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Musicology. Accademia TeatroSenzaTempo

musicology

Teatro Brancaccino

28 maggio 2016

Sabato 28 maggio, al Teatro Brancaccino si è svolta una serata spettacolo con gli allievi del MIA – Musical Inside Academy, il laboratorio annuale tenuto presso l’Accademia di Arti Drammatiche Teatro Senza Tempo di Roma il cui Presidente è Antonio Nobili e Vice Direttrice Mary Ferrara.

Musicology, questo il nome dello spettacolo, nasce da un format ideato e diretto da Mary Ferrara, con la direzione artistica di Enrico D’Amore, la direzione musicale del Maestro Emiliano Begni e le coreografie di Mattia Di Napoli.

Un format che ha unito la dimensione teatrale a quella dell’evento con un ottimo risultato e che è nato dall’esigenza di affiancare alla prosa, disciplina madre in un’Accademia di Arti Drammatiche, anche una formazione di base nelle altre discipline, quali canto e danza, consentendo così agli allievi di acquisire competenze generali a tutto tondo, di approcciarsi al proprio corpo e alla propria voce in modalità differenti, mettendoli di fronte ai propri limiti, alle proprie paure, alle difficoltà e stimolandoli al superamento di queste.

Lo spettacolo che ne è derivato è stato un amalgama misurato ed equilibrato di questi aspetti, che ha mantenuto un andamento energico e molto omogeneo, con una bella alternanza di monologhi, dialoghi, canzoni, coreografie, miscelati e organizzati in maniera fluida, dosando in giusta misura elementi drammatici con momenti più leggeri.

Altra  prova, per questi giovani, è stata quella di esibirsi di fronte ad un pubblico di attori e cantanti professionisti e di addetti ai lavori, alternandosi sul palco con grandi nomi del Teatro e Musical italiano.

A condurre e animare la serata, il simpaticissimo e poliedrico Alessandro Marino.

Una serata di musica eseguita tutta dal vivo grazie alla preziosa presenza dell’orchestra formata dal Maestro Emiliano Begni (Pianoforte), Stefano Ciuffi (Chitarra), Sergio Tentella (Batteria), Antonio Colaruotolo (Basso) e Giuseppe Russo (Sax).

In scena: Alice Adorni, Stefano Di Giulio, Matteo Maria Dragoni, Virginia Menendez, Mariangela Di Luzio, Serena Piraine, Giulia Bonanni, Alessia Sala, Cesare Ceccolongo.

Coro: Marco Maradei, Valerio Villa, Silvia Magazzù, Chicco Sciacco, Andrea Palmieri, Mariella Rotondaro, Andrea Vito De Luca, Federico Fiordigigli.

Elencare l’intero programma della serata sarebbe troppo lungo. Quello che qui conta è dare merito  a tutti  questi giovani allievi che tanto si sono impegnati durante l’anno e per questa prova finale. Gli elementi che credo vadano sottolineati sono, non solo la grande energia trasmessa e la dimostrazione di una grinta personale, ma anche e soprattutto lo spiccato spirito di gruppo e la bella sinergia espresse nei pezzi corali (Big Spender, Footlose, Totally Fucked, Superstar), coadiuvati dalle belle coreografie di Mattia Di Napoli che ha saputo costruire movimenti che fossero adatti a tutti. Credo che questo aspetto sia molto importante, per questi giovani che, alla ricerca di una propria dimensione artistica, debbono confrontarsi anche con l’altro, interagendo e rispettandone lo spazio.

Alcuni elementi sono emersi più di altri e ritengo sia giusto nominarli, non per creare differenze, ma per rendere merito al lavoro svolto.

In ordine di apparizione cito Stefano Di Giulio, un ragazzo che ho avuto già modo di apprezzare in ruoli drammatici e che dimostra grinta, energia e versatilità tirando fuori qui il temperamento comico, prima come disturbatore del presentatore, poi con la canzone Everybody needs somebody, da The Blues Brothers, interpretata con sicurezza, simpatia e competenza, e sostenuto in scena da Cesare Ceccolongo.

Alice Adorni ha divertito col suo monologo, dando tono e sfumature al personaggio e intenerito col brano Grandma Song.

Matteo Maria Dragoni è un ragazzo di cui si sentirà parlare; basta guardare come il suo viso si trasforma e gli occhi si illuminano quando sta sul palco. Ho avuto modo di vederlo diverse volte e in ruoli diversi e, sebbene dimostri una propensione per il drammatico, ha espresso grande energia comica nel suo monologo e nelle altre brevi apparizioni, dando prova di essersi messo in discussione su tutti i fronti, ballo e canto compresi. L’anno scorso questo bravo attore sembrava fisicamente un po’impacciato, invece ha dato dimostrazione di un impegno costante e diretto su più fronti.

Serena Piraine si porta a casa un bellissimo successo personale con la sua esibizione in Sempre ommo è in cui  ho notato un bellissimo equilibrio tra voce e corpo, interpretazione, espressività e movimento.

A proposito degli intensi momenti corali, a sostenere il gruppo degli attori in scena, un corposo coro di buoni elementi. Non posso non citarne alcuni e spiegherò perché.

Innanzitutto Silvia Magazzù: al primo anno, Silvia è una ragazza che sa fare tutto e che mi ha colpito molto sin dalla prima volta che l’ho vista (Il Diavolo Bianco).

Voglio poi citare Federico Fiordigigli, Andrea Palmieri e Chicco Sciacco, che ho recentemente visto in Il Dracula e di cui non avevo parlato perché mi riservavo di vederli in  altre cose. Hanno attirato la mia attenzione quel giorno e hanno confermato delle buone qualità in questo evento. Penso siano sulla buona strada, mostrando l’atteggiamento giusto.

La serata ha visto anche la partecipazione attiva di alcuni ospiti importanti che si sono esibiti alternandosi ai ragazzi: Chiara Luppi con la grande carica e la voce stupenda ha trascinato la platea con Think di Aretha Franklin; Alessandro Marino ci ha rapiti con la sua interpretazione di Maybe This Time, da Cabaret; Simone Leonardi, si è esibito con un monologo divertente e un po’amaro, interpretando poi, con la sua calda voce, Sand in the Clowns, canzone tratta dal musical A Little Night Music e portata al successo da Frank Sinatra; la bellissima, elegante e bravissima Rosalia Misseri si è esibita in un medley di Zingara/Il Mio Uomo/La Bambola col Velo (tratti da Notre Dame de Paris, Tosca Amore Disperato e I Promessi Sposi); Brunella Platania ci ha incantato con un monologo tratto da Cime Tempestose e con la sua interpretazione sempre intensa e appassionata di In his Eyes, da Jekyll and Hide; Michelle Perera ha concluso la serata con Superstar, da JCS, attorniata da tutti i ragazzi dell’Accademia che si sono esibiti in una  bellissima e precisa coreografia dando un grandissimo effetto di insieme.

Durante la serata è stato consegnato un premio alla carriera al bravissimo Fabrizio Angelini, omaggiato da una coreografia interpretata da Miriam Bonaccorso e Franco Angelini. Ringraziando, Fabrizio ha rivolto parole di incoraggiamento a questi ragazzi invitandoli a studiare sempre, a crederci e a perseverare nonostante le difficoltà e, magari, le insoddisfazioni iniziali.

Musicology è stato un evento spettacolo molto bello e interessante, ma soprattutto utile a questi ragazzi e queste ragazze che aspirano a lavorare in Teatro e che hanno così avuto un’altra occasione per esibirsi su un palco vero con un pubblico composto anche da professionisti del settore.

 

Musicology

Crediti  – Aiuto regia: Martina Milani – Assistente alla Direzione Musicale/Preparazione Cori: Alessio Ingravalle – Assistenti alle Coreografie: Alessia Cutigni/Martina Milani – Vocal Coach: Brunella Platania/Enrico D’Amore – Ufficio Stampa: MFP – Scenografia e Costumi: TsT Produzioni Spettacoli Teatrali – Luci: Riccardo Merlini.

 

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Vite Parallele di Antonio Nobili

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Teatro Furio Camillo

21 aprile 2016

LocandinaOrizzontale_Vite Parallele

 

Ieri sera, al Teatro Furio Camillo, mi sono emozionato tantissimo grazie, o dovrei dire per colpa, del nuovo spettacolo di Antonio Nobili, Vite Parallele.

Sì per colpa perché la mia anima ha sofferto e il mio cuore ha pianto nell’assistere ad una messa in scena così cruda e forte come solo la realtà può essere.

Una finzione che non era finta, una rappresentazione così realistica da fermarmi il fiato in gola e commuovermi.

Sicuramente la mia storia personale ha influito sulla percezione di questo spettacolo, ma non si può negare che la storia scritta e diretta da Antonio Nobili e raccontata dai bravi protagonisti sul palco arrivi dritta al cuore in maniera dirompente forte di un realismo stringente.

Vite Parallele è un documento prima di tutto; una dichiarazione a voce alta della volontà di difendere la dignità dell’essere umano.

Non si racconta una realtà romanzata, ma si parla di vita vera (e di morte) con lucidità, ma non freddezza, passando dal cinismo pungente alla compassione più pura.

Vite Parallele presenta una realtà disarmante, sicuramente scomoda, mettendo alla prova la coscienza di ognuno che, inevitabilmente, si troverà ad interrogarsi sul senso più intimo della propria esistenza e sul valore che dà alla propria vita.

Simone e Valerio sono due giovani che conducono la propria esistenza uno all’oscuro dell’altro. Le loro vite fluiscono parallele, “come spinte dal vento, quello che spinge le anime ambiziose”scrive l’autore, per poi incontrarsi rimanendo parallele, ma, questa volta, stese in un letto di ospedale.

Simone e Valerio hanno la SLA. La malattia li coglie improvvisa e crudele nel fiore degli anni e li costringe, loro malgrado, a fare i conti con se stessi e con i nuovi, invalicabili limiti a cui si troveranno inevitabilmente di fronte.

Limiti enormi, fisici prima di tutto, ma anche emozionali.

Come una burrasca la malattia porta via tutto: sogni, desideri, programmi. Soprattutto, porta via la vita che, piano piano viene loro negata ogni giorno di più, nella consapevolezza di essere dei condannati a morte.

Questa burrasca, questo vento tempestoso che sradica tutto si sente su quel palco: si avverte nelle parole dei protagonisti, Simone e Valerio, ma anche nella frustrazione del medico che li ha in cura e nei diversi atteggiamenti con cui le due infermiere affrontano la malattia dei propri pazienti.

Si avverte nel testo, vero, sentito, crudo, asciutto, duro, volendo anche crudele, perché la se la vita non è crudele, la morte lo è, e commovente.

Intorno a Simone e Valerio si muove un mondo fatto di dubbi, frustrazione e tanta paura.

Vite Parallele è uno spettacolo che pone una delicata e fondamentale riflessione sulla vita e sulla morte, ma, soprattutto sul morire con dolore.

Affronta una questione attuale su cui la Bioetica, a cui tra l’altro si fa ampio riferimento, ha tanto scritto e ancora continua a discutere: è giusto, quando si è colpiti da una malattia così totalizzante e invalidante come la SLA, continuare a soffrire fino alla morte o piuttosto non sarebbe più giusto, più etico, rispettare la dignità dell’essere umano ponendo fine in anticipo alle sue sofferenze?

Con Simone e Valerio vedremo quale sarà l’istinto più forte, se la voglia di vivere nonostante tutto o il desiderio di poter decidere di se stessi mettendo fine alle proprie sofferenze.

Un testo sicuramente emozionante e un tema molto delicato, trattato con rispetto e grande lucidità.

Gli attori in scena si buttano in questa storia mettendo in gioco tutto di sé. Una prova attoriale in cui tutti sono da elogiare.

Marco Giustini intepreta il medico che ha in cura Simone e Valerio e riesce a conferirgli la giusta professionalità nei momenti opportuni, passando poi alla frustrazione di fronte agli eventi ingiusti ed ineluttabili e presentando con verosimiglianza il dissidio interno dell’uomo e dello scienziato.

Alessio Chiodini e Simone Guarany  interpretano Simone e Valerio e la loro interpretazione è commovente, per quel realismo di cui ho già detto, e per l’afflato che ci mettono.

Ad Alessio spetta, poi, un monologo toccante in cui fa vibrare il cuore.

Lucia Rossi e Cristina Frioni sono le due infermiere: incarnano due tipologie umani differenti. L’una cinica, l’altra compassionevole verso tutti. Entrambe fanno una bella prova e si muovono insieme molto bene sul palco.

Francesca Antonucci e Raffaella Camarda sono le fidanzate di Simone e Valerio e, anche loro come le infermiere, rappresentano due modi diversi di affrontare la malattia; parallele anch’esse potremmo dire nell’impianto voluto da Antonio.

Anita Ivanova, infine, è il motivo dell’atteggiamento duro dell’infermiera cinica.

La regia di Antonio Nobili, con l’assistenza di Matteo Maria Dragoni, è in linea con il testo, quindi asciutta, diretta e pulita.

Infine, nel dramma di vite parallele che si sfiorano e si incontrano, fondamentale, in questo spettacolo, il disegno luci curato da Riccardo Merlini.

 

“VITE PARALLELE”
Scritto e diretto da: Antonio Nobili

Da un’idea di Simone Guarany

con Marco Giustini – Simone Guarany – Lucia Rossi – Cristina Frioni – Francesca Antonucci – Raffaella Camarda – Anita Ivanova

Con la partecipazione straordinaria di Alessio Chiodini nel ruolo del Valerio

Assistente alla regia: Matteo Maria Dragoni 

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De Profundis. Antonio Nobili è Oscar Wilde

de profundis

Teatro Furio Camillo

18 marzo 2016

Il De Profundis di Antonio Nobili e Martina Mastroianni è un’opera drammaturgicamente molto forte e affascinante; forse non potrebbe essere diversamente trattandosi dell’adattamento di un capolavoro di Oscar Wilde, ma i due autori sono riusciti a costruire un tessuto narrativo di grande impatto emotivo, mantenendo tutta la poeticità e la drammaticità delle parole di Wilde e riuscendo a farle arrivare vive e forti fino a noi.

Oscar Wilde (Antonio Nobili) viene condannato a due anni di carcere per aver amato il giovane Lord Alfred Bruce Douglas soprannominato Bosie (Matteo Maria Dragoni): un amore considerato contro natura e condannato dalla società e dalla legge.

Nei due anni di questa dura e sofferta prigionia, durante la quale Wilde si confronta apertamente con la propria coscienza ( Martina Mastroianni) e dalla quale uscì minato nel fisico e danneggiato nella carriera, l’artista scrive una lunga lettera al suo Bosie in cui gli dichiara tutto il suo amore e tutto il rammarico e la delusione per un legame spezzato e anche tradito nelle intenzioni. Wilde, infatti, come un maestro deluso dal discepolo, rimprovera il suo amato Bosie di non avergli dedicato lo stesso amore e le stesse attenzioni che egli, invece, ha avuto per lui e lo biasima per la grandissima vanità.

Dolore, sofferenza e rimpianto sono sentimenti che vivono sopra quel palco grazie all’interpretazione, intensa e profonda, di Antonio Nobili e il giusto contrasto, ben giocato, con la figura di Bosie, sempre ben vestito, col suo atteggiamento imperturbabile. Una figura affatto eccessiva, un dandy impassibile di fronte alle vicende dell’amante, che gioca il suo essere sopra le righe con un abbigliamento ricercato, una postura elegante e leggermente affettata e un volto truccato, ma conservando sempre un atteggiamento posato ed equilibrato.

L’intenzione con questo lavoro è quello di dimostrare l’ordinarietà dell’amore omosessuale in un momento storico, come quello presente, dove ancora l’omosessualità fa ancora tanto scalpore e fa gridare allo scandalo e alla violazione delle regole naturali.

Questo dramma viene giocato intensamente sul rapporto di enorme contrasto che Bosie ha col padre, Lord Queensberry (Alberto Albertino), rappresentante di una società omofoba e violenta, ieri come oggi e con l’inserimento della madre di Bosie (Mary Ferrara) a costituire l’ aspetto rassicurante e accogliente dell’amore filiale.

C’è di più: mentre Wilde si dispera per la sua condizione di prigioniero e per la fine del suo amore col giovane e vanesio Bosie, c’è una donna, la moglie Constance (Elisa Lombardi) che, pur avendo deciso di lasciarlo, non lo abbandona, ma provvede a far sì che una volta uscito di prigione Wilde possa avere una rendita vitalizia, ma, soprattutto, dimostra un amore che va oltre: non accetta l’amore di suo marito per un altro uomo, ma lei sa che Oscar non può essere di una sola persona; Wilde appartiene al mondo, perché il suo fascino ha presa su chiunque. A lei basta sapere di essere non la sola, ma di essere speciale, di essere l’unica moglie di Wilde.

Ancora, intorno alla figura di Wilde in carcere girano i due carcerieri, l’uno truce e violento ( Stefano di Giulio) e l’altro, invece, incline alla letteratura (Alessio Chiodini); poi l’amico di Wilde che lo sostiene in quegli anni, interpretato da Valerio Villa e il suicida in prigione, Chicco Sciacco.

A fronte di una drammaturgia così intensa e capillare, non corrisponde, purtroppo, una rappresentazione altrettanto forte; si avverte una disomogeneità tra gli attori sul palco, non tutti allineati su uno stesso piano interpretativo.

Così, se profonda e intensa è la rappresentazione di Nobili, giusta e misurata quella di Matteo Maria Dragoni, ottima ed energica quella di Alberto Albertino, intensa e coinvolgente quella di Elisa Lombardi, calibrata quella di Mary Ferrara, gli altri personaggi hanno confini poco netti e si diradano un po’ come la nebbia.

I carcerieri restano sempre un po’ vaghi sullo sfondo, acquisendo nitidezza lentamente per poi riscattarsi nella scena finale; anche gli altri personaggi hanno poco spessore.

Soprattutto, non arriva lo scontro tra Wilde e la propria coscienza; drammaturgicamente è un momento molto bello, intenso e poetico, ma sono parole che cadono a terra svuotandosi non appena pronunciate; non c’è abbastanza substrato, non c’è trasporto; sono parole belle pronunciate senza intenzione.

Inoltre, “l’amore che non osa dire il suo nome” è l’amore di un adulto nei confronti di un giovane, è quell’amore che era alla base della filosofia platonica, quell’amore che va oltre la carnalità ed esprime la sua grandezza in una progettualità intellettuale che sia frutto di due anime vicine: ecco, tutto questo manca  in questa rappresentazione, forse per scelta, forse per mancanza, ma diciamo che se, come è, Oscar Wilde fu condannato per questo amore che non sa pronunciare il proprio nome, forse avrebbero dovuto darcene un po’ di più.

De Profundis è un’opera che possiede un testo davvero molto bello, ma talmente forte, talmente potente che nel rappresentarlo è necessario togliere e non mettere: la parola è già così vigorosa, già così pregna di significato che aggiungere tante figure di spessore intorno nuoce all’andamento generale. Ecco perché ho apprezzato il confronto Wilde/Bosie, proprio perché Bosie è un personaggio a cui hanno tolto, ma che comunque dà. E’ un lavoro, questo, che potrebbe essere rappresentato meglio e con maggiore effetto, con meno interpreti, concentrandosi maggiormente sulla parola detta che sul gesto rappresentato.

TeatroSenzaTempo Produzione Spettacoli Teatrali

presenta

“DE PROFUNDIS”

dal capolavoro di Oscar Wilde

adattamento del testo: Antonio Nobili e Martina Mastroianni  

regia: Antonio Nobili

con Antonio Nobili (nel ruolo di Oscar Wilde), Martina Mastroianni

e  Matteo Maria Dragoni – Alberto Albertino– Elisa Lombardi – Mary Ferrara – Valerio Villa – Stefano Di Giulio – Chicco Sciacco

Con la partecipazione straordinaria di Alessio Chiodini nel ruolo del Carceriere

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