ANIMALI

Continua il successo di Carrozzeria Orfeo nel segno della contemporaneità con Animali da bar

Teatro Piccolo Eliseo

15 gennaio 2019. Prima

La prestigiosa Carrozzeria Orfeo, compagnia tra le più contemporanee e in fermento dello scenario italiano, che unisce l’artigianalità del fare teatro con tutta la sua fatica e manualità, alla volontà di vivere e far vivere un’esperienza onirica, è in scena al Teatro Piccolo Eliseo con una trilogia che è un capolavoro di teatro crudo e reale su un tessuto fortemente ironico.

Dopo l’apprezzatissimo Cous Cous Klan è la volta di Animali da bar, spettacolo del 2015 vincitore del Premio Hystrio Twister nel 2016.

Proseguendo nel segno di un teatro fisico sempre alimentato dall’osservazione e riflessione sulla contemporaneità e all’interno di un percorso emotivo che muove  dall’attore verso lo spettatore coinvolgendolo, Carrozzeria Orfeo propone un altro spettacolo che affonda il suo essere nell’impossibilità dell’uomo di essere felice e realizzato, quasi fosse condannato ad una dimensione di eterna infelicità.

Il riscatto da un’esistenza incompleta, insoddisfacente e sempre sospesa, castrata da limitazioni sociali o imposte da soli a se stessi è una speranza che molto spesso si trasforma in utopia e riservata solo a quei pochi che realmente riescono a prendersi cura attivamente della propria vita.

Continenti, nazioni, regioni, città, quartieri: viviamo inclusi in cerchi concentrici che si stringono intorno a noi sempre di più, ognuno con le sue caratteristiche che, nel passaggio, si fanno da generali a sempre più particolari, limitandoci sempre più ad ogni passaggio di anello.

Macrocosmo e microcosmo si rispecchiano l’uno nell’altro e viceversa. Per comprendere questo specchiamento è sufficiente analizzare una singola, piccola realtà sociale perché raccoglie dinamiche che possono essere applicate poi via via ai sistemi più grandi.

In questo caso viene scelto un bar frequentato, anzi popolato da strani personaggi: un vecchio malato, misantropo e razzista che si è ritirato a vita privata nel suo appartamento e di cui sentiremo solo la voce attraverso un walkie talkie; una donna ucraina dal passato difficile che sta affittando il proprio utero ad una coppia italiana; un imprenditore che gestisce un’azienda di pompe funebri per animali di piccola taglia; un buddista inetto che subisce violenze domestiche dalla moglie; uno zoppo bipolare che deruba le case dei morti il giorno del loro funerale; uno scrittore alcolizzato costretto dal proprio editore a scrivere un romanzo sulla grande guerra.

Alcuni di loro verranno chiamati solo col loro soprannome, imposto, scomodo, non scelto, che ne mette in luce una caratteristica evidente, come a identificare la persona con il difetto che possiede: Gianluca, il bipolare, sarà solo Lo Sciacallo; Guido, il buddista melariano, sarà solo Colpo di frusta, per via del collare che porta a seguito delle botte ricevute dalla moglie; il vecchio malato sarà solo Il Vecchio; Mirca (o Mirka) non ha un soprannome, ma si identifica con la sua passione per le canzoni Disney che tanto cozza col suo carattere scontroso e severo. E poi saranno solo epiteti volgari e parolacce, ma ci sta: Carrozzeria Orfeo ci ha abituati anche a questo. Può non piacere, ma nella vita quante volte usiamo espressioni volgari per imprecare contro le cose che ci succedono e le persone che non ci piacciono?

“D’altronde almeno una mezza dozzina di Cristiani desidera la nostra morte ogni giorno o no? In coda sulla tangenziale… il lunedì mattina in ufficio… chi non vorrebbe torturare il cane del vicino, o schiacciare qualche ciclista di tanto in tanto”.

Sei illusi, sei perdenti, sei esistenze appese e sospese che provano a resistere ai colpi della vita: chi ci crede, chi fa finta di non crederci, tutti nutrono una speranza (è sempre necessario credere in qualcosa), una “maledetta speranza che è come l’erba infestante che cresce e ricresce” e non si può mai estirpare del tutto. E anche se “è nella sofferenza che nasce la speranza”, ingaggiamo ogni giorno una guerra contro qualcuno o qualcosa.

Un bar qualsiasi in una città qualsiasi: all’interno l’occidente si rivela nella sua rabbia e conflittualità, all’esterno l’oriente che incalza con il suo pensiero “zen” e i suoi valori, ormai però piegati alla globalizzazione. Ogni cosa diventa merce, oggetto di contrattazione.

Gli ideali più nobili cadono vittime della corruzione dei tempi: anche chi cerca di impostare la propria vita nel rispetto di questi ideali di umanità e accoglienza si troverà prima o poi fagocitato dalla velocità dei tempi, da dinamiche che divorano l’anima e abbrutiscono inevitabilmente anche lo spirito che sembra più forte.

D’altronde tutti desiderano qualcosa per se stessi e anelano a piacere agli altri: la considerazione degli altri è un desiderio più forte della stessa stima che ognuno potrebbe avere per se stesso. E’più facile piegarsi a ciò che gli altri si aspettano da noi piuttosto che continuare a difendere ciò che si è e ciò in cui si crede, o si pensa di credere.

Animali da bar è un altro bellissimo spettacolo di Carrozzeria Orfeo: cattivo, scorretto, crudele, fantasticamente cinico e per questo così aderente alla realtà. Ottimamente scritto (ha fatto venire in mente uno dei romanzi di Joe R. Lansdale) usa un linguaggio molto diretto (pop? grunge? chiamatelo come volete), reale, fortemente pungente, non perdendo mai di vista  ironia e sarcasmo.

Si ride molto in Animali da bar: si ride degli altri, si irridono gli altri, quelli diversi da noi. Soprattutto è la vita che ride alle nostre spalle. Ride di noi.

Il ritmo è incalzante, sempre alto, circoscritto in due espedienti drammaturgici diversi:  la scena iniziale che cattura subito in un rewind perfetto che fa intendere che assisteremo ad un racconto di ciò che fu prima di un certo evento e una epifania finale che inquadrerà meglio le dinamiche dei personaggi in un cinico meccanismo.

I personaggi sono nitidi, con caratteri specifici e, come sempre, ottimamente interpretati, con forza e coinvolgimento.

Beatrice Schiros come sempre strepitosa, in un personaggio difficile, severo, incattivito, ma ricco di sfumature; Massimiliano Setti sempre magnetico e convincente in ogni ruolo che interpreta; Pier Luigi Pasino “affezionato” a personaggi border line; Gabriele Di Luca impersona l’occidente e il capitalismo; Paolo Li Volsi, in un personaggio scomodo, fastidioso, burattinaio cinico che muove i fili della storia.

La scenografia di Maria Spazzi è essenziale, ma efficace: un bancone da bar ellittico al centro del palco, sgabelli intorno, un tavolino e due sedie e, più in là, un urinatoio, confessionale dei tempi moderni, nascondiglio in cui trovarsi con se stessi o perdersi.

Animali da bar non tradisce le aspettative inserendosi perfettamente nella linea drammaturgica di Carrozzeria Orfeo dopo il recente Cous Cous Klan e il già visto e apprezzato Thanks for Vaselina.

 ANIMALI DA BAR foto di Laila Pozzo 2G2C5106 MEDIA

ANIMALI DA BAR MEDIA 2G2C5004-Edit Laila Pozzo

Animali da bar 

Drammaturgia Gabriele Di Luca

Regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi

Con Beatrice Schiros, Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Pier Luigi Pasino, Paolo Li Volsi

Voce fuori campo Alessandro Haber

Musiche originali Massimiliano Setti

Progettazione scene Maria Spazzi

Costumi Erika Carretta

Luci Giovanni Berti

Produzione Carrozzeria Orfeo in coproduzione con Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Eliseo

 

Si ringrazia l’ufficio stampa del Teatro Eliseo

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