Recensione di Carlo Tomeo
La Compagnia pugliese Teatro dei Borgia è stata fondata nel 2001 da Gianpiero Borgia e da Christian Di Domenico. Dal 18 aprile Gianpiero Borgia insieme a Elena Cutugno sono a Milano al teatro Libero con due monologhi: “Medea su viale Zara” e Sud-orazione”
Medea su Viale Zara
È una pièce itinerante che si svolge, una volta al giorno, in un furgoncino per un numero limitato di spettatori (7 alla volta).
Il pubblico viene fatto salire sul furgoncino e l’autista, dopo aver chiuso il portellone, avvia il motore e sta quasi per partire, quando questo viene riaperto con forza da una donna dai capelli neri lunghi, vestita con pantaloni, stivali lunghi oltre le ginocchia e maglia neri e con in mano una piccola valigia e un borsone multiuso. La donna, mentre sale sul furgoncino, urla all’autista di rispettare l’orario di partenza e di non agire secondo i suoi comodi. Poi si siede su una poltroncina di spalle all’autista mentre i sette spettatori sono già seduti sui tre sedili del fondo e sui due più due collocati a sinistra e a destra del furgoncino.
La donna è infastidita perché rischiava di arrivare tardi sul luogo di lavoro. Pur parlando bene la lingua italiana, ha un accento strano, si capisce che è straniera. Pian piano inizia a lasciarsi andare alle confidenze con le persone lì presenti e inizia a raccontare la sua vita. È rumena e viveva in un piccolo paese ma sognava, come tutte le ragazze della sua età, di andare in Italia dove trovare lavoro e magari anche sposarsi. Nel frattempo si toglie i pantaloni e rimane con lunghe calze a rete, inizia a sfilarsi una serie di mutande, che erano state indossate l’una sopra l’altra, e si ferma solo all’ultima. Si comprende che il suo luogo di lavoro è il marciapiede di una grossa via che potrebbe essere viale Zara, luogo di ritrovo di prostitute dove il furgone sta per l’appunto andando.
La donna ormai si lascia andare nel racconto e i passeggeri capiscono di aver già sentito storie similari: di ragazze dell’Est che vengono fatte arrivare in Italia e poi, una volta sequestrato loro il passaporto, diventano vittime di un “pappone” che le sfrutta prostituendole.
Sì, di queste storie siamo abituati da tempo a sentirne e ormai siamo diventati sordi perché non facciamo nulla per farle finire, ma a un certo punto un avvenimento che fa parte del racconto ci fa drizzare le orecchie e capiamo di trovarci di fronte a un giallo.
Ben lungi dall’inoltrarmi nella storia che ha del terribile e che finisce quando la donna, dopo aver re-indossati i pantaloni scende alla sua fermata.
Il furgoncino ritorna con i suoi sette passeggeri al capolinea che è poi il Teatro Libero e nel frattempo, durante il viaggio di ritorno, le persone si scambiano opinioni ma in tutti cresce un malessere che prende allo stomaco e che a ogni curva della strada cresce a dismisura. Quello che hai ascoltato è come se lo avessi vissuto in prima persona. L’attrice Elena Cotugno, di cui in passato avevo già saggiato le enormi capacità recitative, riesce a immedesimarsi così bene nel personaggio da farlo apparire reale. Ma reali così purtroppo ce ne sono a migliaia, donne sfruttate fino all’inverosimile dall’uomo di ieri e ancora di più dall’uomo di oggi. In un breve colloquio che ho avuto con lei mi ha rivelato che il progetto di “Medea su Viale Zara” era nato da un’idea di Gianpiero Borgia e poi lei lo aveva approfondito incontrando e confrontandosi con assistenti sociali e varie associazioni che si occupano del recupero di queste donne (e già usare la parola recupero è un termine avvilente). Lo sviluppo della storia, poi, è avvenuto con la collaborazione di Fabrizio Sinisi , fino ad arrivare alla scrittura drammaturgica del racconto che acquista, per quello che accadrà, il genere del dramma più cruento.
Questo è un monologo che ciascuno di noi deve correre a vedere, per capire meglio quello che sa già e per approfondire la psicologia della donna che, pur vivendo in uno stato di sfruttamento, non ha rinunciato, nel frattempo, a mantenere vivi certi sentimenti che sono propri della sua natura e, nell’ascoltarli fino in fondo, non rinuncia ad attuare l’impensabile perché la dignità non l’ha mai abbandonata.
Sud-Orazione
Dopo averne ideato l’argomento, Gianpiero Borgia lo ha affidato a Fabrizio Sinisi perché ne scrivesse la drammaturgia. E così è nato il monologo “Sud-Orazione” dove si parte da un topos per verificarne la veridicità. Così Gianpiero Borgia smette il suo nome completo e impersona Alighiero, che è poi il suo secondo nome di battesimo. Il topos in questione è costituito da tutta una serie di azioni e modi di dire e di pensare dell’uomo meridionale, prendendo come esemplare un pugliese, per giunta di Barletta, che più meridionale di così pare non si possa essere.
Alighiero è un intellettuale, che ha frequentato l’accademia d’arte drammatica e che si è trasferito a Torino per fare l’attore. Si sottopone a tanti provini ma purtroppo il suo curriculum non si arricchisce. Secondo lui, la persona che legge il suo curriculum vede che lui è nato in meridione e quindi non avrà mai una dizione perfetta per fare l’attore, mentre in realtà non è così, dopo anni di studi. Ma arriva il momento in cui un collega russo che è diventato suo amico quando andò a Milano per fare l’ennesimo provino, gli chiede perché mai insista a voler recitare Cechov o Gogol o Dostoevskij: è forse russo lui? Solo un vero russo può realmente immedesimarsi in un personaggio russo, perché lo è nel più intimo di sé. E lui, Alighiero, deve rispettare la sua origine di uomo del Sud: perché non scrivere e recitare un’opera nella sua lingua nativa? Il suo destino deve svolgersi al Sud. Illuminazione totale per Alighiero che ci prova a tornare al suo paese e racconta agli spettatori la rilassatezza e la pigrizia dell’uomo meridionale e i ritardi nell’eseguire le cose e alle quali non è più abituato perché si è “sporcato” con il civile mondo del Nord dove tutto viene realizzato in tempi brevi e i dipendenti di Enti pubblici sono al servizio dei cittadini. Ritrova il vecchio amico di gioventù il quale è ora benestante e conduce una vita pacifica e lieta, correndo dietro alle belle donne. La sua speranza è di occuparsi del settore cultura del Comune di Barletta e mettere in scena uno spettacolo tutto meridionale, senza essere costretto a rimasticare drammi e commedie scritte da altri popoli e replicate centinaia e migliaia di volte da tanti attori. Ma lo scontro con la realtà sembra insormontabile: tutto sembra fermo a metà strada e i mattoni che sono gli unici elementi a occupare la scena costituiscono il simbolo dell’imperfezione, del mancato compimento di un’opera che è stata appena iniziata. E anche il pensare di fare qualcosa d’innovativo è un’opera che inizia nella mente ma non riesce a materializzarsi.
Sono tanti gli episodi che racconta Alighiero per descrivere al meglio le caratteristiche del pensare e dell’essere meridionali. E sono tutti generatori di una comicità che coinvolge il pubblico in sane risate di compiacimento. Poi c’è la parola del titolo che può dare adito a diverse interpretazioni. Perché quella sbarra che divide in due parole diverse quell’espressione che mal si adatterebbe al Meridione? Perché Sudorazione diventa Sud-Orazione?
La sudorazione è quella che prova Alighiero nel farsi approvare il suo progetto e che stando al Sud ha bisogno di un’orazione perché quello che sembra impossibile diventi realtà?
Sul fondo della scena è posto uno schermo dove vengono proiettate alcune didascalie, frasi dette da Alighiero che hanno un’importanza predominante e sembra quasi che debbano essere immortalate.
Non sappiamo che fine farà Alighiero, però abbiamo già notato che in più occasioni ha usato il dialetto di Barletta, questo quando era particolarmente indispettito (per esempio quando l’impiegata comunale n. 3 (di pochissimo, riguardo all’altezza, superiore a una nana) gli dice che il bando di concorso cui lui vorrebbe partecipare con il suo progetto è stato ritirato. Intanto ha conosciuto il boss che fa marciare le cose secondo i desideri dei suoi amici affezionati. E questo è già un buon segno. Un altro topos da ascrivere sul fondale.
Gianpiero Borgia è bravissimo in questo monologo e, con battute scherzose, ha saputo trovare la chiave giusta per far capire certe cose che possono dare amarezza nella nostra povera società odierna.
La musica diffusa di Papaceccio MMC è molto piacevole nel commentare discretamente i discorsi di Borgia: passa da brevi riff di evergreens in chiave swing, a piccoli momenti di taranta.
Spettacolo riuscito e meritevole. Da passa parola.
Medea su Viale Zara
di Elena Cotugno
in collaborazione con Fabrizio Sinisi
ideazione e regia di Gianpiero Borgia
con Elena Cotugno
produzione Teatro dei Borgia
Spettacolo itinerante in furgone fino al 30 aprile
Sud-Orazione
di Fabrizio Sinisi
in collaborazione con Giorgio Damato
ideazione e regia di Gianpiero Borgia
con Alighiero
musiche Papaceccio MMC
luci Pasquale Doronzo
produzione Teatro dei Borgia
in scena al Teatro Libero di Milano fino al 30 aprile
Si ringrazia Simona Griggio dell’Ufficio Stampa del Teatro Libero.