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Comunicati stampa, Teatro

La molto tragica storia di Piramo e Tisbe al Filodrammatici

Teatro Filodrammatici di Milano

Dal 3 all’8 marzo 2020

La molto tragica storia di Piramo e Tisbe che muoiono per amore

liberamente tratto dal Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare

testo e regia Renato Sarti

con Federica Fabiani, Marta Marangoni, Rossana Mola, Elena Novoselova,

Milvys Lopez Homen, Michael Habibi Ndiaye e con Renato Sarti

scene Carlo Sala

musiche Carlo Boccadoro – canzoni originali Cochi Ponzoni e Flavio Pirini

produzione Teatro della Cooperativa

Il leone non fa male, non è mica un animale, il leone è Pot Pourrì, più sfigata di così!

Dal 3 all’8 marzo al Teatro Filodrammatici va in scena La molto tragica storia di Piramo e Tisbe che muoiono per amore di Renato Sarti.

Quando si parla di comicità, spesso ci si dimentica del contributo fondamentale − per intelligenza e ironia − apportato da attrici del calibro di Franca Valeri, Franca Rame, Ave Ninchi e Tina Pica. Le scene degli artigiani che rappresentano la tragedia di Piramo e Tisbe durante le nozze dei signori nel Sogno di una notte di mezza estate sono un appuntamento costante del teatro comico, e tanto più i maldestri interpreti cercano di essere tragici e di commuovere il pubblico, quanto più esilarante è il risultato ottenuto.

Alcuni anni fa il Teatro della Cooperativa mise in scena un’originale versione del capolavoro di Shakespeare, firmata da Renato Sarti, in cui anche le scene dei comici furono reinventate: la sgangherata compagnia amatoriale non era composta da artigiani che facevano i mestieri tipici del tempo, ma dalle dipendenti di una moderna e multietnica cooperativa di pulizie.

Sulla spinta del successo a dir poco travolgente di quelle scene è nato uno spettacolo che vede sul palco lo stesso straordinario gruppo di attrici insieme al loro datore di lavoro afro – leghista e a Renato Sarti, qui nelle vesti di regista di teatro d’avanguardia che si presta a presiedere la giuria di un concorso di teatro amatoriale…

“Nel momento in cui ho deciso di adattare questo testo ero conscio del rischio in cui potevo incorrere, ossia quello di attirarmi le più feroci critiche da parte degli addetti ai lavori e di quegli spettatori legati al testo originale da una sorta di rispetto reverenziale, e direi quasi devozionale. A sostenermi, però, c’era la convinzione che Shakespeare riusciva a coinvolgere il pubblico perché nelle sue opere non affrontava solo i grandi temi universali della vita e dell’uomo, ma anche perché parlava, in modo diretto e vivo, dei problemi legati al quotidiano. Quando questo non avviene, nel migliore dei casi si rischia di fare un teatro museale.”

Renato Sarti

ORARI DI RAPPRESENTAZIONE: mar., giov. e sab. ore 21.00 | mer. e ven.  ore 19.30 | dom. ore 16,00

BIGLIETTI: Intero: 22.00 euro | ridotto convenzionati: 18.00 euro | ridotto under 30: 16 euro | ridotto over 65 e under 18: 11 euro | NOVITÀ giovedì: 15 euro

www.teatrofilodrammatici.eu tel. 02 36727550

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Recensioni, Teatro

La lettera. Teatro Filodrammatici, 7 dicembre 2017

Recensione di Carlo Tomeo

foto carlo

È dal 1992 che, per oltre la millesima replica, si rifà vivo Paolo Nani con il suo spettacolo più famoso, portato da 25 anni in tutto il mondo e premiato in più occasioni. L’attore-mimo, la cui andatura in certi momenti ricorda la quella di Tati. è uno spilungone che si comprende fin dall’inizio che ama poco parlare ma ha molto da rappresentare. Spunta dalla quinta sinistra del palcoscenico per raccontare in poche parole in cosa consiste lo spettacolo che andremo a vedere: un uomo che deve scrivere una lettera, tutto qui. Fine della trama. Perché, in effetti, trama non c’è ma una serie di episodi che illustra in  quanti modi si possa svolgere la stessa azione. L’aveva già spiegato Roland Barthes in “Esercizi di stile” e ora ce la mette in pratica Paolo Nani.

L’azione che deve compiere è molto semplice: si tratta di sedersi a un tavolo sul quale sono appoggiate una bottiglia, che potrebbe contenere vino, un bicchiere, una cornice con una foto di donna, dei fogli di carta, una striscia di francobolli e una penna rossa. Questo tavolo e la sedia accanto, costituiscono l’unico arredo della scena.

L’uomo entra, si siede sulla sedia, si versa nel bicchiere un po’ del liquido, forse vino, contenuto nella bottiglia, per poi sputarlo quasi subito nauseato, rigira verso il pubblico, con aria disgustata la cornice con la foto, e scrive velocemente la sua lettera, la rinchiude in una busta, l’affranca e fa per avviarsi per imbucarla. A un certo punto gli sorge il sospetto che la penna non avesse scritto: allora torna al tavolo, esamina la penna e, scarabocchiando su un pezzo di carta, si accorge che il dubbio che gli era venuto era fondato: in effetti, riaprendo la lettera che stava andando a impostare si accorge che il foglio è completamente bianco.

Rabbia: bisogna rifare tutto daccapo. E se il pubblico finora aveva riso per le smorfie che l’uomo faceva mentre assaporava il liquido che poi sputava via e i suoi mugugni incomprensibili mentre scriveva la lettera, da questo momento in poi, inizia la vera sarabanda della comicità: perché l’uomo ripeterà la stessa scena per 15 volte per come l’avrebbe recitata a seconda delle tipologie di spettacolo: come un film muto alla Ridolini, alla maniera horror, da ubriaco, da assonnato, in modo volgare, camminando all’indietro, senza mani (che tra l’altro è stato forse l’episodio più divertente) e così via. Lui è sempre più stralunato, si rivolge al pubblico, e almeno tre persone della prima fila sono letteralmente tormentate sia pure bonariamente.

Tuttavia, malgrado i tentativi molteplici andati a vuoto, l’uomo è sempre pronto a ricominciare, cosa che fa davvero, a spettacolo terminato, con le sue gag che fanno sbellicare il pubblico dalle risate. Se fosse stato un concerto di musica quelle gag avrebbero potuto significare dei bis e tra l’altro Paolo Nani, sia pur scherzando, ha detto al pubblico, a spettacolo finito, di andarsene, ma, visto che gli spettatori non si alzavano dalle poltrone, l’ha accontentato con i suoi bis dicendo che lui non aveva problemi e poteva andare avanti ad libitum. Una specie di provocazione, spettacolo anche quello, quasi a significare: “vediamo chi si stanca prima”

Giustamente nella locandina di presentazione lo spettacolo è giudicato adatto ai bambini oltre che agli adulti. Mentre i primi si divertiranno per la comicità che trasuda in ogni attimo, qualche adulto. come in tanti spettacoli che va a vedere, lo recepirà come una metafora o vi troverà dei significati reconditi. Diciamola una volta per tutte: magari sarà anche così ma questi “significati reconditi” durerebbero sempre uguali da 25 anni o hanno il potere di aggiornarsi di anno in anno? Forse è meglio non cercarli e vivere la serata con risate liberatorie fine a se stesse ma che fanno tanto bene. E si può apprezzare anche di più il lavoro dell’attore, in questo caso Paolo Nani, per la sua inventiva e la sua bravura fuori dal comune. (tra l’altro ha dato prova anche di essere, all’ultima lettera scritta. una specie di prestidigitatore

Quando sono uscito dal teatro “la gara di resistenza” tra il pubblico e l’attore-mimo continuava ancora…

La lettera

di e con Paolo Nani

regia Nullo Facchini

produzione : Teatro Filodrammatici

Si ringrazia Antonietta Magli dell’ufficio stampa

In scena al Teatro Filodrammatici di Milano dal 4 al 10 dicembre

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Recensioni, Teatro, Teatro

The Aliens. Teatro Filodrammatici, 21 marzo 2017.

The_Aliens_10

Recensione di Carlo Tomeo

 foto carlo

Accade talvolta che assisti a uno spettacolo teatrale diviso in due parti, i classici due tempi, dove, dopo aver visto il primo, rimani insoddisfatto, ma nel secondo tempo tutto si ribalta e alla fine, quando mediti all’uscita del teatro, ti rendi conto che quello che hai visto è stato qualcosa di bellissimo. E così rivaluti tutto: comprendi anche che quello che nel primo tempo hai trovato inutile e che potrebbe addirittura averti disgustato, è stato fondamentale per tutta la tessitura drammatica.

Merito dell’autrice, ma merito soprattutto del regista che ha saputo calarsi nel clima descritto nella commedia, mettendo maggiormente in luce, nei momenti più critici, certi aspetti sia della recitazione che dell’humus ambientale.

Tanto per cominciare sul fondale appaiono le scritte delle didascalie e dei versi di Bukowsky, in primis quella di “The Aliens” che fanno da supporto a tutta la commedia.

Poi la scenografia volutamente sgradevole, formata da oggetti di recupero e che funge da servitù posto sul retro di un bar. Questa scenografia, oltre a donare realismo alla commedia, aggiunge l’antipatia iniziale che lo spettatore è portato a provare nei confronti dei protagonisti, che appaiono trasandati in abiti sgualciti e dall’apparenza sporchi.

The Aliens era il nome di un gruppo musicale che i due protagonisti trentenni KJ e Jasper volevano formare e che avevano deciso di chiamare in quel modo dal titolo dell’omonima poesia di Bukowsky, di cui sono ammiratori.

La commedia è stata scritta dalla Baker nel 2010 e l’ambientazione è comunque riferita al primo, sia pur imprecisato, decennio del 2000, Bukowsky era già morto ma aveva ancora i suoi ammiratori sia delle sue opere sia della sua filosofia di vita (che poi una si compenetri nell’altra è appena il caso di accennarlo).

KJ  ha abbandonato l’università e soffre di una malattia che gli vieta di bere alcool, Jasper non ha nemmeno ultimato le scuole superiori e ora sta  scrivendo un romanzo, naturalmente ispirandosi alla scrittura di Bukowsky. Entrambi gli uomini vivono una vita senza occuparsi di nulla di particolare perché nulla nella società li stimola.

Trascorrono la giornata sdraiati su sedie in disuso collocate nel patio annesso a un bar. La sosta nel patio è vietata ai clienti perché contiene bidoni per la raccolta della spazzatura, cassette di plastica che fungono da contenitori di bottiglie e altri oggetti che usa il proprietario del locale.

Ma KJ e Jasper se ne fregano del divieto e usano le sedie e le cassette sulle quali allungare i piedi, continuando a trascorrere le loro giornate nel luogo.

Quando Evan, un ragazzo appena assunto, si accorge della loro presenza, li invita timidamente a lasciare quello spazio vietato alla clientela. Ma i due intrusi sono troppo più grandi di lui e hanno facile gioco: non solo non prendono in considerazione l’invito, ma decidono di portare il ragazzo dalla loro parte e, nel trascorrere del tempo, questo avviene fino al punto che Evan si affeziona ai due.

Nel primo tempo si assiste ai silenzi e alle (poche) chiacchiere dei due protagonisti che ricordano piccoli frammenti delle loro storie passate. Gli unici momenti che, a una prima analisi, possono interessare gli spettatori sono la lettura che fa Jasper di due pagine del suo romanzo e il duetto della loro prima canzone composta quando avevano deciso di formare la band.

Il secondo tempo inizia con la sola presenza nel patio di KJ e il ritorno da un campeggio di Evan. Quello che accade dopo mette in luce la vera natura psicologica dei personaggi che non sono più sgradevoli ma appaiono vittime sacrificali di una società malata nei sentimenti.

Parlo della generazione successiva a quella che era figlia dell’epoca dei riflusso dopo il ’68, dove, caduti gli ideali, all’uomo non è rimasto che vivere una vita solo apparentemente più evoluta. In realtà degli sbagli dei nonni e dei genitori nell’educare i loro figli e nipoti, i ragazzi di oggi ne stanno pagando le conseguenze. E da duri che appaiono, come abbiamo visto KJ e Jasper nel primo tempo, diventano anime sofferenti e indifese come i personaggi del secondo tempo.

Gli attori Giovanni Arezzo, Francesco Russo e Jacopo Venturiero sono stati molto bravi e credibili,ciascuno nella sua parte

Silvio Peroni, che già ci aveva entusiasmato nelle sue precedenti regie (“Cock” nella stagione 2014/15 e “Costellazioni” (2015/16), in questa stagione teatrale con “The Aliens” ha messo a segno il suo terzo colpo di maestria.

Per ricollegarmi al discorso iniziale non posso che dire che la trovata dei due tempi mai come in questo caso si è rivelata felice.

Il pubblico presente a questa prima nazionale è parso soddisfatto e plaudente: ciò significa che Silvio Peroni ha saputo trovare la maniera giusta per fare arrivare il messaggio

 

The Aliens

di Annie Baker

traduzione Monica Capuani

con Giovanni Arezzo, Francesco Russo e  Jacopo Venturiero

regia Silvio Peroni

produzione Kora.t/Pierfrancesco Pisani

le musiche e le canzoni originali sono di Michael Chernus, Patch Darragh e Eric Gann

 

Prima nazionale

 

In scena al Teatro Filodrammatici di Milano fino al 26 marzo.

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