Recensione di Carlo Tomeo
Dopo il meritato successo riscosso l’estate scorsa al 59° Festival dei Due Mondi di Spoleto, è arrivato finalmente il momento della tournée dello spettacolo “Il Casellante”, iniziata a Biella il 22 gennaio e ora è a Milano e nel teatro che l’ha co-prodotto insieme alla Promo Music Corvino e al Comune di Caltanisetta.
La commedia è stata tratta da un romanzo di Camilleri che l’autore ha adattato al teatro insieme a Giuseppe Dipasquale, il quale, a sua volta, ne ha curato anche la regia. Un sodalizio fra i due autori che dura da diversi anni con le rappresentazioni di altri spettacoli sempre tratti da romanzi e racconti di Camilleri.
“Il casellante” si svolge in epoca fascista e la storia è ambientata tra Vigata e Castelvetrano. I protagonisti sono il casellante Nino Zarcuto, interpretato da Mario Incudine, sua moglie Minica Oliveri (interpretata da Valeria Contadino) e il casellante sostituto Michele Barrafato (interpretato da Moni Ovadia). Il casellante e sua moglie sono felicemente sposati ma non riescono ad avere un figlio. Ricorrendo a una mannana e seguendo i consigli di costei, finalmente Minica rimane incinta, ma purtroppo il sogno di diventare mamma non si realizzerà perché perderà il bambino a causa della violenza subita dal casellante sostituto.
Di contorno a questa, che costituisce la storia principale, si avvicendano nella commedia altri avvenimenti che vedono per protagonisti diversi personaggi, in modo particolare due musicisti che vanno a fare serenate a pagamento a persone del luogo, un capo mafioso, un gerarca fascista addetto al controllo sugli abitanti dei paesi perché si dimostrino dei bravi rappresentanti del fascio, tutto questo mentre si svolge l’ultima guerra e il fascismo alla fine sarà costretto a soccombere.
Il bello della commedia sta però nel linguaggio utilizzato, che è quello siciliano adattato da Camilleri, che sceglie le parole più facili da comprendere per chi non è padrone del dialetto siciliano, ma ne modifica spesso il senso, arricchendolo di significati, senza contare l’invenzione si sagaci neologismi che aggiungono sapore al modo di esprimersi. Siamo in piena “sicilianità”, e a qualcuno può sfuggire qualche termine ma l’importante è capire il senso della storia che, oltre che essere rappresentata con la recitazione, viene anche raccontata da un narratore: ogni scena, infatti, viene preceduta dalla spiegazione di quello che il pubblico andrà a vedere ed è Moni Ovadia a sostenere questa parte (ma non è l’unico personaggio che interpreta nella commedia, che lo vede nei panni di ben sei personaggi diversi, tra i quali anche quello, irresistibile, della mannana).
E poi ci sono le musiche, in gran parte originali, come lo “scioglilingua del barbiere”, divertentissima canzone suonata e cantata in modo superlativo. Sono musiche di vario stile, non propriamente appartenente a quello dei “telefoni bianchi”, che i fascisti vorrebbero ascoltare. D’altra parte per i due cantastorie il modo di mettere alla berlina il fascismo, non essendo ammessa la satira, è quello di trasformare il ritmo delle canzoni del fascio: così “Giovinezza Giovinezza” viene eseguita sul tempo di una mazurka e “Faccetta nera” diventa un’allegra polka. E poi si avvertono nei vari brani accenni a sonorità le più svariate, da una malinconica milonga a uno scatenato motivo da balera. Il tutto eseguito da musicisti bravissimi e affiatati.
Lo spettacolo è in due tempi che rappresentano anche due realtà: mentre il primo tempo è divertente, movimentato, pieno di arguzie e trascinante, nel secondo tempo si assiste alla tragedia di Minica e il tutto acquista un colore diverso. La commedia diventa dramma e anche le luci di scena diventano più tenui, in carattere con lo svolgersi della recita. Finché un finale inaspettato “rimette tutto a posto” .
Commedia da vedere per svariati motivi e può accontentare un pubblico molto vasto, amante di vari generi teatrali. Gli attori, tutti, sono di una bravura esemplare. Moni Ovadia, pur interpretando i sei personaggi diversi, non strafà e si mantiene su un livello alto ma non stucchevole. Mario Incudine è un altro eccellente attore del nostro teatro, oltre che dimostrarsi un bravo musicista e compositore. La canzone “La crapa avi li corna”, da lui scritta con Antonio Vasta ne è un esempio.
Valeria Contadino è una Minica Oliveri credibile e veramente eccellente nella seconda parte della commedia, quando interpreta i momenti più drammatici.
Il regista Giuseppe Dipasquale si è dimostrato anche egli un’artista di alto livello per come ha “governato” tutta la messa in scena e i vari tipi di recitazione degli attori.
Il pubblico ha gradito in modo totale, si è divertito e ha partecipato alle vicende del casellante con visibile passione, tanto da non essere stato avaro di applausi, sia a scena aperta, sia alla fine.
Dall’8 febbraio, la Compagnia inizierà a Rimini la sua lunga tournée che attraverserà tutta l’Italia, in particolare dal 7 al 19 marzo sarà presente in diverse città della Sicilia dove sicuramente troverà un pubblico più accogliente che mai. La tournée terminerà, per questa stagione, al Teatro Sistina di Roma dal 23 al 28 maggio.
I milanesi, intanto, si affrettino a correre al Carcano dove la commedia sarà in scena fino a domenica. Non se ne pentiranno!
lL CASELLANTE
di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
dal romanzo di Andrea Camilleri (Sellerio editore, Palermo)
Con Moni Ovadia, Valeria Contadino, Mario Incudine
e con Sergio Seminara, Giampaolo Romania
Musiche dal vivo con Antonio Vasta e Antonio Putzu
Musiche originali Mario Incudine con la collaborazione di Antonio Vasta
Scene Giuseppe Dipasquale
Costumi Elisa Savi
Luci Gianni Grasso
La canzone “La crapa avi li corna” è di Antonio Vasta
Regia Giuseppe Dipasquale
Produzione Promo Music-Corvino Produzioni / Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano / Comune di Caltanisetta
https://www.youtube.com/watch?v=a-owzwCWMOo
in scena al Teatro Carcano di Milano fino al 29 gennaio.