Uno spettacolo di emozioni che diventa universale e contemporaneo
Teatro Eliseo
28 dicembre 2018
E’ il caso di Miseria e nobiltà, la celebre commedia di Edoardo Scarpetta nel 1887, portata in scena la Teatro Eliseo da Lello Arena e Luciano Melchionna che ne hanno curato l’adattamento.
Un allestimento nuovo, originale, denso di suggestione visiva, che rispetta il lato comico della vicenda e numerosi messaggi espressi esaltando l’uno e gli altri.
La commedia gira intorno a Felice Sciosciammocca, celebre maschera di Eduardo Scarpetta, costretto dalla povertà più stretta a convivere in un tugurio con il figlio piccolo e l’attuale perfida moglie insieme al carissimo amico Pasquale e alla sua famiglia. In mezzo alla desolazione più cupa e alla fame più stringente, un’occasione di salvezza si presenta quando il giovane nobile Eugenio Favetti, innamorato di Gemma, figlia di Gaetano, un cuoco arricchito, chiede a Pasquale di aiutarlo a mettere su una farsa per convincere il padre della fanciulla ad acconsentire al matrimonio. In questa messa in scena verranno coinvolte anche le rispettive famiglie di Pasquale e Felice: tutti si fingeranno parenti del giovane Eugenio.
La situazione si complicherà perché anche il vero Marchese Favetti è innamorato della ragazza, alla quale si presenta sotto le mentite spoglie di Don Bebè. Alla fine di numerose divertenti peripezie ed equivoci, le bugie verranno scoperte ed usciranno fuori molte verità.
Miseria e nobiltà è uno spettacolo meraviglioso interpretato da fantastici attori; uno spettacolo esaltante che scorre via leggero senza farsene accorgere.
Per tutto il primo atto la scena è dominata da un ambiente miserrimo: uno scantinato o un sottoscala, che assomiglia più ad una discarica che ad un appartamento, che Felice (Lello Arena), la seconda moglie Luisella (Maria Bolignano) e il figlio di lui Peppeniello (Veronica D’Elia) condividono con Pasquale (Andrea De Goyzueta), la moglie Concetta (Giorgia Trasselli) e la figlia Pupella (Serena Pisa).
L’ambiente è geometricamente suddiviso da impalcature di ferro che creano spazi e passaggi attraverso i quali i personaggi si muovono da un punto all’altro in una suddivisione di ambienti più ideali che reali; solo alcuni accessori fanno intendere che quella possa essere un’abitazione. Tutta l’area è ingombra di oggetti che la riempiono caoticamente come fosse una discarica. Eppure gli spazi sono ben distribuiti e l’idea che deriva dai corpi che si muovono in essi rende la costrizione forzata di una situazione immutabile che per quanto dinamica resta fissa.
I personaggi girano e si affannano in quell’ambiente angusto e scomodo cercando il proprio spazio, ma ogni posto è stretto e non contiene a sufficienza. L’esigenza e la voglia di evadere sono fortissime come altrettanto reale è la dimensione di povertà e di assenza di possibilità che ne scaturisce.
Nel secondo atto la scena cambia: ci troviamo nella grande ed elegante casa di Gaetano, un uomo semplice e incolto, un povero arricchitosi non per merito. Ha luogo qui una sfilata di nobili, veri, finti e presunti, vestiti di ricchi e appariscenti abiti. E’ qui che ha luogo la farsa ed è qui che le bugie saranno scoperte e le verità verranno svelate.
Un mondo di apparenza e ostentazione dettate anch’esse dalle necessità: necessità di apparire e di farsi accettare per il nuovo nobile Gaetano e necessità di alimentarsi e sostenersi per Felice, Pasquale e le loro famiglie.
Intanto fuori da quella casa la miseria continua; ognuno pensa di averla lasciata fuori la porta di casa, come se non gli appartenesse più, invece lei è lì, sempre presente, sempre al lavoro, a logorare la vita come un tarlo.
La rappresentazione è diretta e suggestiva grazie all’impianto scenografico che pone la casa del nobile rialzata rispetto al palco e sotto vediamo muoversi per gran parte del tempo Luisella, tra le impalcature di ferro dello scantinato, che traffica con stracci e altra roba vecchia e logora.
E’ la miseria che è sempre all’opera, la miseria che cova e che cerca qualcosa a cui attaccarsi. Miseria sopra e miseria sotto; miseria economica e miseria umana. Alla fine non c’è differenza tra i personaggi che abitano e frequentano la casa di Gaetano e quelli che vivono nello scantinato. Magia del teatro che riesce a nobilitare anche la miseria più cupa.
Eppure, nonostante questo scenario serio che assume sfumature dark, la commedia è molto divertente e anche lo spettacolo lo è. I personaggi si aggirano affamati come ombre nel loro tugurio e hanno tra di loro accesi ed esilaranti alterchi; nella casa di Gaetano viene messa in scena una farsa da cui scaturiscono equivoci che portano inevitabili e abbondanti risate.
Allo stesso tempo la commedia suggerisce innumerevoli riflessioni lanciando bellissimi messaggi:
– “siete mai andati in un teatro? la vita può essere sia di qua che di là”;
– “i bambini non dovrebbero mai impugnare uno strumento di lavoro, ma solo matite colorate”;
– la potenza e la grandezza semantica del verbo fare (fare l’amore, …);
– “facile travestirsi da nobili quando sono tutti travestiti come te
Sono solo alcune delle mille suggestioni che questo spettacolo fornisce e che questo allestimento sottolinea con potenza ed efficacia.
La commedia è tutta in napoletano: una napoletanità verace, ma molto ben dosata, presente non solo nelle parole e nella cadenza, ma nei gesti, negli atteggiamenti e nelle espressioni. Quello che arriva non è tanto o solo l’azione, quanto l’anima: l’anima dello spettacolo, l’anima della storia, l’anima dell’essere napoletano.
Il Miseria e nobiltà di Luciano Melchionna è uno spettacolo di emozioni che diventa universale e contemporaneo. La stessa fame oggi è presente nella nostra società: fame di cibo, di presenza, di relazioni, fame di essere qualcuno che non si è.
L’ideazione scenica, già ampiamente citata, opera di Luciano Melchionna, crea fondamenta solide all’intero impianto drammaturgico: lo scantinato, la divisione degli spazi, il sopra e il sotto (la casa e le sue fondamenta), i poveri sopra e i poveri sotto, le botole da cui i personaggi della farsa fanno il loro ingresso in casa di Gaetano, come fuoriuscendo direttamente dal loro tugurio, mentre tutti gli altri personaggi utilizzano gli ingressi ordinari, ogni aspetto è perfettamente integrato e connesso all’altro nella creazione di potenti immagini significanti. Merito anche delle scene di Roberto Crea.
Bellissimi personaggi e bellissime interpretazioni, un gruppo di attori fantastici. Lello Arena è strepitoso nella sua naturalezza ed espressività; Giorgia Trasselli è una splendida e forte Concetta; Maria Bolignano conquista nel ruolo di Luisella; divertente ed eccentrico Ausiello Raffaele nei panni dell’ambiguo e dandy Eugenio; brava Carla Ferraro nel ruolo di Bettina; esilarante Tonino Taiuti in quello di Gaetano; affascinante Sara Esposito nei panni del viziato Luigino, figlio di Gaetano; straordinaria e travolgente Veronica D’Elia in quelli di Peppeniello, figlio di Felice e Bettina.
Su tutto dominano la sensibilità e l’acutezza di Luciano Melchionna che firma una regia evidentemente attenta e precisa, eppure leggera e aperta verso l’esterno, non incentrata al dir di se stesso, ma al servizio degli attori e rivolta al pubblico.
Assolutamente da citare gli splendidi costumi di Milla, ricchi di creatività e accuratezza e le musiche degli Stag che accompagnano lo spettacolo.
Miseria e nobiltà
Di Eduardo Scarpetta
Adattamento a cura di Lello Arena e Luciano Melchionna
Regia Luciano Melchionna
Con Lello Arena, Maria Bolignano, Tonino Taiuti, Giorgia Trasselli
e con Raffaele Ausiello, Veronica D’Elia, Marika De Chiara, Andrea de Goyzueta,
Alfonso Dolgetta, Sara Esposito, Carla Ferraro, Serena Pisa, Fabio Rossi, Fabrizio Vona
Ideazione scenica Luciano Melchionna
Scene Roberto Crea
Costumi Milla
Musiche Stag
Assistente alla regia Ciro Pauciullo
Coproduzione Teatro Eliseo, Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro con Tunnel Produzioni