Teatro Casaletto
29 dicembre 2016
Presentato sotto forma di un’intensa e interessantissima lettura, The Sunset Limited è tratto dall’omonima opera teatrale di Cormac McCarthy, scrittore, drammaturgo e sceneggiatore statunitense.
Protagonisti del testo sono due soli personaggi, senza nome, presentati solo come il Bianco e il Nero.
Il Bianco è un professore aspirante suicida, il Nero un ex detenuto per omicidio. Il primo è ateo, il secondo un cristiano evangelico.
Il Nero ha salvato il Bianco da un tentativo di suicidio e lo ha portato a casa sua.
Tra i due, seduti a una tavolo della modesta casa del Nero, nasce un fitto dibattito durante il quale questi tenta di trattenere il Bianco il più possibile perché convinto che se lo lasciasse andare, porterebbe a termine il suo intento suicida.
Il Nero, attraverso un serrato dialogo, tenta un’attività di indottrinamento religioso del Bianco cercando di persuaderlo a condividere le proprie convinzioni sulla vita e sul suo valore oltre che le credenze religiose.
Ne nasce uno scambio dialettico intenso, in cui le convinzioni di entrambi vengono messe a confronto, tra affermazioni forti come verità indiscutibili e risposte dapprima deboli e incerte.
Il Nero impegna tutto se stesso nel tentativo di convincere il Bianco della sacralità della vita, del valore della felicità in rapporto alla sofferenza, dell’esistenza della vita eterna attraverso riflessioni che nascono più da eventi che da concetti.
Tra riferimenti alla Bibbia e racconti drammatici tratti dal periodo passato in carcere dal Nero, le argomentazioni portate a suffragio delle sue tesi sono non solo religiose, ma, più in generale, filosofiche.
Dal canto suo, il Bianco all’inizio sembra disorientato, in difficoltà, profondamente turbato e le sue risposte, sulle prime, sono incerte.
Passo passo, durante il confronto, che si fa sempre più duro e disperato, lo stesso Nero affermerà di essere in dubbio circa certe verità di Fede e il Bianco manifesterà tutta la sua disillusione nei confronti della vita e il suo cinismo, rivelando con drammaticità tutta la sua inguaribile amarezza e disprezzo per la propria vita, divenuta ormai solo un tormento inaccettabile.
Alla fine di questo crudele sfogo, il Bianco lascia esasperato la casa del Nero, che resta attonito e sconvolto dalle ultime parole del Professore. Svuotato e infelice per l’insuccesso di tutti i suoi sforzi, resta da solo a parlare con Dio chiedendosi e chiedendogli perché abbia dato al Bianco le parole giuste che invece lui non ha avuto.
The Sunset Limited è un affascinante e intenso testo drammatico che accompagna lo spettatore in un viaggio attraverso le proprie convinzioni sulla vita e la morte, scuotendo e turbando l’anima.
Il testo italiano rappresenta molto bene l’originale mantenendo molte delle forme ed espressioni che rappresentano il linguaggio parlato, tra pause, interruzioni, inciampi e tutte quelle soluzioni verbali che rendono l’immediatezza del dialogo e l’incertezza di chi viene messo in difficoltà dall’interlocutore.
La bellezza del testo rappresenta la sua stessa difficoltà: la struttura drammaturgica tradizionale, basata su uno svolgimento razionale di causa ed effetto e sull’enunciazione di tesi, antitesi e sintesi, base della dialettica, viene abbandonata in favore di una logica altra, che è fuori di se stessa, ma non necessariamente contraria a se stessa, in cui gli eventi si succedono apparentemente senza alcun significato e prendono voce tra iterazioni e dialoghi serrati a volte senza apparente connessione.
Se ne deduce anche la difficoltà interpretativa.
Sul palco due bravissimi attori formatisi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, Giulio Corso, uno straordinario attore che amo artisticamente, e Samuel Kay, attualmente molto attivo negli Stati Uniti.
Si percepisce un acuto approfondimento del testo da parte dei due e un’attenta cura alla creazione dei personaggi anche nella loro connotazione esteriore, nel modo di presentarli.
Il Nero, infatti, nel testo originale, è nativo della Louisiana ed è un uomo semplice, legatissimo alla terra, che parla l’inglese tipico dei paesi del sud degli Stati Uniti.
Nella vibrante interpretazione di Giulio Corso trova il suo corrispettivo in un siciliano, uomo semplice, anch’egli fortemente legato alla terra, “un campagnolo” dirà ad un certo punto, ma con una grandissima sete di infinito che lo porterà a tentare di seguire la scia della divinità.
Il Bianco, invece, è Samuel Kay che porta con sé il personaggio attraverso un crescendo di emozioni diverse e contrastanti, partendo dall’incertezza di un uomo confuso che a mano a mano si riappropria delle proprie motivazioni di fondo portandole ad un’esplosione finale intensa e drammatica.
E’ magnifico il modo in cui Giulio e Samuel riescano a portare sul palco con grande e cinico realismo sia la fermezza della disperazione che il ribaltamento completo dell’uomo che confidava nelle proprie certezze.
Da citare è la partecipazione straordinaria di Luca Guidi alla chitarra e alla loop station a sottolineare i cambiamenti emotivi dei personaggi e gli scambi più forti, oltre ad essere una sorta di spettatore sulla scena che vive ancorato alle sue sicure abitudini e completamente estraneo alle problematiche rappresentate.