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Recensioni, Teatro, Teatro

Ozpetek porta Mine Vaganti a teatro!

mine

Mine Vaganti

Teatro Ambra Jovinelli

19 febbraio 2020

In scena al Teatro Ambra Jovinelli Mine Vaganti l’adattamento teatrale dell’omonimo film di Ferzan Ozpetek (sceneggiatura cinematografica in collaborazione con Ivan Cotroneo) che qui si cimenta per la prima volta con una regia teatrale.

Mine Vaganti è una storia familiare straordinaria raccontata con grande sensibilità e ironia.

Quella dei Cantone è una famiglia alto borghese radicata nelle tradizioni e proprietaria di un grosso pastificio storico. Il padre, Vincenzo (Francesco Pannofino), spera di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai sui due figli. La situazione precipita quando uno dei due, Antonio (Giorgio Marchesi), dichiara alla famiglia la propria omosessualità, bruciando sul tempo il fratello minore Tommaso (Arturo Muselli) tornato da Roma proprio per rivelare alla famiglia la stessa verità su se stesso. Il padre caccerà di casa il figlio maggiore intimandogli di abbandonare ogni avere. Tommaso si troverà incastrato nella famiglia e nella gestione dell’azienda, verso la quale, lui, aspirante scrittore, non ha alcun interesse né competenza. Sarà affiancato da Alba Brunetti (Roberta Astuti), amica di infanzia ed esponente della famiglia entrata in società nel pastificio dei Cantone.

La versione teatrale di Mine Vaganti è sicuramente molto riuscita. L’impianto rispetta in pieno lo spirito del film. Molti elementi lo ricalcano precisamente; alcuni dei protagonisti hanno fisionomie molto simili a quelli della pellicola e anche le pettinature delle donne sono le stesse. Se la storia è la stessa (non potrebbe essere altrimenti e non ci si aspettava nulla di diverso), molti elementi sono inevitabilmente differenti.

La trasposizione teatrale per quanto più immediata, non può certo ricreare tutte le immagini di un film.

Ferzan Ozpetek riesce con grande abilità a restituire la forza, la poetica, il fascino e la sensibilità della storia pur lavorando per sottrazione. Ha dovuto rinunciare ad alcune scene, seppure suggestive, inserendo però nuovi elementi e nuove scene per rendere la narrazione costantemente dinamica riuscendo a portare sul palcoscenico sentimenti, malinconia e risate in maniera equilibrata.

Le frequenti incursioni in platea contribuiscono a coinvolgere il pubblico a cui gli attori spesso si rivolgono come in un dialogo aperto, come se si fosse nella piazza del paese. Anche l’ambientazione cambia: non più il Salento, dove forse oggi una storia come questa non avrebbe più la stessa eco, ma una piccola città, Grignano. I tre amici gay sono diventati due ed è stata aggiunta la scena di uno spettacolo di Drag Queen per caratterizzarli ulteriormente e per dare voce alla rivelazione velata di Tommaso.

Paola Minaccioni, che nel film era la governante di casa Cantone, qui interpreta la mamma, ruolo che fu di Lunetta Savino; Giorgio Marchesi, che nel film era lo zio Nicola, qui è Antonio, nel film interpretato da Alessandro Preziosi.

Mine Vaganti è una storia di famiglia che non resta chiusa in uno scenario privato, bensì si fa universale: il padre è il capo famiglia, emblema di una società antica e patriarcale; la madre è una donna fedele al marito in tutto, per scelta e per convenzione sociale, nonostante il grande amore per i propri figli; marcata è la rivalità tra i due fratelli.

All’interno della storia della famiglia Cantone vengono poi affrontati altri temi universali: le scelte in merito a chi amare; gli ostacoli ad amare apertamente; l’incomunicabilità; la difficoltà di adeguarsi ai mutamenti della società; il valore dell’amicizia che, se vera, è salvifica.    Nonostante un carico emotivo così forte, riesce a mantenere quell’ironia e quella spontaneità esilarante delle vicende di tutti i giorni.

Per ovvie esigenze teatrali la scenografia non può ricalcare le scene del film. Si è scelto di ricreare le scene interne con pochi fondamentali elementi (il salotto, la consolle da trucco della nonna) che più che rappresentare evocano immagini e il cambio delle scene è affidato a un gioco di ampi tendaggi color panna che rendono tutto leggero. Ne risulta un senso generale di eleganza, merito di Luigi Ferrigno. Ottimo il disegno luci di Pasquale Mari e belli i costumi di Alessandro Lai.

I protagonisti regalano una buona prova attoriale anche se a volte le interpretazioni sembrano voler ricalcare troppo quelle dei colleghi del film: ci si sarebbe atteso un tratto personale che non in tutti si è ben distinto. Nel complesso, però, dimostrano una grande sinergia e alcune interpretazioni lasciano il segno.

Francesco Pannofino è decisamente a proprio agio in questo ruolo, felicemente accompagnato da Paola Mincaccioni. Molto calzante e divertente Mimma Lovoi nel ruolo della cameriera. Fra tutti, però, è Caterina Vertova ad incantare con la sua posatezza, con la sua eleganza, incarnando il personaggio non solo più bello della storia, ma anche quello maggiormente caratterizzato in maniera personale.

Mine Vaganti

Uno spettacolo di e diretto da Ferzan Ozpetek

Con Francesco Pannofino, Paola Minaccioni, Arturo Muselli, Giorgio Marchesi e Caterina Vertova, Roberta Astuti, Sarah Falanga, Mimma Lovoi, Francesco Maggi, Luca Pantini, Edoardo Purgatori.

Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo in coproduzione con Fondazione Teatro Della Toscana

Scene Luigi Ferrigni

Costumi Alessandro Lai

Luci Pasquale Mari

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Comunicati stampa, Teatro

Mine Vaganti – Ambra Jovinelli

mine

 TEATRO AMBRA JOVINELLI

  

19 febbraio | 1 marzo 2020

Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo in coproduzione con Fondazione Teatro Della Toscana

presentano

 

FRANCESCO             PAOLA        ARTURO     GIORGIO

PANNOFINO      MINACCIONI     MUSELLI    MARCHESI

e con

CATERINA VERTOVA

MINE VAGANTI

UNO SPETTACOLO DI

FERZAN OZPETEK

e con (in o.a)

ROBERTA ASTUTI   SARAH FALANGA   MIMMA LOVOI

FRANCESCO MAGGI   LUCA PANTINI    EDOARDO PURGATORI

                   SCENE                                                         COSTUMI                                                        LUCI     

LUIGI FERRIGNO     ALESSANDRO LAI    PASQUALE MARI

 

Ferzan Ozpetek firma la sua prima regia teatrale mettendo in scena

l’adattamento di uno dei suoi capolavori cinematografici MINE VAGANTI

 

** 2 David Di Donatello** 5 Nastri D’Argento ** 4 Globi D’Oro

**Premio Speciale della Giuria al Tribeca Film Festival di New York **Ciak D’Oro come Miglior Film

 

Dal 19 febbraio debutta un grande evento per la scena teatrale italiana: Ferzan Ozpetek firma la sua prima regia teatrale mettendo in scena l’adattamento di uno dei suoi capolavori cinematografici: “Mine Vaganti”. Protagonisti dello spettacolo saranno Francesco Pannofino, Paola Minaccioni, Arturo Muselli, Giorgio Marchesi e Caterina Vertova. Ad accompagnarli sulla scena un cast di attori di grande talento: Roberta Astuti, Sarah Falanga, Mimma Lovoi, Francesco Maggi, Luca Pantini, Edoardo Purgatori.

Note di regia

Come trasporto i sentimenti, i momenti malinconici, le risate sul palcoscenico?

Questa è stata la prima domanda che mi sono posto, e che mi ha portato un po’ di ansia, quando ha cominciato a prendere corpo l’ipotesi di teatralizzare Mine vaganti. La prima volta che raccontai la storia al produttore cinematografico Domenico Procacci, lui rimase molto colpito aggiungendo entusiasta che sarebbe potuta diventare anche un ottimo testo teatrale. Poco dopo avviammo il progetto del film e chiamammo Ivan Cotroneo a collaborare alla sceneggiatura.

Oggi, dietro invito di Marco Balsamo, quella prospettiva si realizza con un cast corale e un impianto che lascia intatto lo spirito della pellicola.

Certo, ho dovuto lavorare per sottrazioni, lasciando quell’essenziale intrigante, attraente, umoristico. Ho tralasciato circostanze che mi piacevano tanto, ma quello che il cinema mostra, il teatro nasconde, e così ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all’allestimento.

L’ambientazione pure cambia. Ora una vicenda del genere non potrebbe reggere nel Salento, perciò l’ho ambientata in una cittadina tipo Gragnano o lì vicino. In un posto dove un coming out ancora susciterebbe scandalo. Rimane la famiglia Cantone, proprietaria di un grosso pastificio, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai due figli. Tutto precipita quando uno dei due si dichiara omosessuale, battendo sul tempo il minore tornato da Roma proprio per aprirsi ai suoi cari e vivere nella verità.

Racconto storie di persone, di scelte sessuali, di fatica ad adeguarsi ad un cambiamento sociale ormai irreversibile. Qui la parte del pater familias è emblematica, oltre che drammatica e ironica allo stesso tempo.

Le emozioni dei primi piani hanno ceduto il posto a punteggiatura e parole; i tre amici gay sono diventati due e ho integrato le parti con uno spettacolino per poter marcare, facendone perfino una caricatura, quelle loro caratteristiche che prima arrivavano alla gente secondo le modalità mediate dallo schermo. Il teatro può permettersi il lusso dei silenzi, ma devono essere esilaranti, altrimenti vanno riempiti con molte frasi e una modulazione forte, travolgente. A questo proposito, ho tratto spunto da personali esperienze.

A teatro non ci si dovrebbe mai annoiare. Sono partito da questo per evitare che lo spettacolo fosse lento. Ho optato per un ritmo continuo, che non si ferma, anche durante il cambio delle scene. Qui c’è il merito di Luigi Ferrigno che si è inventato un gioco di movimenti con i tendaggi; anche le luci di Pasquale Mari fanno la loro parte, lo stesso per i costumi di Alessandro Lai, colorati e sgargianti.

Ho realizzato una commedia che mi farebbe piacere andare a vedere a teatro, dove lo spettatore è parte integrante della messa in scena e interagisce con gli attori, che spesso recitano in platea come se fossero nella piazza del paese e verso cui guardano quando parlano. La piazza/pubblico è il cuore pulsante che scandisce i battiti della pièce.

Ferzan Ozpetek

 

 

INTERPRETI E PERSONAGGI

FRANCESCO PANNOFINO è Vincenzo Cantone (padre di Tommaso e Antonio)

PAOLA MINACCIONI è Stefania Cantone (madre di Tommaso e Antonio)

ARTURO MUSELLI è Tommaso Cantone (fratello minore di Antonio)

GIORGIO MARCHESI è Antonio Cantone (fratello maggiore di Tommaso)

CATERINA VERTOVA è la Nonna (madre di Vincenzo)

ROBERTA ASTUTI è Alba Brunetti (socia di Tommaso)

SARAH FALANGA è Zia Luciana (sorella di Vincenzo)

MIMMA LOVOI è Teresa (cameriera di casa Cantone)

FRANCESCO MAGGI è Andrea (amico di Tommaso)

LUCA PANTINI è Marco (compagno di Tommaso)

EDOARDO PURGATORI è Davide (amico di Tommaso)

 

Prezzi per il venerdì, sabato e domenica

Interi: Poltronissima € 35 – Poltrona € 28 – I galleria A € 24 – I galleria laterale € 20 – II galleria € 19

Ridotto Over 65 e Under 26: Poltronissima € 30 – Poltrona € 25 – I galleria A € 19 – I galleria laterale € 16 – II galleria € 14
Prezzi per martedì, mercoledì, giovedì e sabato pomeriggio

Interi: Poltronissima € 33 – Poltrona € 26 – I galleria A € 22 – I galleria laterale € 18 – II galleria € 17
Ridotto Over 65 e Under 26: Poltronissima € 27 – Poltrona € 22 – I galleria A € 17 – I galleria B € 14 – II galleria € 12

Dal martedì al sabato ore 21. Domenica ore 17.00

sabato 22 e sabato 29 febbraio doppia replica ore 16:30 e ore 21:00 – domenica 23 febbraio e domenica 1 marzo doppia replica ore 17:00 e ore 21:00

replica straordinaria lunedì 24 alle ore 21:00

 

Foto di Romolo Eucalitto

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Recensioni, Teatro, Teatro

Due partite. Teatro Manzoni di Milano, 3 febbraio 2017.

Recensione di Carlo Tomeo

CARLO TOMEO FOTO

“Due partite” la celebre opera che Cristina Comencini scrisse per il teatro e che fu rappresentata per la prima volta nel 2006, riportando grande successo, è ora rappresentata sul palcoscenico del Teatro Manzoni per la stagione 2016/17 con nuove interpreti e con la regia di Paola Rota.

Le due partite del titolo hanno un significato non solo effettivo ma anche metaforico: racconta di quattro amiche che si incontrano tutti i giovedì per giocare una partita a carte che in realtà permette loro di condurre un’altra partita: quella del parlare della loro vita quotidiana, delle reciproche confessioni e delle insoddisfazioni malcelate che si portano dentro. Nella camera accanto, le loro tre figlie portano avanti una partita più semplice, quella del gioco.

Le donne sono Claudia, che ha tre figli (due maschi e una femmina), conduce una vita scialba, consapevole che il marito abbia un’altra donna, ma che si illude di tenere comunque unita la famiglia “per il bene dei figli”, Gabriella, che ha abbandonato la sua carriera di pianista per occuparsi della famiglia e ora vive nel pentimento tipico della rinuncia, Sofia che ha sposato un uomo con cui non ha più alcun rapporto sessuale e ha invece un amante. Infine c’è Beatrice, incinta all’ultimo mese e prossima alle doglie.

La scena è rappresentata da due ambienti differenti, costituiti da un mobilio diverso ed essenziale avente per sfondo due pannelli che, opportunamente fatti ruotare di 180 gradi durante il breve intervallo, spostano temporalmente l’azione della commedia di 45 anni.

Il primo atto si svolge durante gli anni sessanta: l’annuncia la canzone di Nada “Ma che freddo fa” successo dell’epoca.

Le donne, durante il gioco delle carte, ne approfittano per raccontarsi gli ultimi avvenimenti, quello più triste è raccontato da Sofia che è stata lasciata dall’amante. Nel frattempo Beatrice comincia ad avere le doglie e l’atto si conclude con la corsa verso l’ospedale.

Il secondo atto, annunciato dalla rotazione fisica della struttura,che ora riporta un pannello luminoso che fa da muro, ci fa capire che sono passati degli anni, 45 per l’esattezza. Le donne hanno le fattezze simili a quelle che abbiamo visto nel primo atto, con abiti e acconciature di oggi e sono le figlie delle donne che abbiamo conosciuto prima, le tre che giocavano nell’altra stanza, più Giulia, la figlia di Beatrice. Le alte tre sono Cecilia (figlia di Claudia), Sara (figlia di Gabriella) e Rossana (figlia di Sofia). Sono reduci da un funerale e ora assistiamo a un’altra partita, non quella a carte ma quella delle parole, fatte di ricordi, di nuovi avvenimenti che vengono raccontati: Cecilia che, pur non avendo un uomo, vuole a tutti i costi avere un figlio e si sta sottoponendo a massacranti cure ormonali ed è pronta alla fecondazione artificiale. Giulia che racconta della sua insoddisfazione verso il proprio partner che la trascura. Sara che si compiace di non aver seguito la strada che la madre aveva intrapresa e ora è una pianista di fama internazionale che gira il mondo, e si cura poco del marito che ha le sue manie. Rossana, infine, che vive apparentemente una vita di coppia appagante i cui atti sessuali, però, si svolgono solo nella casa al mare dove riesce a recarsi quando il super lavoro cui è soggetta glielo consente.

Le donne si raccontano cose belle e cose meno belle, e nella loro scelta di vita, si sentono vincenti, rispetto a quella che avevano condotto le loro madri, una delle quali è morta suicida (non dirò quale) e del funerale della stessa ora esse sono di ritorno.

Sia nel primo che nel secondo tempo i dialoghi sono di diversi colori: tristi, comici, ironici, graffianti, in certi momenti sulla soglia delle offese con relative scuse. La partita a carte che le madri si concedono tutti i giovedì rappresenta una piccola valvola di sfogo a una settimana in cui vivono la loro insoddisfazione di donne incomprese. L’uomo è presente, non fisicamente, ma attraverso i dialoghi delle donne che, pensando alle loro figlie, vedono per loro un futuro migliore. In questo senso sono rivelatrici le parole di Gabriella che fa notare alle amiche che verrà il momento in cui i loro figli non saranno chiamati maschi o femmine, ma semplicemente, e correttamente, persone.

Nel secondo atto le figlie però si sentono ancora appellate come femmine, più che come persone. Il che significa che la strada da fare verso una reale parità dei sessi è ancora da percorrere tutta. È vero che, dal 2006 a oggi, alcuni progressi sono avvenuti, ma il fatto che la commedia (da cui nel 2009 fu tratto anche il film omonimo di Enzo Monteleone) sia ancora rappresentata con successo è indicativo.

Le attrici impegnate nella rappresentazione sono state tutte molto brave: un punto di merito appena in più (anche a causa della tipologia del personaggio interpretato) è da attribuire a Paola Minaccioni e Caterina Guzzanti.

La regia di Paola Rota è stata condotta nel rispetto delle peculiarità artistiche delle attrici che, una volta bene appurate, sono state potenziate. Così com’è stato rispettato il pensiero della Comencini, impegnata qual è nel riconoscimento dei diritti civili e la parità dei generi.

Il pubblico ha molto apprezzato con calorosi applausi e numerose chiamate in scena delle quattro attrici. .

Due partite

testo di Cristina Comencini

con Giulia Michelini, Paola Minaccioni, Caterina Guzzanti, Giulia Bevilacqua

produzione Artisti Riuniti

regia Paola Rota

scene e disegno luci Paolo Bovey

costumi Gianluca Falaschi

Si ringrazia la Sig.ra Rita Cicero Santalena dell’Ufficio Stampa.

In scena al Teatro Manzoni di Milano fino al 19 febbraio.

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