La cripta dei cappuccini diventa teatro e radiodramma, e molto altro: progetto Inabili alla morte di Mittelfest per GO!2025
La Cripta dei Cappuccini
di Joseph Roth
Una giostra d’epoche
“Ah, lo spirito del tempo […] Non riuscire a seguirlo è minor peccato che darsi l’aria di precederlo e di aver superato quanto ha valore fuor del tempo”.
Thomas Mann, Carlotta a Weimar
Il diverso contenuto è incartato, inscatolato o confezionato ed etichettato esattamente allo stesso modo, senza dubbio per dare l’impressione che il contenuto sia lo stesso.
Slavenka Drakulić, Ritorno al Caffè Europa
Una giostra inghiotte cose ed umani, lasciando resti e nuove voragini da colmare. Intorno si affanna l’addobbo della storia, con i suoi segni e le sue insegne che abbelliscono e saturano: nuove cose portate da nuovi umani, pronti a finire divorati dalla giostra, perché altri resti e altre voragini siano in seguito da colmare. Dentro questo luccicante turbinio, sta la lotta dei singoli, spiazzati dall’andirivieni degli altri e dal movimento incessante delle cose stesse, quelle ieri onnipresenti, ma oggi disperse, in attesa di altre, che arriveranno a perpetuare il turbinio. La Cripta dei Cappuccini non è il racconto della fine di un mondo, né l’elegia nostalgica di chi lo ha perso: è una storia di smarrimento, di una solitudine mangiata dagli eventi. Assomiglia a un’infernale e grottesca discesa in fondo al Cocito. È la discesa di Trotta, che mentre sprofonda racconta, come Dante, la sua catabasi, inseguendo non la salvezza, ma il desiderio sornione di chiarirsi a sé stesso. Non si tratta di ritrovare la via, ma di riconoscere la strada che, volenti o nolenti, sinceri o menzogneri, è capitato già di percorrere.
È una narrazione individuale, falsata, aggiustata alle proprie ragioni, con frammenti emersi e molti altri – chissà quali – sommersi: tuttavia questo incessante racconto di un’esistenza troppo tardi intesa e male condotta si porta dietro tutta la masnada delle relazioni di ognuno e ognuna: genitori o genetrici, presenti o evocati, amanti e persone amate, sodali, fratelli, sorelle, conniventi, nemici, consiglieri, servi, padroni ed epifanici incontri. Una fauna sociale che, singolarmente, vale la curiosa vicenda umana e personale, ma osservata nel suo insieme diventa l’humus che caratterizza l’andamento di una civiltà, perlomeno tra un paio di generazioni: è lo “spirito del tempo”. Perché quel che la Mitteleuropa chiama Zeitgeist si incarna proprio nei comportamenti diffusi, nei desideri – più spesso validi sul momento, effimeri, che sinceri – della moltitudine: è così che prende le sembianze di un’unica forma, lascia l’impronta da epoca; è capace di racchiudere quanto, nei fatti, sono solo esistenze individuali e caotiche. Sicché l’epoca primo novecentesca e centro europea raccontata da Roth si manifesta nelle incertezze e nelle goffaggini di Trotta e nella risolutezza via via sfilacciata della Madre, come nell’indolenza colpevole di un attento osservatore dei casi quale Chojnicki, ma anche nell’ondivago atteggiamento di Elisabeth Kovacs e nell’ambiguità, un po’ furba e un po’ rivoluzionaria, di Jolanth Szatmary, per non dire della abilità seduttiva e delinquenziale di von Stettenheim o Bubi Kovacs e padre, ma anche nella disperata sottomissione e sconfitta del caldarrostaio Branco, del vetturino Reisiger e dell’unico serio borghese Feldmann. Nell’arco di oltre tre decenni, ognuna e ognuno di loro interpreta il proprio ruolo e indossa le sue vesti, restando imbrigliate e imbrigliati nell’immagine in scorrimento di quegli anni, intrappolati e colpevoli di quel tempo della Mitteleuropa che fu (inghiottito da due enormi guerre) e che, tra un confezionamento e l’altro – di loro e della loro giostra –, pare confondersi con il tempo dell’Europa che è. In ogni abito indossato, si cela la responsabilità che ogni persona porta addosso della propria storia: che i nostri vestiti siano così diversi dai loro?
Giacomo Pedini
L’invisibile romanzesco
Non vivo. Solo, gelido, in disparte,
sorrido e guardo vivere me stesso.
Guido Gozzano, Il giovenile errore/I colloqui
Tradurre un romanzo per la scena significa confrontarsi con quello che non c’è. Quello che c’è in un romanzo – descrizioni, narrazioni, riflessioni, introspezioni, digressioni – è spesso, agli stretti scopi della scena, superfluo. Le parole dei personaggi sono la vera sostanza di un adattamento, perché è la parola parlata, in una drammaturgia, a guidare tutta l’azione. Eppure, se si fa un mero calcolo quantitativo, i dialoghi nei romanzi non occupano quasi mai un tempo fisiologicamente giusto per il teatro. Anche dialoghi splendidi, che per diverse pagine ci hanno tenuto incollati al romanzo, se li riduciamo alle sole parole utilizzate, si trasformano in pochi secondi di teatro. Per questo, nel trasformare la massa di parole di un romanzo in “parole da recitare” si deve per forza lavorare con quello che non c’è.
Questa mole di parole mai pronunciate, di parlate, inflessioni, neologismi mai utilizzati, è il cuore di un adattamento teatrale. Ed è, in fondo, buona parte di ciò che compone l’universo in cui è calato il lettore. Di quella strada viennese conosco solo il nome, eppure devo immaginarmela; e quante immagini mi sorgono quando Roth, in sei parole soltanto, dice che i lampioni «non illuminavano le strade, le oscuravano»?
Per dirla in breve, un romanzo è fatto per il 99% di quello che non c’è scritto. I romanzi belli sono quelli che ci fanno credere che anche quel 99% fosse proprio lì, nero su bianco, sulle pagine che abbiamo letto. La Cripta dei Cappuccini è uno di quei romanzi. Quello che non c’è è a volte così vivido da sembrare ci sia. È un romanzo di poco più di duecento pagine che ne contiene mille, e non perché attraversa quasi trent’anni di storia europea (anche se questo ha certamente la sua importanza), ma perché permette al lettore di aggiungere pagine e pagine di immaginazione. Il drammaturgo attinge da lì. I dialoghi che compongono questo adattamento sono quasi tutti inesistenti nel romanzo, eppure c’erano. I personaggi sono tanto chiari e presenti alla nostra mente – coi loro atteggiamenti così simili a quelli di un parente, di un collega, di un politico – che fargli dire delle battute non è sembrato un gesto creativo, quanto un naturale “lasciarli parlare”.
Per forza di cosa, questo adattamento è un’altra opera, con tutti i suoi difetti – di cui ovviamente Roth non è colpevole – e con tutta la propria mortalità. È ancorata al tempo che viviamo e un lettore appassionato al romanzo potrebbe non riconoscercisi (a conti fatti, le battute della drammaturgia che rispecchiano le esatte parole di Roth sono poche). Ma la sensazione è di non aver inventato qualcosa, bensì di averlo ascoltato.
Nel libro, Trotta è il narratore, nello spettacolo è un personaggio onnipresente, che ci guida attraverso le scene e i momenti storici. Trotta è con il pubblico per «chiarirsi a sé stesso». Gli spettatori sono complici della confessione di un uomo che recita dentro frammenti del suo passato e poi li analizza negli a parte, un uomo che cerca di confrontarsi con la propria ignavia, con la vecchiaia, con l’essere figlio di un’epoca che non voleva figli. Questo continuo essere dentro e fuori dal tempo, dentro e fuori dal Novecento e insieme dentro fuori dal qui e ora del 2024, dentro e fuori dal palco, dentro e fuori da un personaggio, sono tutti movimenti che ci permette solo il teatro. Sono questi movimenti l’essenza di un adattamento che mira a restituire agli spettatori di oggi il visibile e, soprattutto, l’invisibile di un romanzo.
Jacopo Giacomoni
Mittelfest per GO! 2025
Inabili alla morte/Nezmožni umreti
commissionato a Associazione Mittelfest da Regione FVG e inserito da GO!2025 come Evento ufficiale di Capitale Europea della Cultura 2025
produzione Associazione Mittelfest
co-produzione SNG Nova Gorica
Il reperto della commissione di arruolamento era irrevocabile. Diceva: «Giudicati inabili alla morte».
Joseph Roth, La Cripta dei Cappuccini
In effetti, una discrepanza che mi torna alla mente quando penso al 1989 è quella fra realtà e fantasia. […] Davvero non sapevamo cosa aspettarci, ma sapevamo cosa volevamo: luci e lustrini, come dall’altra parte, in Occidente.
Slavenka Drakulić, Ritorno al Caffè Europa
COMUNICATO STAMPA
Per Nova Gorica e Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025 UNA TRILOGIA che parte dalla CRIPTA DEI CAPPUCCINI di Joseph Roth, per esplorare ciò che resta di un confine dalle sue radici.
3 spettacoli teatrali, 3 radiodrammi italiani e 3 sloveni, 1 documentario e 1 libro italiano e 1 sloveno: diversi linguaggi e due lingue per Inabili alla morte/Nezmožni umreti, progetto Mittelfest per GO!2025, con grandi protagonisti, creazioni originali e la collaborazione di diverse realtà.
Una lettura del presente dell’Europa, a partire da un confine e dalle vicende storiche che l’hanno generato, è l’idea da cui nasce il progetto Inabili alla morte/Nezmožni umreti, ideato e diretto da Giacomo Pedini e prodotto da Associazione Mittelfest e inserito all’interno del programma degli eventi ufficiali di GO! 2025, Nova Gorica e Gorizia Capitale europea della cultura 2025.Due città all’incrocio di tre culture europee – italiana, slava e germanica – che rappresentano insieme la storia vivente del continente dopo le guerre mondiali, le conseguenti divisioni e i tentativi di superarle.
Il titolo Inabili alla morte/Nezmožni umreti si deve a Joseph Roth e a un brano del suo capolavoro La Cripta dei Cappuccini, romanzo da cui si dipana l’intero progetto, commissionato a Mittelfest dalla Regione FVG e accolto nel programma ufficiale da GO! 2025 e realizzato in coproduzione con SNG Nova Gorica, che consisterà di 3 spettacoli teatrali, della loro trasposizione radiofonica, in collaborazione con RAI Radio 3, RAI FVG e con Radio Slovenija, Program Ars; un documentario e una pubblicazione letteraria, in programma dalla primavera 2024, nelle iniziative di avvicinamento a GO!2025, ad autunno 2025. Il tutto in un’ottica transfrontaliera, che vedrà collaborazioni e incroci linguistici di qua e di là del confine tra le due città, coinvolgendo istituzioni partner di area, riconosciute nei rispettivi paesi, così come artisti di rilievo (tra gli altri, gli scrittori Goran Vojnović e Paolo Di Paolo, il compositore Cristian Carrara, l’attore Natalino Balasso, il regista Janusz Kica), per esplorare un secolo di Storia che ci riguarda ancora da vicino.
“Il progetto, commissione della Regione Friuli Venezia Giulia e di GO!2025 in avvicinamento a Nova Gorica-Gorizia capitale europea della cultura 2025, è un’iniziativa che simboleggia la convergenza culturale tra due nazioni, evidenziando il significato profondo di un confine che, un tempo teatro di conflitti, oggi è esempio di una progettualità condivisa per accrescere il patrimonio culturale e la sua fruizione sociale. La produzione, curata da Mittelfest in collaborazione con SNG Nova Gorica, rappresenta infatti un significativo passo verso la promozione e la condivisione della ricchezza culturale di questa regione transfrontaliera. Attraverso questo progetto, e in generale con i tanti eventi culturali organizzati per GO 2025 Nova Gorica, il Friuli Venezia Giulia intende essere a pieno titolo centro propulsore di cultura nel cuore dell’Europa”, commenta il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga.
Per percorrere questo viaggio nel tempo, il progetto si articola in tre parti, corrispondenti ai tre spettacoli, in cui la vicenda dei Trotta, famiglia protagonista della Cripta dei Cappuccini, diventa caso esemplare per esplorare le radici e gli esiti di ciò che siamo diventati. Il primo spettacolo, basato proprio sulla riduzione teatrale della Cripta dei Cappuccini, racconta la dissoluzione dell’impero asburgico e le sue conseguenze. Gli altri due, che saranno il risultato di due nuove commissioni letterarie, una slovena a Goran Vojnović e una italiana a Paolo Di Paolo, seguiranno ancora le orme della famiglia Trotta, immaginando come si sarebbe evoluta nel tempo: prima all’ombra del muro di Berlino, negli anni Sessanta (Cercando la lingua perduta, titolo provvisorio), poi nell’entusiasmo illusorio dei primi anni Novanta (L’alba dopo la fine della storia, titolo provvisorio). I tre testi diventeranno di seguito tre radiodrammi (sia in italiano, sia in sloveno) e un libro (sia in italiano sia in sloveno). Il tema, i luoghi e la storia evocata diventeranno inoltre un video-documentario realizzato ad hoc, che segue le orme di questa semi-sconosciuta Europa tra Est e Ovest, “inabile alla morte”.
“Rileggendo i romanzi di Roth e questo progetto, mi è venuto in mente ciò che Aleksandar Hemon ha letto sopra le spillette sul bavero della sua eroina Rachela Pinto nel suo romanzo Il mondo e tutto ciò che contiene: ‘Ricorda il futuro!’. Unendo le forze per un’iniziativa comune, autori, attori, registi e teatri italiani e sloveni cercano di ricordare il futuro com’era: aperto, promettente ed emancipatore”, commenta Stojan Pelko, responsabile del programma di GO! 2025.
E Giacomo Pedini, direttore artistico di Mittelfest e ideatore del progetto, che sarà anche regista dei due spettacoli italiani, aggiunge: “L’occasione di Nova Gorica e Gorizia insieme capitali della cultura permette di far sentire, specie nel nostro ovest talvolta miope e auto-riferito, la vicenda novecentesca ed europea da una prospettiva di confine “orientale” e transnazionale. Inabili alla morte/Nezmožni umreti propone una trilogia sul Novecento squisitamente centro europea – o meglio tra est e ovest – per guardarci non solo come italiani o sloveni (reciprocamente alquanto ignari della storia degli uni e degli altri), ma tra italiani e sloveni e oltre, ovvero concretamente come europei, d’oriente e d’occidente”.
Come si diceva, il progetto vedrà la collaborazione e la coproduzione di SNG Nova Gorica, e in ogni tappa sarà pensato in duplice lingua, italiano e sloveno. “Sono felice di coprodurre questo progetto e sono davvero orgoglioso di poter contribuire a questa trilogia con due artisti rinomati: Goran Vojnović, scrittore, e Janusz Kica, regista – e molti altri che collaboreranno con noi nella produzione della seconda parte della trilogia”, dichiara allora Marko Bratuš, direttore artistico di SNG Nova Gorica.
Il progetto in dettaglio
Entrando più nello specifico del progetto, Inabili alla morte/Nezmožni umreti racconta la vicenda dei Trotta von Sipolje, sloveni di ultima assunzione nobiliare, seguendoli di generazione in generazione, e con loro quella dell’Europa centrale, con tre diverse storie e spettacoli.
Il primo spettacolo, La Cripta dei Cappuccini, che avrà la sua prima rappresentazione l’11 maggio 2024 (con una replica aperta il 10 maggio) al Teatro Verdi di Gorizia, traduce sul palcoscenicoesattamenteil romanzo di Roth, con la riduzione di Jacopo Giacomoni e con Natalino Balasso nei panni Francesco Ferdinando Trotta, il più giovane, dilapidatore e gaudente, rampollo della famiglia. Attraverso il suo sguardo, accompagnato da una galleria di amici, cugini, madri, moglie e fidanzate, avventurieri, millantatori, soldati e nobili decaduti, viene mostrata la frantumazione dell’impero sovranazionale, inghiottito nel gorgo della Grande Guerra, e di un Novecento già in odor di nazismo. La messa in scena vedrà la regia di Giacomo Pedini, nel cast ci saranno (in o.a.) Nicola Bortolotti, Primož Ekart, Francesco Migliaccio, Ivana Monti, Alberto Pirazzini, Camilla Semino Favro, Giovanni Battista Storti, Simone Tangolo, Matilde Vigna, mentre le musiche originali, commissionate al compositore Cristian Carrara, saranno eseguite e registrate dalla FVG Orchestra.
Il secondo spettacolo, Cercando la lingua perduta (titolo provvisorio), vedrà la prima rappresentazione a novembre 2024 a SNG Nova Gorica, sarà diretto da Janusz Kica e basato sulla drammaturgia originale scritta da Goran Vojnović. La storia è ambientata negli anni Sessanta e racconta l’Europa della cortina di ferro dei muri, tra desideri di evasione, rivolta e i tabu del recente passato.
“Anche se sloveni e italiani fanno parte della stessa Comunità europea da vent’anni, e anche se hanno aperto solennemente tutti i valichi di frontiera e dichiarato la fine delle demarcazioni tra Italia e Slovenia, i confini tra il mondo sloveno e quello italiano esistono ancora… È anche per questo che è più semplice parlare del mondo di oggi tornando a un tempo in cui il confine era ancora visibile, e nessuno faceva finta che non ci fosse”, spiega ad anticipare il nucleo ispiratore del testo Vojonović.
Il terzo spettacolo, L’alba dopo la fine della storia (titolo provvisorio), avrà le prime rappresentazioni il 20 e 21 settembre 2025, ancora al Teatro Verdi di Gorizia, sarà tratto da un testo originale di Paolo Di Paolo, con dramaturg Jacopo Giacomoni, con la regia di Giacomo Pedini, e ci porterà all’inizio degli anni Novanta, quando l’Europa vive la caduta dei muri e si illude di una pace e prosperità perpetue, con l’aprirsi di nuove relazioni e con l’accesso, all’apparenza illimitato, a paradisiaci beni e benessere. Le musiche di Cristian Carrara saranno ancora affidate all’esecuzione della FVG Orchestra. “La Storia che qualcuno dichiara “finita” continua a camminare, sciancata, azzoppata: a ogni modo, feroce. ‘Europa’ è una promessa o un inganno. ‘Futuro’ è una bandiera che sventola stracciata, uno stendardo agitato dai potenti sui musi della folla. Nel tempo che, con incoscienza, abbiamo chiamato di pace, il sangue scorreva a litri”, anticipa dal soggetto l’autore Paolo Di Paolo.
A settembre 2025, in occasione del debutto del terzo spettacolo, sarà nuovamente messa in scena l’intera trilogia, essendo un evento ufficiale di GO!2025, mentre è in fase di definizione una tournée slovena e italiana.
Radio, libro e documentario. Con l’intenzione di affrontare il tema in più forme: teatrale, letteraria, musicale e radiofonica – nonché audiovisiva, il progetto vivrà attraverso diversi linguaggi. La Cripta dei Cappuccini e i due nuovi testi diventeranno tre radiodrammi, in due lingue, con la coproduzione di RAI FVG e prima messa in onda RAI Radio 3 per l’Italia e la coproduzione di Radio Slovenija, Program Ars per la Slovenia e successiva messa in onda su RAI FVG, tra maggio 2024 e settembre 2025.
Le musiche commissionate per i tre spettacoli diventeranno tre colonne sonore disponibili su piattaforma Spotify di Mittelfest, in uscita in concomitanza con i debutti degli spettacoli, mentre i copioni della trilogia saranno raccolto in un libro, pubblicato sia in lingua italiana che in lingua slovena.
A partire dai temi del progetto e ripercorrendo alcuni dei luoghi, dei momenti e girando intorno ai protagonisti letterari, sarà inoltre realizzato un video-documentario, prodotto da Mittelfest e in uscita nell’autunno 2025. I tre spettacoli saranno infine ripresi e restano fruibili come prodotti audiovisivi in archivio.
Il progetto si svolge in Media partnership con RAI Radio 3, RAI FVG e Radio Slovenija, Program Ars. Sono inoltre partner del progetto FVG Orchestra, Pordenonelegge.it e ArtistiAssociati Gorizia. Un ringraziamento particolare va alla direzione Cultura della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia per il sostegno e la collaborazione.
Calendario
Spettacoli
La Cripta dei Cappuccini di Joseph Roth
Teatro Verdi di Gorizia, generale (per under 26) 10 maggio 2024, debutto 11 maggio 2024 (ore 20.45)
regia Giacomo Pedini, dramaturg Jacopo Giacomoni, musiche Cristian Carrara eseguite da FVG Orchestra, scene Alice Vanini, costumi Gianluca Sbicca e Francesca Novati, luci Stefano Laudato, suono Corrado Cristina
con Natalino Balasso
e con (in o.a.) Nicola Bortolotti, Primož Ekart, Francesco Migliaccio, Ivana Monti, Alberto Pirazzini, Camilla Semino Favro, Giovanni Battista Storti, Simone Tangolo, Matilde Vigna
Spettacolo in italiano con sovratitoli in sloveno
Altre repliche già previste: Gorizia, 13-14 settembre 2025, ulteriori in via di definizione
Cercando la lingua perduta (titolo provvisorio) di Goran Vojnović
SNG Nova Gorica, debutto novembre 2024
regia Janusz Kica
cast in via di definizione
Spettacolo in sloveno con sovratitoli in italiano
Altre repliche previste: Nova Gorica, metà settembre 2025, ulteriori in via di definizione
L’alba dopo la fine della storia (titolo provvisorio) di Paolo Di Paolo
Teatro Verdi di Gorizia, debutto 20-21 settembre 2025
regia Giacomo Pedini, dramaturg Jacopo Giacomoni, musiche Cristian Carrara eseguite da FVG Orchestra, scene Alice Vanini, costumi Gianluca Sbicca e Francesca Novati, luci Stefano Laudato
cast in via di definizione
Spettacolo in italiano con sovratitoli in sloveno
Ulteriori repliche in via di definizione
A settembre 2025 sarà messa in scena l’intera trilogia, ulteriore tournée italiana e slovena in via di definizione.
Radio/podcast
Programmazione radio:
La Cripta dei Cappuccini maggio-giugno 2024 versione italiana, novembre 2024 versione slovena
Cercando la lingua perduta primavera 2025 versione italiana e slovena
L’alba dopo la fine della storia settembre 2025 versione italiana e slovena
Podcast: maggio 2024, novembre 2024, settembre 2025
Libro
Pubblicazione trilogia, editore in via di definizione, uscita settembre 2025
Video documentario
Uscita prevista ottobre 2025
INTERVENTI integrali presentazione progetto Inabili alla morte / Nezmozni umreti
Il progetto, commissione della Regione Friuli Venezia Giulia e di GO!2025 in avvicinamento a Nova Gorica-Gorizia capitale europea della cultura 2025, è un’iniziativa che simboleggia la convergenza culturale tra due nazioni, evidenziando il significato profondo di un confine che, un tempo teatro di conflitti, oggi è esempio di una progettualità condivisa per accrescere il patrimonio culturale e la sua fruizione sociale.
La produzione, curata da Mittelfest in collaborazione con SNG Nova Gorica, rappresenta infatti un significativo passo verso la promozione e la condivisione della ricchezza culturale di questa regione transfrontaliera.
Attraverso questo progetto, e in generale con i tanti eventi culturali organizzati per GO 2025 Nova Gorica, il Friuli Venezia Giulia intende essere a pieno titolo centro propulsore di cultura nel cuore dell’Europa. Si tratta di un’occasione unica per essere d’esempio e mostrare come il dialogo continuo, la condivisione di idee, strutture, risorse umane e professionali possa costruire soprattutto per le aree transfrontaliere un futuro di attrattività, benessere e progresso per le nostre comunità.
Massimiliano Fedriga, presidente Regione Friuli Venezia Giulia
Uno dei privilegi della Capitale Europea della Cultura è che puoi sognare in grande. Quando Giacomo Pedini arrivò con la prima proposta per Inabili, sembrava un progetto più grande della realtà. Uno scrittore importante, tre anni di lavoro, tre episodi, due Paesi e diverse lingue: sembrava più una coproduzione di lungometraggi o una serie televisiva internazionale che il buon vecchio teatro. Ma ora, un anno dopo, questo sogno di celluloide profuma di spirito adolescenziale: sì, tutto è davanti a noi – e il futuro è così vicino. Rileggendo i romanzi di Roth e tutta la nostra comunicazione, mi è venuto in mente ciò che Aleksandar Hemon ha letto in uno dei distintivi sul bavero della sua eroina Rachela Pinto nel suo romanzo Il mondo e tutto ciò che contiene: “Ricorda il futuro!” Unendo le forze per un progetto comune, autori, attori, registi e teatri italiani e sloveni cercano di ricordare il futuro com’era: aperto, promettente ed emancipatore.
Stojan Pelko, responsabile del programma di GO!2025
«L’anima dell’Austria non è il centro, ma la periferia»: in una maniera o nell’altra è un concetto che ripete spesso il nobile asburgico Chojnicki nella prima parte della Cripta dei Cappuccini di Roth. A guardare il mondo in questo secolo, mi viene da cambiare Austria con Europa, anzi con Unione Europea. La sostanza di quest’epoca emerge assai bene nei luoghi decentrati, soprattutto quando si portano addosso i resti di una storia lunga e invisibile ai molti, o a chi si pensa al centro, perché sepolta sotto le insegne luminose e onnipresenti dei ‘brand’ della globalizzazione. L’occasione di Nova Gorica e Gorizia insieme permette di far sentire, specie nel nostro ovest talvolta fuori fuoco e auto-riferito, una la vicenda novecentesca ed europea da una prospettiva di confine e transnazionale. I luoghi, i fatti, le immagini che toccheremo appaiono già note, ma sono più oscure e dunque rivelatrici di quel che sembra: il nostro raggio culturale è spesso corto, affetto da una certa miopia dovuta al dominio di discussioni interne ai confini nazionali. Inabili alla morte/Nezmožni umreti propone una trilogia sul Novecento squisitamente centro europea – o tra est e ovest – per guardarci non solo come italiani o sloveni, reciprocamente alquanto ignari gli uni degli altri, ma come europei, per l’appunto, d’oriente e d’occidente. Penso che molto abbiano da dirci le nostre storie molteplici, se non divergenti, durante il secolo scorso, quando questo Continente, anche per sue ripetute volontà e mancanze, ha via via smesso di essere l’ombelico del mondo e quindi di potersi permettere il lusso di non sapersi e di non capirsi.
Giacomo Pedini, direttore artistico di Mittelfest e creatore del progetto Inabili alla morte / Nezmožni umreti
Quando cercavo un progetto per la Capitale Europea della Cultura volevo qualcosa che racchiudesse in sé lo spirito del territorio, ed era proprio questo il senso della proposta di Giacomo Pedini: una trilogia di spettacoli che fosse in grado di abbracciare tutta la complessità delle relazioni tra le due regioni e nazioni vicine per un lungo periodo di tempo.
Sono felice di coprodurre questo progetto e sono davvero orgoglioso di poter contribuire a questa trilogia con due artisti famosi come Goran Vojnović, scrittore, e Janusz Kica, regista, e molti altri che collaboreranno con noi nella produzione della seconda parte della trilogia.
Marko Bratuš, direttore artistico SNG Nova Gorica
Anche se sloveni e italiani fanno parte della stessa Unione Europea da vent’anni, e anche se una volta con una cerimonia sono stati aperti tutti i valichi di frontiera ed è stata dichiarata la fine delle demarcazioni tra Italia e Slovenia, i confini tra il mondo sloveno e quello italiano sono ancora lì. E non solo a causa della pandemia o dell’immigrazione, che ha riportato i controlli di polizia sui nostri valichi di frontiera, ma perché in realtà non abbiamo cancellato il confine tra i nostri due mondi vicini. Per la maggior parte degli italiani il mondo finisce ancora al confine orientale, e per la maggior parte degli sloveni l’Italia è ancora un luogo di turismo e shopping, e il confine è probabilmente l’argomento più importante di cui non si parla. È anche per questo che potrebbe essere più facile parlare del mondo di oggi se tornassimo indietro nel tempo, quando il confine era ancora visibile e nessuno faceva finta che non esistesse.
Goran Vojonovic, autore del testo della seconda parte della trilogia
Un secolo breve? O lunghissimo, interminabile? Tra le sue innumerevoli responsabilità, gli si addebita anche quella di avere fatto finire la Storia. Quando? Più o meno al momento del crollo di quel Muro. E poi?
E poi: nei giorni di Natale del 1991 Michail Gorbaciov si dimette da presidente dell’Urss. A Trieste, nelle stesse ore fredde e uggiose, una giovane cronista segue un convegno di scrittori e studiosi della ex Jugoslavia. Hanno da protestare contro il silenzio dell’Europa sul sangue che scorre nelle loro terre. Ma nella platea c’è distrazione; e un convegno di scrittori, si sa, è un pretesto per amenità e maldicenze. O per qualche gioco di seduzione: basta incontrare uno che esporta jeans nei Balcani, beve troppo, canta le canzoni di Cutugno. E fa molte promesse.
Nei giorni di Natale del 1995, una coppia porta alle giostre un bambino arrivato dalla Bosnia-Erzegovina per trascorrere in Italia qualche settimana di serenità. Però il bambino non parla, non risponde. Resta in silenzio. Tutt’al più disegna. La giovane cronista raccoglie le confidenze dei due coniugi che tentano questa difficile adozione a tempo.
Nei giorni di Natale del 2003, in un caffè di Lubiana gli avventori discutono, già piuttosto disincantati, l’ingresso della Slovenia nell’Unione europea. Quell’ultimo Natale fuori dalla comunità continentale è anche l’ultimo di quel vecchio caffè, che sta per essere rimodernato. La cronista si nasconde in quel brusio e aspetta. Corregge le bozze di un volume in cui ha raccolto testimonianze degli stupri etnici negli anni delle guerre balcaniche. Aspetta un uomo – il seduttore-bevitore che canta Cutugno, esporta jeans dall’Italia e fa troppe promesse. Come l’Europa. La donna aspetta. Ma non è detto che lui arrivi.
È una storia, anzi sono tre storie annodate, fatte di sogni “illimitati” e incompiuti, di speranze disattese, fatte di parole che cercano interlocutori e li trovano sordi, o incapaci di ascolto; fatte di domande che – letteralmente – restano senza risposta, davanti a un mutismo ostinato.
La Storia che qualcuno dichiara “finita” continua a camminare, sciancata, azzoppata: a ogni modo, feroce.
“Europa” è una promessa o un inganno. “Futuro” è una bandiera che sventola stracciata, uno stendardo agitato dai potenti sui musi della folla.
Nel tempo che, con incoscienza, abbiamo chiamato di pace, il sangue scorreva a litri. Le macerie andavano abitate, secondo un’indicazione di Benjamin, come l’unico paesaggio possibile. L’angelo della Storia, però, con il frullare delle sue grandi ali, non dà più le spalle al futuro, occulta l’orizzonte del presente, lo rabbuia, infine lo cancella.
Paolo Di Paolo, autore del testo della terza parte della trilogia.