Bartleby

Bartleby, lo scrivano

Teatro Quirino

29 marzo 2022 Prima

Bartleby, lo scrivano: una rinuncia che sa di libertà

Bartleby, lo scrivano è uno dei racconti più famosi di Herman Meliville, scritto nel 1853, due anni dopo il celebre Moby Dick.

In scena al Teatro Quirino, Leo Gullotta è uno straordinario Bartleby, diretto da Emanuele Gamba nello spettacolo di Francesco Niccolini liberamente ispirato al breve racconto di Melville.

Siamo in un ufficio legale molto avviato. L’ufficio è posto in un seminterrato spoglio e buio, illuminato a mala pena da un’unica finestra posta in alto sull’alta parete grigia e tetra.

L’ufficio è arredato in maniera molto semplice ed essenziale, si potrebbe dire molto povera: tre scrivanie ingombre degli strumenti di lavoro, numerosi fascicoli di pratiche impilati a terra e un attaccapanni. Una porta conduce a un piccolo sgabuzzino e al semplice bagno.

Il tintinnio di una musica, che si fa sempre più incessante, scandisce le giornate di lavoro, il tempo che passa nella quotidiana routine grigia, noiosa, sempre uguale a se stessa.

E’ il tempo del lavoro d’ufficio, governato dalla burocrazia e dalle scadenze che si rincorrono l’un l’altra in un meccanismo automatico privo di qualsiasi entusiasmo.

Le lente e anonime giornate di lavoro scorrono tra documenti, atti e scartoffie varie, mentre i tre dipendenti battibeccano continuamente tra loro, sempre per i soliti motivi, sempre nei soliti modi.

I due impiegati, Turkey (Massimo Salvianti) e Nippers (Andrea Costagli), l’uno più efficiente al mattino, l’altro al pomeriggio, dividono malvolentieri la scrivania scontrandosi in continuazione.

Con loro c’è anche una segretaria, la signorina Ginger (Lucia Socci) civettuola e corteggiata dall’uno e dall’altro, ma interessata al datore di lavoro, un avvocato, (Dimitri Frosali) un uomo buono e mite, ma talmente inconsistente che di lui non si conosce nemmeno il nome. 

Conclude il gruppo Rita (Giuliana Colzi), la donna delle pulizie eccessivamente scrupolosa e un po’ impicciona.

Bartleby

Un giorno, viene assunto un nuovo scrivano, Bartleby (Leo Gullotta): non è dato conoscere il resto del nome, né da dove provenga, né sapere nulla del suo passato.

L’arrivo di Bartleby, uomo estremamente silenzioso e solitario, dall’aspetto mite e dimesso, sconvolgerà l’ordine delle cose, destabilizzando tutti quanti.

Dapprima, Bartelby si dimostra solerte lavoratore, preciso e veloce. Poi, d’un tratto, ad ogni richiesta che gli verrà fatta, comincerà a rispondere con la frase “Avrei preferenza di no” con pochissime variazione nel tema, come “Avrei preferenza di rimanere” o “Avrei preferenza di non andare”.

Avrei preferenza di no: Bartleby, col suo atteggiamento calmo, con l’aria innocente, si rifiuta, sempre molto cortesemente, ma senza fornire spiegazioni, di svolgere ogni attività, fino a smettere di lavorare e divenendo un “ospite” non più desiderato nell’ufficio, in cui comincerà a vivere segretamente.

Da quel momento, è come se Bartleby spengesse l’interruttore della propria vita, rimanendo immobile alla sua scrivania, oppure in piedi a guardare la finestra, cercando quell’unico raggio di sole che da essa entra una volta al giorno, beandosi del cinguettio degli uccellini e rosicchiando biscotti di zenzero.

Bartleby si priverà coscientemente di tutto, lavoro, cibo, acqua e relazioni umane, abbandonandosi all’inedia.

Bartleby

Per tutti gli altri, soprattutto per l’avvocato, rimarrà un mistero senza spiegazione e un cruccio che li divorerà dall’interno.

Fino alla rivelazione finale che arriverà quando sarà ormai tardi.

Bartleby è il simbolo dell’uomo che si nega, ripiegando su stesso in un silenzio inspiegabile, eppure mostrandosi al mondo sereno e pacato, forse rassegnato.

In una società, allora come oggi, forse ancora più oggi, dominata dal lavoro, dalla velocità, dall’efficienza a tutti i costi e governata dalle leggi del mercato, della produttività e del profitto, Bartleby è l’uomo che dice no, che rinuncia a partecipare alla “corsa all’oro”, mettendo in crisi un sistema in cui non si riconosce.

Bartleby è l’uomo che, stritolato dall’ingranaggio, ha la forza e il coraggio di uscirne reclamando per sé un’altra vita, un’altra fine.

Nel suo non agire, nel suo sospendersi, Bartleby tenta di operare una sovversione che può, paradossalmente, produrre qualcosa: una presa di coscienza.

Il suo è un abbandono vincente, una rinuncia che sa di libertà.

L’avvocato, forse, potrebbe essere l’unico a comprenderlo: privo di sogni di grandezza e ricchezza, è persona buona e generosa e cerca di aiutarlo in tutti i modi, ma non ha abbastanza spirito, intelligenza e consapevolezza, per capire che quella di Bartleby è una rinuncia alla vita meccanica e ripetitiva dominata dalla produttività a tutti i costi.

BARTLEBY

Leo Gullotta dà un’interpretazione sensibile e toccante di questo personaggio così destabilizzante e confondente che si aggira per l’ufficio con facce buffe e una vaghezza sognante e distaccata.

Il suo Bartleby è davvero un uomo mite e dignitoso, pacato e sereno, felicemente inoperoso che riesce a comunicare con lo sguardo e le espressioni un mondo interiore profondo e disperato, creando un rapporto di empatia con lo spettatore.

Con lui, in scena, un bellissimo cast di attori e attrici, che creano situazioni divertenti che contrastano con l’atteggiamento confondente di Bartleby: Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Guiliana Colzi, Lucia Socci e Massimo Salvianti.

La regia di Emanuele Gamba riesce a far emergere le dinamiche contrastanti tra i personaggi.

Le scene di Sergio Mariotti danno quel senso di altezza e profondità abissale che crea distanza dal mondo, delicatamente illuminate dalle belle luci di Marco Messeri.

Pur nel dramma della storia, Bartleby, lo scrivano è uno spettacolo delicato che infonde tenerezza e calore e stimola una riflessione sui nostri tempi consumati a morsi, in cui ingoiamo tutto senza assaporarne il sapore.

Arca Azzurra Produzioni

presenta

LEO GULLOTTA

BARTLEBY LO SCRIVANO

di Francesco Niccolini

liberamente ispirato al racconto di Herman Melville

con

GIULIANA COLZI   ANDREA COSTAGLI   DIMITRI FROSALI

MASSIMO SALVIANTI   LUCIA SOCCI

scene Sergio Mariotti

costumi Giuliana Colzi

luci Marco Messeri

regia EMANUELE GAMBA

personaggi e interpreti in ordine di apparizione

Rita / Giuliana Colzi

Turkey / Massimo Salvianti

signorina Ginger / Lucia Socci

l’avvocato / Dimitri Frosali

Nippers / Andrea Costagli

Bartleby / Leo Gullotta

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