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Musical, Recensioni, Teatro, Teatro

Forza Venite Gente. Teatro Marconi, 11 febbraio 2016. Prima.

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Il fascino di Forza Venite Gente è intramontabile e inossidabile: dopo 35 anni e più di 3500 repliche in Italia e all’estero, il Musical sul poverello di Assisi continua a coinvolgere e incantare le platee.

Forza Venite Gente, infatti, è tornato a Roma, al Teatro Marconi e sarà in scena fino al 21 febbraio.

La prima è stata subito segnata dal sold out e da un tripudio di applausi e urla entusiaste.

Per chi non lo conoscesse, Forza Venite Gente è il musical sulla vita di San Francesco d’Assisi che ha debuttato nel 1981. I testi in prosa sono di Mario Castellacci, Piero Castellacci e Piero Palumbo, le musiche di Michele Paulicelli, Giampaolo Belardinelli e Giancarlo De Matteis e i versi di Renato Biagioli e Mario Castellacci.

Interprete storico nei panni del Santo, salvo piccole parentesi, è il mitico Michele Paulicelli, tra l’altro regista di questa edizione.

Lo spettacolo ripercorre la vita del Santo di Assisi, dalla sua vocazione fino alla morte, passando per le fasi principali della sua vita: la creazione dell’ordine francescano e del gemello femminile delle clarisse, i dubbi, le difficoltà, il viaggio a Roma per essere ricevuti dal Papa, il messaggio francescano, il rapporto con la morte, ma, soprattutto, il rapporto tra padre e figlio.

Colonna portante dello spettacolo sono le canzoni che raccontano le tappe fondamentali della vita del poverello di Assisi: canzoni semplici che arrivano dirette al cuore e restano fisse nella mente; canzoni che da 35 anni vengono cantate da generazioni di giovani e meno giovani.

La magia di questo spettacolo è anche il suo potere universale, il suo saper coinvolgere negli anni generazioni differenti e il suo riuscire a passare da padre in figlio, come un’eredità spirituale.

Forza Venite Gente è uno spettacolo che con semplicità di linguaggio racconta una storia, trasmettendo un messaggio genuino e pulito, che resiste al tempo e alle mode che cambiano.

Michele Paulicelli resiste nel tempo nel suo ruolo, ormai diventato una seconda pelle, continuando ad emozionare come sempre. E’ bello vederlo in scena con la stessa espressione felice e presa di sempre, così teneramente in parte, felice di essere ancora San Francesco.

Nei panni di Pietro di Bernardone, padre di Francesco, ruolo che per dieci anni è stato interpretato dal grandissimo e divertentissimo Silvio Spaccesi, troviamo un grande attore, autore e regista, Roberto D’Alessandro.

A lui il difficile compito di interpretare un personaggio che nell’immaginario collettivo del pubblico affezionato ha ormai le caratteristiche che gli aveva conferito Silvio Spaccesi.

Roberto D’Alessandro, non nuovo a questo ruolo, supera brillantemente la prova: non ha bisogno di fare quello che faceva Silvio, di imitare la sua caratterizzazione, sarebbe stato anche abbastanza ingenuo. Roberto prende il personaggio burbero di Pietro di Bernardone e lo porta nelle sue corde, avvicinandolo al suo mondo.

Roberto inquadra perfettamente il suo personaggio rappresentandone l’umanità di un padre smarrito, la drammaticità di un padre disperato che non riconosce più il figlio.

Nonostante la sua grande vocazione comica, Roberto resiste alla tentazione di caratterizzare il proprio personaggio in maniera troppo divertente, senza rinunciare, però, a infilare, ogni tanto, una frase, una parola, un cenno o un gesto che  scatenano l’ilarità senza snaturare il ruolo o il messaggio.

Roberto incarna l’autorevolezza dell’uomo d’affari e l’autorità, contrastata, del padre, ma anche il dolore e la frustrazione di un padre che non capisce più il proprio figlio.

 

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Nel cast anche Roberto Bartoletti che sin dal debutto dello spettacolo nel 1981 non ha mai smesso di essere in scena nei panni de Il Lupo e Il Diavolo e, aggiungo io, senza mai perdere smalto, intenzione e intensità. Una grande emozione per gli appassionati storici come me.

Bellissima l’interpretazione di Rachele Giannini nei panni della Cenciosa, uno dei personaggi principali della storia e il più particolare. A lei e a Pietro di Bernardone sono riservati gli unici monologhi e i dialoghi dello spettacolo. Rachele rispetta il suo personaggio, restituendole quell’essere poetico e sopra le righe che le è proprio con originalità e consapevolezza.

Da segnalare, a seguire, la bellissima voce di Rosa Lembo che interpreta Santa Chiara e l’emozionante interpretazione de La Povertà di Arianna Milani

I cori e le coreografie semplici restano quelli originali e funzionano sempre; in particolare bellissima la scena finale del quadro di E volare volare.

Forza Venite Gente è un musical che coinvolge e cattura e che rinnova l’incanto ad ogni replica. La forza dello spettacolo sta, oltre che nell’interpretazione che viene data dagli attori in scena, dalla semplicità della sua stessa struttura, sia dei testi che delle musiche che arrivano immediate e restano fisse in testa anche quando si esce dal teatro per tornare a casa.

C’è da chiedersi perché non ne sia mai stato curato un allestimento imponente da portare nei grandi teatri italiani così da farne un appuntamento fisso per tutto il grande pubblico.

 

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Recensioni, Teatro, Teatro

3 Papà e un Bebè regia D’Alesandro

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Teatro degli Audaci

5 febbraio 2016

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3 Papà è un Bebè è la storia di tre amici quarantenni che vivono nello stesso appartamento, ognuno preso dai propri impegni e dalla propria vita.

Rocco è un ginecologo con problemi di approccio all’altro sesso; Livio è un omosessuale eccentrico fissato con l’ordine e la precisione e Vincenzo è un donnaiolo impenitente.

All’improvviso, nelle loro vite, arriva un neonato, Michelino e con lui la vita dei tre uomini, piano piano cambia.

I tre amici si troveranno a far fronte a nuove responsabilità e a compiere scelte non più per se stessi, ma per il bene del bambino fino a che la situazione non rischierà di degenerare con l’arrivo di una bella e curiosa ragazza.

3 Papà è un Bebè affronta, con leggerezza e garbo, il tema della paternità e dell’amore filiale e, magari anche andando oltre alle intenzioni dell’autore stesso, cade a proposito in un periodo storico come quello presente in cui il tema del giorno sono le unioni civili e la stepchild adoption.

La commedia, infatti, fa riflettere sul tema della famiglia allargata e sull’amore gratuito a prescindere dai legami di sangue.

Tutto questo avviene in un crescendo di comicità incredibile:3 Papà è un Bebè è una commedia frizzante in cui si ride dall’inizio alla fine; è un susseguirsi di battute esilaranti che non lasciano spazio al respiro.

I tre attori sono davvero bravi e divertenti sopra e sotto al palco; tra loro è un continuo scambio di battute, c’è grande complicità e si danno attacchi l’un l’altro con grande naturalezza.

Mario Zamma interpreta Rocco; Mario è un cabarettista eccezionale e un gran rumorista: ha un tempo comico incredibile. E’ sempre presente e sempre pronto a trasformare una parola in altro cambiando solo un accento o l’intonazione della voce.

Giuseppe Cantore costruisce un personaggio un po’ sopra le righe, ma non assurdo, bensì realistico e credibile: senza cadere nel banale o nel volgare il suo Livio è un uomo buono, sensibile, ironico e dannatamente divertente e pungente.

Nicola Canonico è Vincenzo, lo sciupafemmine che dimostra per primo l’amore verso Michelino ed è disposto a rinunciare alla sua vita da single per lui. Nicola riesce a costruire un personaggio molto carino e fresco mettendoci del suo.

In scena, anche Alessia Fabiani nei panni di una donna bella e curiosa che potrebbe rovinare la felicità di questa famiglia particolare. Devo dire, un’interpretazione che non lascia il segno.

Il titolo3 Papà è un Bebè fa subito venire alla mente il film francese del 1985 Tre uomini e una culla e quello americano del 1987 Tre scapoli e un bebè: sebbene le trame siano molto simili, Antonio Grosso, l’autore, riesce a scrivere un testo molto attuale ed effervescente, inserendo una raffica di gag esilaranti.

La regia di Roberto D’Alessandro è snella e rapida, priva di manierismi è al servizio di una commedia che scorre via veloce e divertentissima.

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Musical, Recensioni, Teatro

Rent. Teatro Brancaccio, 2 febbraio 2016.

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E’ approdato a Roma, per un’unica data al Teatro Brancaccio, Rent, storica Opera Rock con libretto, testi e musiche di Jonathan Larson, nel nuovo allestimento italiano prodotto dalla Dafni Spettacoli di Giorgio Maddalena, a cura di Alessandro Vivona e con la regia di Gisella Calì.

Applausi a scena aperta e piccola standing ovation finale, che mi hanno molto sorpreso.

E’ pure vero che, trattandosi di un’unica data, la sala del Brancaccio è stata invasa da amici e colleghi che forse non sono stati esattamente obiettivi e critici nei confronti dell’amico/artista di turno premiando, magari, più l’entusiasmo profuso che i risultati ottenuti.

La standing ovation è stata tributata nientemeno che da Ted Neeley, lo storico e immenso Gesù di Jesus Christ Superstar, nel momento in cui a salire sul palco per i saluti c’era Salvador Axel Torrisi, che è stato Erode al fianco di Ted, e la standing ovation era, meritatissima, tutta per lui e la sua straordinaria performance.

Mi è dispiaciuto tantissimo dover constatare enormi pecche di questo spettacolo.

L’adattamento del testo è carente in molti punti e la traduzione delle canzoni non rispetta musicalità e metrica, risultando pesante e forzata.

La regia è inefficace: non  si distingue un progetto chiaro o un percorso definito; gli eventi accadono così, all’improvviso, si susseguono a caso come messi là senza connessione tra loro, né continuità nelle scene.

Se chi conosce la storia ha fatto una enorme fatica a seguirla in questo allestimento, figuriamoci cosa può aver capito e provato chi questa storia non la conosce!

Il messaggio dello spettacolo, forte, importante, attuale e terribilmente drammatico, non viene fuori, non arriva assolutamente:  le parole HIV e AZT sono buttate qua e là prive di significato. Non c’è la drammaticità necessaria, salvo in certe scene.

Questa in breve la storia: un gruppo di giovani artisti e musicisti squattrinati sogna il successo tentando di sopravvivere in una buia periferia di New York nei giorni in cui l’AIDS imperversa e uccide molti giovani.

Da un Natale all’altro, otto storie si raccontano tra speranze, vittorie e terribili sconfitte: giovani Bohémiens contemporanei dovranno affrontare povertà, malattia e il dilagare dell’AIDS.

Probabilmente, e grazie a Dio, questi attori e attrici sono troppo giovani per calarsi in una realtà così drammatica e capire veramente quali siano la sofferenza e la disperazione che i protagonisti della storia vivono: troppo giovani e, per fortuna, ancora inesperti della vita, non possono portare sul palco qualcosa di cui non sanno nulla, a meno di non essere grandissimi artisti.

La stessa giovane età è probabilmente il motivo di prestazioni canore a corrente alternata; vocalità interessanti che non riescono, però,  a sostenere due ore di spettacolo restituendo un coro di urla stonate per quasi tutto il tempo.

Esistono delle eccezioni, per fortuna, delle grandissime eccezioni, ma, diciamolo subito, non bastano, seppur nella loro straordinarietà, a salvare lo spettacolo.

Straordinarie le interpretazioni  di Roberto Rossetti e Salvador Axel Torrisi che interpretano la coppia gay formata da Collins e dalla drag queen  Angel.

L’intero spettacolo si poggia su di loro: il loro affiatamento è incredibile e grandiosa la loro interpretazione sia vocale che attoriale. Sono gli unici a rimanere centrati, a mantenere il ritmo con costanza e a trasmettere un messaggio durante tutto lo spettacolo.

Una prova davvero bella per loro.

Altra coppia di grande valore quella formata da Giovanna D’Angi e Natascia Fonzetti, rispettivamente Joanne e Maureen, altra coppia omosessuale dal rapporto tormentato e combattuto. La loro grande interpretazione raggiunge l’apice col brano Take Me or Leave Me dove le due ragazze si fronteggiano con grinta e passione senza mai sbavare o perdere il tono dell’interpretazione nonostante il trasporto.

Buona prova anche per Enrico Sortino, Benny e per Matteo Volpotti, Mark: quest’ultimo sicuramente meglio nel recitato, a volte in difficoltà nel cantato, ma nel complesso soddisfacente.

Complimenti vanno fatti all’Ensemble: un gruppo che, nonostante le difficoltà a sostenere l’intero spettacolo, ha dimostrato forza, coesione, impegno e partecipazione. Una citazione particolare per Luca Gaudiano.

Purtroppo l’entusiasmo del gruppo di lavoro non basta se non è guidato da una mano capace e sicura che indichi dove indirizzare tutte queste energie.

 

Di seguito il cast al completo:

Giuseppe Verzicco, Roger

Arianna Galletti, Mimì

Matteo Volpotti, Mark

Enrico Sortino, Benny

Roberto Rossetti, Collins

Salvador Axel Torrisi, Angel,

Giovanna D’Angi, Joanne

Natascia Fonzetti, Maureen

 

Completano il cast: Simone Nocerino (cover Angel), Luca Gaudiano (cover Collins e Ensemble), Ilaria Nestovito (cover Mimì e Ensemble), Riccardo Grilli (cover Roger e Ensemble), Francesca Pulvirenti (cover Maureen e Ensemble), Giovanni Strano (cover Benny e Ensemble), Fabrizio Scuderi (Ensemble), Salvo Barbagallo (Ensemble), Marina Puglisi (Ensemble), Michela Cimino (Ensemble), Aurelio Rapisarda (Ensemble), Viviana Tupputi (Ensemble).

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