Cyro Rossi, attore, regista e acting coach è recentemente è alla ribalta con il corto Sono io, un bellissimo e potente lavoro sul Covid19 che condensa, in soli 4’e 32” un realismo lucido e a tratti brutale, le emozioni, le paure e la disperazione che questa pandemia ha provocato, con conseguenze nefaste per la salute e l’economia mondiale.
Cyro Rossi possiede uno stile registico distintivo che lo avvicina al neorealismo seppur rivisitato in forma personale dove non mancano citazioni illustri. E’ senza dubbio uno stile realistico, lucido e senza filtri, con trame che raccontano le storie delle persone semplici, spesso in situazioni disperate, spesso con lunghe riprese all’aperto.
Colpito dal suo lavoro, ho deciso di intervistarlo e lo ringrazio per la immediata disponibilità.
Cyro, nei tuoi cortometraggi affronti temi forti e impegnati, dal maltrattamento delle donne ai minori dispersi, dalla problematica dell’inquinamento alla della distorsione dell’informazione.
In Buscije (2016) racconti il sogno di una ragazza (sogno comune a tante) che dal sud Italia si trasferiscono a Roma per fare l’attrice, ma dovrà fare i conti con un ambiente artificiale e una madre oppressiva e determinata e, soprattutto, con se stessa e la propria fragilità. Non temi che, utilizzando alcuni soggetti, come la giovane aspirante attrice di bella presenza che si trova a dover scegliere se scendere a compromessi; il sesso come merce di scambio, ma anche come valvola di sfogo, qualcuno ti possa accusare di utilizzare dei cliché?
Mi è stato già detto. Il pericolo nel raccontare una simile storia è alto, perché devi riuscire a non essere banale, volgare o scontato. Buscije, è il mio primo corto, del 2016, mi è piaciuto molto lavorarci. Ho cercato di raccontare il gusto che deve avere un autore ad affrontare certi temi e devo dirti che il complimento più bello che abbia ricevuto è stato che sembra girato da una donna. Io trovo che Buscije, nonostante qualche buco di sceneggiatura che ammetto, sia un lavoro che abbia gusto. Il gusto di raccontare le cose di noi italiani non lo batte nessuno al mondo, ad ogni livello: nella scenografia, nei costumi nella fotografia e Buscije ha una fotografia stupenda. Poi, c’è dentro questo rapporto con le madre, che è una madre anaffettiva e critica, una madre assente. La protagonista trova conforto alla sua solitudine, al suo bisogno di calore, nell’accoglienza di un abbraccio.
Arrubiu è qualcosa di completamente diverso: qui solo musica, balli e colori. Una sorta di celebrazione, di rito ancestrale di rinascita. Quali sono le cose, gli eventi, le sensazioni che suggestionano il tuo lavoro?
Arrubiu è nato spontaneamente, in Sardegna: mi avevano invitato a tenere un seminario come acting coach su regia e il lavoro sul corpo insieme ad un’altra collega. Parlando con queste attrici dicevo che mi attirava il posto, soprattutto la parte selvaggia. Dopo il seminario, andammo in questo posto meraviglioso, nelle saline abbandonate, con la telecamera a braccio. Un posto stupendo, con i fenicotteri. Cominciammo a riprendere, con un tramonto pazzesco (arrubiu significa colore rosso intenso) e andammo d’istinto, anche cullati dall’energia che avevamo scoperto durante il seminario. Poi siamo ritornati all’alba, anche con un’altra attrice musicista col violoncello; era tutto improvvisato. Alla fine è diventato un video art sull’improvvisazione. Mi sono lasciato trasportare dalla sensazione, dalle danze, dalla musica, da quel clima di antichità.
In Binario 4 torna il bianco e nero per raccontare qualcosa che accade ogni giorno sotto i nostri occhi. Il corto affronta il tema sconcertante della sparizione di bambini. Questo, come un po’ tutti
Sono io, invece, è un corto potente e di grande impatto emotivo, in cui gli attori danno voce al Covid19 e raccontano questa pandemia dal punto di vista del carnefice e non della vittima.
I tuoi lavori raccontano i dolori di ogni giorno, la vita di ogni giorno nella sua apparente banalità e crudeltà. Allo stesso tempo, cercano di superare l’impotenza e l’indifferenza verso certe tematiche. Come si sviluppa il tuo processo creativo? E’lo stesso per tutti i corti? Da cosa può nascere l’ispirazione?
Parte tutto da ciò che leggo. Leggo molto e tutto ciò che mi colpisce lo voglio poi portare sul video. Ho letto del numero incredibile di bambini che spariscono nel mondo (qui nel corto si parla di Italia e Europa) e queste sparizioni avvengono spesso all’interno delle stazioni. L’ispirazione parte da una lettura, dall’informarsi: mi piace raccontare ciò di cui si parla meno e poi mi piace condividere queste storie. Partendo dai tuoi lavori, proviamo a fornire degli strumenti per poter leggere un film o un corto in generale.
Nei tuo corti usi molto il bianco e nero, a volte in maniera totale altre volte parziale. Lo ritieni più efficace dal punto di vista emotivo, per rappresentare o sottolineare meglio certe emozioni e certi stacchi o ci sono altri motivi?
In Buscije passo dal bianco e nero al colori, per sottolineare che quel momento è un sogno e per fare un omaggio a La Dolce Vita. In generale amo molto il bianco e nero. Sono amante del cinema anni ’30- ’40-’50 e fino agli anni ’60: da Capra a Chaplin a De Sica a Visconti. Il bianco e nero mi trasmette qualcosa, il colore mi distrae. Questo tipo di storie mi sembrano più intense, più calde, più intime. Adoro il bianco e nero, oppure i colori molto saturati, come usa Matteo Garrone. Poi, certo, se si gira una commedia è diverso.
Altro elemento molto presente in alcuni tuoi corti è il silenzio. Lunghi momenti di silenzio vibrante. Anche qui, scelta emotiva?
Io nel silenzio ci trovo una marea di parole. Adoro fare questo tipo di cose. Amo i film di Sergio Leone, quei silenzi, quei fischi. Adoro queste sfumature: non essere troppo letterale, lasciare che il pubblico possa pensare, fare le proprie valutazioni e nel silenzio ti arriva qualcosa di forte.
In una intervista hai affermato: “noi siamo testimoni di questa vita e responsabili della nostra arte”. Ti va di argomentarla alla luce del tuo lavoro?
Noi attori siamo assolutamente testimoni di un momento o un’epoca: non ci mettiamo un’opinione nostra, siamo soprattutto argilla in mano di qualcun altro. Siamo assolutamente responsabili della nostra arte: la responsabilità di metterci la faccia come attore o la firma come autore o regista. Noi tutti siamo responsabili di dire la nostra, di esternare quello che pensiamo.
Parliamo di cinema: oggi, cosa c’è e cosa manca nel cinema italiano?
Io sono abbastanza fiducioso. C’è stato un periodo in cui era veramente scadente. Io penso stiamo ripartendo: negli ultimi anni vedo grandi autori. Non ripetiamo i soliti registi, ma ci sono: da Pietro Marcello, Daniele Luchetti, Matteo Garrone, ci sono tanti bravissimi autori e grandissimi attori e attrici e giovani. C’è una grande qualità, grande gusto, di autori, di sceneggiatori, di stilisti, di scenografi. Io vedo grande qualità; le produzioni dovrebbero avere coraggio di investire sui giovani anche meno noti. Il cinema lo vedo migliorato e può ancora migliorare, la televisione, invece, la vedo male.
Infine: esprimi un pensiero sul futuro del cinema e del teatro italiano.
La situazione al momento è drammatica, speriamo finisca presto. Siamo messi male a livello economico; ok i sussidi, ma la situazione è preoccupante, soprattutto per quelli meno noti, che, magari, non lavorano tanto, ma sono altrettanto bravi. Lì è dura, ti devi inventare duemila lavori; i sussidi arrivano e non arrivano e hanno famiglia anche loro. Mi auguro che finisca presto questa cosa, ma credo ci sarà ancora un po’ da aspettare. Io continuo ad essere fiducioso, lo sono di carattere. Sto scrivendo un lungo e anche un testo teatrale. Io adoro il teatro, passerei il mio tempo solo nei teatri e nelle librerie, coi loro odori e colori. Arriveranno tantissime cose belle sono sicuro, ma, come tutte le cose belle, bisogna saper aspettare.
Grazie mille a Cyro Rossi
Cyro Rossi nasce a Firenze il 29 maggio 1977. Ha vissuto in Germania, Inghilterra, Stati Uniti e Brasile. Tornato a Firenze studia recitazione presso la scuola Imagina di Giuseppe Ferlito. Nel 2011 si trasferisce a Roma dove studia alla scuola Duse metodo Strasberg con Francesca De Sapio.
Compie il salto dietro la macchina da presa nel 2017 con il cortometraggio “Buscije”. Da allora ha realizzato altri cortometraggi: “Binario 4”, “Keep Walking”, entrambi nel 2019 e “A R R U B I U” e la web serie ‘Aut Aut’ nel 2020.
Link al corto Sono Io https://www.youtube.com/watch?v=xhwkD4hMvSE
Si ringrazia Maresa Palmacci, Ufficio Stampa
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