Recensione di Carlo Tomeo
Alfredino è Alfredo Rampi, un bambino di sei anni che nel 1981 cadde in un pozzo artesiano a Selvotta, una frazione di Frascati lungo la via Vermicino che conduce a Roma.
È di lui che si parla nella commedia di Fabio Banfo, che, nel raccontare la storia di quei due giorni che avvinsero gli italiani, interpreta i vari personaggi che si adoperarono per salvare la vita al bambino, ma non solo: quel fatto di cronaca divenne così importante che se ne occupò la televisione. E così Banfo interpreta anche le parti dei giornalisti, dei cronisti televisivi e anche di alcuni personaggi anonimi accorsi sul posto per solidarietà (dicevano) ma in realtà, come si scoprirà alla fine, era anche per essere ripresi dalle telecamere nel momento in cui il bambino sarebbe emerso dal pozzo tra le braccia del suo salvatore. Anche se non si sapeva chi potesse essere questo salvatore, dal momento che diversi furono i tentativi fatti per cercare la maniera più veloce ed efficace per salvare il bambino.
Mai prima di allora era successo che il pubblico televisivo si appassionasse cosi tanto a una vicenda di cronaca di cui non si conosceva l’evoluzione finale. Nacquero così i telegiornali speciali che sostituivano tutti gli altri programmi e facevano più audience di qualsiasi altro genere di trasmissioni: quel fatto di cronaca acquistò il sapore di un giallo. Ce l’avrebbero fatta tutte quelle persone, tra cui esperti geologici a salvare il bambino? Non era una fiction quella, era storia vera che avvinceva proprio per quel motivo. La pena per il bambino sprofondato nel pozzo divenne quasi un sentimento secondario rispetto alla smania di assistere al risultato finale. Nacque in questo modo la TV verità, dove ciò che veniva rappresentato non aveva una sceneggiatura scritta dall’A alla Z e perciò non c’era finzione. Si può dire che quello fu l’anticipazione dei reality che si impossessarono della TV di Stato e delle TV private, dando luogo a tanti programmi che dovevano essere (e sono) di cattivo gusto perché si scoprì negli anni che quelli erano i programmi più apprezzati dagli italiani.
Ormai abbiamo assodato che dietro le manifestazioni di cordoglio e di pena, si nascondono solo cinismo e voglia di assistere a eventi dolorosi, sapendo in partenza di non essere coinvolti e di farla franca.
E ce lo dimostra molto bene Fabio Banfo entrando alla perfezione nella psicologia dei vari personaggi coinvolti nella storia: dalla madre che, per i primi momenti, sicura che il figlio sarebbe stato salvato, si mostra addolorata e agitata, ma, nello stesso tempo, vuole apparire in primo piano davanti alle telecamere, ad alcuni cronisti che avvallano l’ipotesi che sia tutta una messa in scena per coinvolgere il pubblico in un nuovo genere di spettacolo televisivo.
La scena è vuota, non c’è bisogno di alcun arredo, basta l’attore che racconta al pubblico l’avvenimento e lo fa in modo che lo spettatore, specie quello più anziano che ricorda il fatto, arrivi anche a commuoversi nei momenti più drammatici.
Nello stesso tempo l’eccezionalità della sua bravura la si rivela dalla naturalezza mostrata nel momento in cui passa a interpretare i personaggi scettici, malevoli, fino ad arrivare a un elemento delle Brigate Rosse che commenta l’avvenimento con un suo adepto.
Il momento più triste dal punto di vista etico è quando l’attore scende tra il pubblico, si siede su una poltrona della platea e fissa, come tutti, il palcoscenico sul quale primeggia un’unica sedia: diventa lui stesso, in quel momento, spettatore che ha appena appreso della morte di Alfredino. Ma il palco vuoto rappresenta anche il niente, perché i reality hanno proprio quello stessso colore.
Il pubblico alla fine è defluito dalla sala, dopo aver molto applaudito Fabio Banfo. Quanti di essi saranno usciti in modo consapevole di quale fosse il vero tema della commedia (e cioè la spettacolarizzazione del dolore)? L’importante, comunque, è che l’amo sia stato gettato: vedremo, se ci saranno, “le conseguenze”.
Alfredino – L’Italia in fondo al pozzo
di e con Fabio Banfo
regia Serena Piazza
organizzazione Greta Pellizzari
produzione Effetto Morgana
Prima nazionale
DOIT Festival 2017, Roma
Premio Migliore spettacolo e Migliore Drammaturgia
Si ringrazia Simona Griggio dell’ufficio stampa
in scena al Teatro Lirico fino all’11 giugno.
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