali: Just Walking Urban Spaces e Just Walking get forested, sono delle riflessioni in cammino attraverso gli stimoli di grandi scrittori che hanno tracciato vie filosofiche, poetiche e letterarie del camminare.
Just Walking è una vera e propria immersione nel paesaggio e in se stessi; un’indagine, una riflessione sulle forme del cammino; un percorso site specific all’insegna della riappropriazione dello spazio pubblico, naturale e urbano.
Camminare consente di perdersi nei ricordi. Camminare chiede ogni volta di riorientarsi, orientarsi di nuovo.
La camminata è il ritmo volontario che più si avvicina ai ritmi involontari quali il respiro e il battito cardiaco. Camminare significa riappropriarsi degli spazi urbani e paesaggistici; camminare ci permette di riappropriarci di noi stessi, della nostra città e di perderci in essa. Camminando il pensiero vaga. è libero di poter andare dove vuole.
Il Giardino delle Esperidi Festival 2024 in otto giorni ha proposto 16 titoli per un totale di oltre 30 repliche che spaziano dal teatro immersivo nel paesaggio, alla danza e alle nuove tecnologie, alla prosa, alla performing art sperimentale, ma anche banchetti partecipativi e teatro per le nuove generazioni. Inoltre, nel decennale del suo debutto in Italia, si è scelto di riproporre l’esperienza di Hamlet Private in tutti i comuni del festival.
Quello del 28, 29 e 30 giugno, è stato un lungo e intenso fine settimana trascorso nei colli e nelle valli della Brianza, a stretto contatto con la natura e condividendo tempo, spazi e pasti con le compagnie in scena, con molti operatori teatrali e critici e con il pubblico.
In tre giorni siamo riusciti ad assistere a diversi e importanti spettacoli e a partecipare a performance artistiche nella natura e a cammini negli spazi urbani e nel paesaggio.
Le due proposte che indubbiamente hanno riscontrato il nostro maggior gradimento e interesse per scrittura, drammaturgia, interpretazione e messa in scena sono stati Dialogo con la morte della compagnia Is Mascareddas e Hamelt private di Campsirago Residenza con Anna Fascendini e Giulietta De Bernardi.
La compagnia sarda Is Mascareddas, vincitrice nel 2023 del Premio Speciale UBU, ha portato in scena lo spettacolo Dialogo con la morte, con Antonio Murru e i burattini di Donatella Pau.
La Morte, personaggio storico ed emblematico del teatro di burattini, è impegnata in alcuni lavori domestici e instaura con il pubblico un dialogo sul proprio lavoro, sui sacrifici che comporta e sul rapporto con sua sorella, Vita.
Con ironia, sarcasmo e una certa dose di sfrontatezza, questo spettacolo, scritto da Elisabetta Pau e Marco Sanna e diretto da quest’ultimo, affronta le domande dell’uomo sulla morte.
A proposito della compagnia Is Mascareddas, poi, molto interessante è stato anche l’incontro con Antonio Murru mediato da Walter Porcedda.
Nel decennale del suo debutto in Italia, Hamlet private ha animato tutti i comuni del festival.
Hamlet private è un’esperienza sorprendente, toccante.
Anna Fascendini e Giulietta De Bernardi propongono una performance unica nel suo genere per uno spettatore alla volta: un’esperienza privata e personale alla ricerca dell’Amleto che è dentro di noi.
Attraverso ventidue carte create da loro e diverse per ognuna di loro, Hamlet private conduce lo spettatore in un viaggio dentro se stesso sulle orme di Amleto in un percorso in cui a dover essere affrontati e sciolti saranno i suoi dubbi in una riscrittura personale del dramma shakesperiano.
Colpisce moltissimo il lavoro di analisi intorno alla creazione del mazzo di carte attraverso il quale le due artiste riproducono gli elementi essenziali della drammaturgia di Amleto, ma, soprattutto, sorprendono la sensibilità e l’empatia con cui esse entrano in contatto con lo spettatore, guidandolo in una profonda riflessione su se stesso e su l’Amleto che è in lui.
L’esperienza che più ci ha impegnato fisicamente e mentalmente, è stata quella del cammino, tema centrale, lo si è scritto, di tutto il festival.
Le tre performance in cammino, Just Wallking Urban Spaces, Just Walking Get Forested e Il sentiero delle acque sono quelle che più ci hanno restituito un senso di libertà, ma anche maggiore richiesta di concentrazione.
Camminare senza meta, vagabondare, consente all’individuo di riappropriarsi degli spazi urbani e paesaggistici instaurando un dialogo con se stesso, impegnandosi, così, in una profonda riflessione che richiede una coscienza attiva.
JUST WALKING Urban Spaces è una performance di Michele Losi, con Michele Losi e Stefano Pirovano, le musiche originali di Luca Maria Baldini e Nori Tanaka; testi di Michele Losi con la collaborazione di Sofia Bolognini.
In questa perfomance, camminare diventa un atto politico, in continuità con tutti quegli eventi storici e sociali che hanno utilizzato il camminare come atto di presenza attiva nella società, come pratica collettiva e comunitaria.
Un atto politico che conduce a un mondo meditativo.
Just Walking Get Forested con musiche live di Luca Maria Baldini è, invece, una performance per gli spazi naturali: un percorso che connette il Monte di Brianza al Parco del Monte Barro e al bellissimo e antico eremo di san Michele.
Il sentiero delle acque è un’installazione sonora, drammaturgica, poetica e musicale fruibile da chiunque gratuitamente camminando lungo il sentiero, utilizzando il proprio smartphone semplicemente inquadrando il QR code che incontrerà lungo il percorso.
Un percorso digitale che parte dal borgo di Mondonico (comune di Olgiate Molgora) e, seguendo il sentierone in direzione del San Genesio, arriva quello di Campsirago (comune di Colle Brianza)
Un’opera di land art virtuale dal grande valore naturalistico, per la presenza di vie di acqua e per le sue ricchissime fauna e flora costituite da alcune specie delicate da tutelare proteggere e dall’alto valore storico sia per parte del selciato risalente epoca romanica sia per la presenza di preziose rocce che presentano incisioni rupestri.
L’installazione è stata creata da Michele Losi con le musiche di Luca Maria Baldini, voce narrante Sebastiano Sicurezza, prodotta da Campisirago Residenza ed è un percorso che offre un alto livello riflessione e meditazione.
Attraverso le performance Just Walking Get Forested e Il sentiero delle acque, abbiamo fatto esperienza della pratica filosofica dell’inforestamento.
Inforestarsi significa, secondo Morizot, entrare nella foresta tanto quanto essa si trasferisce in noi. Si tratta di un doppio movimento in cui noi andiamo verso di essa ed essa si muove dentro di noi.
Inforestarsi significa vivere in profondità, succhiare la vita, dimenticare le occupazioni e i pensieri quotidiani e vivere la vita nelle relazioni con le altre persone e gli altri esseri e le cose che ci sono intorno.
Molto interessante il lavoro Il corpo della lotta, progetto di Carlotta Viscovo, con Carlotta Viscovo e Ettore Greco, drammaturgia Angela Dematte’.
Il corpo della lotta è una performance site-specific dello spettacolo teatrale L’estasi della lotta che debutterà in autunno al FIT di Lugano.
Attraverso il rapporto tra Camille Claudel e il suo maestro e amante Auguste Rodin si indaga sul legame tra movimento corporeo e scultura, tra vita e arte.
Il corpo della performer si fa soggetto, ma anche strumento di ispirazione in uno stretto rapporto tra corpo e rappresentazione, ispirazione e creazione, ma anche in un serrato contrasto tra la dimensione personale e il ruolo politico dell’artista, tra l’arte e il mercato.
Una performance intensa e tesa in cui Carlotta Viscovo fa un grande sforzo rappresentativo, ma anche Ettore Greco riempie la scena col suo silenzio e i propri disegni.
Intensa prova fisica e idea suggestiva quella che è alla base dello spettacolo dei Motus, Of The Nightingale I Envy The Fate (Dell’usignolo invidio la sorte), con Stefania Tansini, ideazione e regia Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande.
Il mito di Cassandra, profetessa inascoltata, viene ricondotto alla sfera animale, del selvatico. Il suo lamento, paragonato nell’Orestea dal corifeo al canto dell’usignolo, diventa qui una performance-grido tragica ed esasperata in cui la Tansini profonde tutte le proprie energie nei movimenti del corpo, nel fiato e nella voce.
Interessante la nuova creazione di Maura Di Vietri, prodotta da Fattoria Vittadini,FLUX full experience, presentata in prima regionale.
Un lavoro durato tre anni e confluito in quindici minuti di performance, di cui cinque di realtà virtuale attraverso un visore e dieci di performance dal vivo.
L’idea è quella della ricerca del proprio animale guida attraverso un viaggio visionario in un mondo sotterraneo popolato da animali diversi.
Una volta trovato il proprio animale guida, avviene una fusione tra i due soggetti che porta alla creazione di un ibrido in cui uomo e animale, connettendosi, formano un tutt’uno.
Una performance suggestiva che unisce il virtuale il reale portando lo spettatore ad attraversare i due mondi.
Invita alla riflessione e all’introspezione l’installazione teatrale Arcipelago di Teatro Telaio (tout public).
A cura di Angelo Facchetti e Francesca Franzè, Arcipelago è un’installazione composta da tante piccole tende che celano oggetti e biglietti, piccole metafore esistenziali. Ognuna di queste piccole isole invita alla riflessione e alla elaborazione di emozioni ed esperienze vissute che hanno lasciato un segno dentro lo spettatore.
Guarda, senti, racconta: ogni isola invita alla riflessione, a raccontare un desiderio o a spiegare una motivazione invitando il soggetto a fare un viaggio dentro se stesso.
Il Giardino delle Esperidi Festival è un festival immersivo nella natura e in se stessi.
Da sempre il festival mette al centro della propria riflessione l’uomo come tutt’uno con la natura, perfettamente integrato nell’ambiente in cui vive in un rapporto simbiotico col paesaggio e il mondo naturale che abita.
Ogni spettacolo o installazione, ogni esperienza che viene presentata e vissuta al Giardino delle Esperidi volgono a considerare l’essere umano come parte del tutto in un rapporto paritario con la natura.
Il Festival può essere considerata un’esperienza totalizzante di compenetrazione tra individuo e natura attraverso passaggi preparatori, percorsi di introspezione, momenti di riflessione condivisi e momenti di partecipazione collettiva.
Forte della sue storia ventennale, Il Giardino delle Esperidi Festival è un festival incentrato non sulla successione di singole produzioni autonome tra loro, ma sulla coerenza delle riflessioni e delle relazioni in riferimento a determinati temi.
Quest’anno il tema, abbiamo scritto, è stato il cammino, ritornando ai propositi originali che diedero vita al Festival venti anni fa, ma con un approccio più maturo, strumenti più contemporanei e una consapevolezza più adulta.
L’anno prossimo sembra che il tema sarà il rituale e possiamo solo immaginare quali tipo di esperienze immaginifiche e suggestive, oltre che culturalmente vive e apprezzabili potremo fare.
Nel frattempo Michele Losi, direttore artistico del festival, e il gruppo di Campsirago Residenza sono già in giro tra Italia e Gran Bretagna per festival e cammini, ricerca e incontri, esperienze che certamente, in un modo o nell’altro, confluiranno nel festival dell’anno prossimo.
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