Recensione di Carlo Tomeo
Credo che non esista altra città in Italia come Napoli, che abbia cosi tanti modi diversi di essere, così tante contraddizioni, con i suoi mille colori che gli ha addebitato il grande Pino Daniele nella sua celebre canzone, Napule è” e che si sente verso la fine della commedia “Non rubateci i sogni”.
Una commedia pensata, scritta, diretta e interpretata con un amore smisurato e una bravura che non è facile riscontrare sui palcoscenici italiani di oggi. In Bernardino De Bernardis si avverte subito che la sua opera non nasce dal pur ottimo mestiere, ma che gli è venuta fuori dalle viscere e dal cuore che hanno lavorato insieme per raccontare la dolorosa realtà di un popolo che ha qualche punto in più rispetto agli abitanti di altre regioni. L’istinto di sopravvivenza in questo territorio è più marcato, è vitale, non c’è rinuncia nella lotta e anche quelli che vengono chiamati sotterfugi e furbizie hanno un colore diverso che altrove e riescono persino a trovare una loro giustificazione perché si colorano di tinte più marcate e soprattutto più ricche di sfumature rispetto a quelle di altri popoli. I famosi mille colori che vi ha trovato Pino Daniele, dove i più marcati sono il bianco e il nero, i colori degli abiti indossati dai pulcinella finale che danzano per la vita e per la morte. Il male contro il bene, sempre esistito ed esibibile in tante maniere, De Bernardis l’ha interpretato in questo modo e, volutamente, non ci dice il risultato finale di quella lotta-balletto. Anche se un risultato finale la commedia ce l’ha comunque ed è quello più prevedibile.
La storia inizia che il sacerdote Don Angelo (interpretato dall’autore del testo), di origine napoletana, ma che ha esercitato per diversi anni a Bolzano, ottiene il trasferimento nella sua città. E qui, nonostante le buone intenzioni, scopre che dovrà lottare contro uno stato di fatto che non è quello che il suo sentimento ricordava. La chiesa a lui assegnata è impraticabile perché in ristrutturazione, tanto che le funzioni religiose vengono svolte momentaneamente in un teatro in disuso e attrezzato in qualche modo in luogo di culto. Don Angelo comincia a prendere piede in quella nuova realtà e a conoscere una fauna umana diversa da quella che aveva frequentato a Bolzano. Ma il suo spirito evangelico si adatta, e non solo: quando, viene a scoprire la natura di quelli che dovrebbero essere i suoi parrocchiani, ne comprende il carattere e lo spirito, formatisi in una condizione di degrado, e diventa loro amico.
Ma il teatro fa gola alla camorra che lo vuole abbattere per farne un centro commerciale. Don Angelo capisce che il nemico è troppo forte e prima di abbandonare la presa e comprendere che il male non riuscirà a essere battuto dal bene, convince i ragazzi a creare un ultimo spettacolo teatrale e poi prende la decisione di tornare a Bolzano. Però è solo una decisione estemporanea che non verrà attuata.
Una drammaturgia realistica, che usa spesso il dialetto napoletano e i personaggi più colpiti dalla malasorte sono anche quelli che hanno la battuta divertente sulla punta delle labbra, tipico del carattere napoletano: in questo modo la commedia ha tutti i titoli per chiamarsi tale e non quello di dramma, che pur governa la sceneggiatura.
In alcune scene si assiste a tre canzoni, ma non per questo si può dire che ci troviamo di fronte a una commedia musicale e i tratti di danza hanno un valore simbolico che sostituisce la parola.
Ma De Bernardis non solo è un ottimo autore e un capace regista nel guidare brillantemente il gruppo dei giovani artisti, è anche un ottimo attore nel fraseggio, nei monologhi velocissimi, nell’abilità delle azioni che deve compiere. E un plauso particolare va anche a Elena Verde, ottima compagna di scena che recita nella parte delle perpetua: c’è un loro duetto verso la fine del secondo tempo da dieci e lode. È un incanto, sembra di assistere a un momento del teatro napoletano tradizionale.
Né meno perfetti si sono dimostrati nei loro ruoli gli altri membri della Compagnia
La morale che se ne ricava dall’intera vicenda, lo dice il titolo stesso , “Non rubateci i sogni” perché ormai nella società moderna l’illegalità, la corruzione, il volere del più forte, pesano sulla maggioranza delle persone più fragili che vive di sogni ed è arrivata a tal punto di disperazione da gridare di volere indietro almeno i suoi sogni.
Napoli è una città campione, particolare sì, ma non così lontana da altre città e i suoi abitanti, nonostante le mille sfaccettature del carattere, non sono così diversi da quelli di altri paesi dove altre migliaia di persone sono state metaforicamente e, soprattutto praticamente, più spesso di quanto si creda o si sappia.
Il pubblico presente alla prima ha riso copiosamente nei momenti più divertenti, ma si è commosso in quelli più drammatici. In una sera sola è stato possibile “assaggiare” come possa essere fatta un’intera vita: quei famosi momenti felici alternati alle altre, purtroppo altrettanto famose, situazioni dolorose.
Non rubateci i sogni
di Bernardino De Bernardis
con Luca Buongiorno, Bernardino De Bernardis, Mauro De Maio, Francesca Di Meglio, Ciro Formisano, Martin Loberto, Coky Ricciolino, Elena Verde
regia di Bernardino De Bernardis
scene Maurizio Marchini
luci Alessandro Levrero
foto Patrizio Cocco
produzione La Bilancia
Parte del ricavato andrà a favore delle attività della Fondazione ONLUS “A voce d’e creature”
in scena al Teatro Martinitt fino di Milano fino al 23 aprile.
Si ringrazia la Sig.ra Federica Zanini dell’uff. stampa
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