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Danza, Musical, Recensioni, Teatro, Teatro

Jersey Boys regia C.Insegno

jersey boys

Teatro Olimpico

22 novembre 2016. Prima

Jersey Boys è finalmente arrivato a Roma, al Teatro Olimpico,  il musical più acclamato degli ultimi tempi.

Prodotto da Teatro Nuovo di Milano, con la regia di Claudio Insegno, vincitore a settembre 2016 del premio come Miglior Spettacolo Nuovo e Miglior Attore Protagonista per Alex Mastromarino agli Italian Musical Awards, Jersey Boys racconta la storia dei Four Seasons, storico gruppo pop-rock statunitense che scalò le classifiche di tutto il mondo tra gli anni ’50 e ’70.

Jersey Boys è un musical jukebox con le musiche di Bob Gaudio, i testi di Bob Crew e libretto di Marshall Brickman e Rick Elice, ma non solo: è anche una testimonianza storico-musicale di un evento di costume.

Lo spettacolo narra la storia del gruppo dalla sua formazione allo scioglimento, attraversando le stagioni che lo stesso ha vissuto. Il musical, infatti, è suddiviso in quattro stagioni, ognuna rappresentata dal punto di vista di un personaggio, e racconta l’ascesa e il declino dei Four Seasons, gruppo di enorme importanza, talmente particolare nelle voci e nelle armonizzazioni da essere scambiati in radio per un gruppo di colore, oppure da essere ritenuto composto da tre uomini e una donna, per la particolarità e unicità della voce di Frankie Valli.

Jersey Boys è uno spettacolo molto denso, sfaccettato per la ricchezza di elementi narrativi e figurativi che rappresenta.

Partendo dalle vicende che hanno portato alla formazione del gruppo, passando attraverso le numerose hit che sono state in testa alle classifiche, fino ad arrivare alla crisi e allo scioglimento del gruppo, lo spettacolo approfondisce moltissimi aspetti della storia dei Four Seasons, dandone una presentazione a tutto tondo.

Non solo lo spettacolo restituisce con forza dirompente e grandissima energia, grazie alle vocalità strepitose dei quattro protagonisti capaci di armonizzazioni strepitose, le tantissime canzoni di un gruppo musicale che ha segnato un’intera generazione, ma anche ricrea con precisione mode e costumi di un’epoca con particolare attenzione all’approfondimento del carattere dei personaggi.

Sono proprio questo approfondimento, il punto di vista raccontato da ognuno di loro, le dinamiche personali che hanno portato alla crisi prima e allo scioglimento dopo e quelle ancora successive a dare valore aggiunto ad un’opera che già musicalmente e vocalmente coinvolge e affascina.

I quattro protagonisti, oltre ad essere eccezionali interpreti, riescono a far emergere l’umanità dei loro personaggi.

Frankie Valli è una persona comune che parte dal basso, proviene da un quartiere difficile e non perderà mai la sua naturale inclinazione a cercare il bello nelle persone. Vive gli ostacoli della vita con ottimismo; il suo motto è “troviamo una soluzione”. Frankie il frontman del gruppo, sicuramente artefice del grande successo dello stesso che lui, però, imputa sempre alla sinergia del gruppo.

A interpretarlo è uno strepitoso Alex Mastromarino, dotato di una voce particolarissima capace di acuti e falsetti poco comuni. L’atteggiamento e la faccia sono i suoi: quelli di un artista umile e modesto che vive il lavoro con grandissima professionalità.

Tommy De Vito è colui che crea e disfa il gruppo: duetti, trii, quartetti che ogni volta cambiano nome. Di questo si vanterà sempre esigendo dagli altri un rispetto e assenso incondizionato che non merita per tutti i guai che crea in continuazione al gruppo. Tommy, infatti, è quello che mantiene i rapporti con le case discografiche e con la mafia, raggiungendo compromessi che ne fanno emergere la debolezza umana.

Marco Stabile è perfetto in questo ruolo: ha la faccia giusta, l’atteggiamento e le movenze da sfrontato e superbo. Mette colore e sapore ad un personaggio che, nonostante non sia esattamente un modello da seguire, ispira simpatia, ma soprattutto, ne restituisce con efficacia l’umanità, tra debolezza e difficoltà, nonostante non smetta mai di credere che il successo dei Four Seasons sia tutto merito suo.

Bob Gaudio è la parte creativa del gruppo, un compositore di grandissimo talento. A differenza degli altri, non è del New Jersey e proviene da una famiglia benestante. E’ molto sicuro di sé ed è un calcolatore. Sa interpretare il mercato, le tendenze e prevedere quali melodie possano risultare vincenti. Flavio Gismondi è pienamente dentro al personaggio. Con quel bel viso da bravo ragazzo, ma l’occhio sveglio e furbo, lo fa suo calzandolo a pennello.

Nick Massi è colui che avvierà lo scardinamento del gruppo, tirando fuori i problemi economici e relazionali del gruppo. Silente durante il primo atto, nel secondo metterà tutti di fronte ai propri limiti ed errori. Sa che così facendo metterà in moto un processo di distruzione del gruppo, ma le parole gli escono improvvise dal petto, spinte forse anche da quel sogno da sempre bramato di formare un suo gruppo. Anche Claudio Zanelli crea un personaggio completo, colorandolo con intensa espressività e forgiandogli un carattere che esce allo scoperto gradualmente.

Oltre a questi quattro straordinari attori e interpreti, il cast si avvale di altri validissimi professionisti.

Andrea Carli è un perfetto siciliano nei panni del mafioso Gyp Decarlo.

Alice Mistroni è meravigliosa nei panni di Mary Delgrado che accompagna con grande capacità nella sua trasformazione.

Brian Boccuni è un divertentissimo ed eccentrico Bob Crewe, compositore insieme a Bob Gaudio per i Four Seasons. Un personaggio grandioso a cui Brian conferisce un’interpretazione esilarante e ricca di particolari.

Giulio Pangi è uno strepitoso e anche lui divertentissimo Joe Pesci, che fu colui che presentò Bob Gaudio al gruppo. Anche qui ci troviamo di fronte ad un’interpretazione trascinante.

Inoltre, Brian e Giulio interpretano anche altri ruoli “minori” dando prova di una spiccata versatilità grazie alla quale riescono a creare personaggi completamente diversi tra loro e compiuti seppur nella loro breve vita in scena.

Pasquale Girone è un grande Norman Waxman, uno strozzino al quale Tommy si rivolgerà mettendo in enormi difficoltà gruppo.

Completano un eccellente cast Fiorella Nolis, Gloria Miele, Massimo Francese, Valeria Belleudi, Roberto Lai, Giuseppe Orsillo.

Jersey Boys è uno spettacolo che si dimostra sicuramente impegnativo per chi lo fa. Due ore e quaranta circa di spettacolo che, nonostante siano un po’troppe per gli standard a cui siamo abituati, passano con grande piacevolezza a ritmo di musica, passi di ballo e un testo agile.

Merito della regia di Claudio Insegno che è riuscito a confezionare uno spettacolo con cambi scena rapidi a livello scenografico e agili a livello drammaturgico. Si scivola velocemente da una scena all’altra senza cesure mantenendo sempre una continuità narrativa senza mai perdere ritmo e tempo.

Ogni personaggio, non solo i quattro protagonisti principali, ha  corposità e struttura e mantiene una libertà di azione grazie ad una ottima distribuzione degli spazi e dei movimenti.

Jersey Boys è uno spettacolo in cui scenografia e luci hanno un grandissimo ruolo. Le scene di Roberto e Andrea Comotti sono davvero tante e belle: con parti fisse e mobili, videowall e oggetti di scena  si ricreano ogni volta ambienti differenti specifici e particolari.

Le luci di Alin Theodore Pop creano giochi bellissimi accompagnando con la modulazione di colori e intensità le scene partendo dai momenti più intimi fino ad esplodere in alcuni picchi da concerto rock.

Bellissimi i costumi, perfettamente in stile, di Graziella Pera.

Valeriano Longoni ha curato le coreografie, molto carine e anch’esse in linea col ventennio raccontato.

Jersey Boys vi aspetta al Teatro Olimpico fino al 4 dicembre per emozionarvi!

 

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Interviste, Musical, Teatro, Teatro

Intervista a Claudio Zanelli per Jersey Boys.

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Claudio Zanelli, cominci a studiare prestissimo teatro dedicandoti alla prosa.

Sì, io vengo dalla prosa. Ho lavorato per tantissimo tempo nella prosa a Ostia, nel giro del teatro ostiense che è una realtà teatrale abbastanza sviluppata, con tanti teatri e io facevo solo prosa.

Quello che manca a Ostia, però, è l’esperienza musical. La mia passione per questo genere nasce dal musical in inglese. Ho frequentato corsi di formazione teatrali in lingua straniera e ho fatto molti spettacoli in inglese con l’Associazione Arts In English.

Poi ho cominciato a fare musical a livello professionale coi matinée al Sistina, con La Compagnia delle Stelle. Prima era più a livello amatoriale. 

Nella tua formazione c’è stata l’Accademia Corrado Pani di Pino e Claudio Insegno.

Mi sono ritrovato alla Corrado Pani per un motivo. Ho sempre fatto teatro per gioco, non pensavo di poterlo fare come lavoro. Un giorno mi viene a vedere Davide Nebbia durante lo Zoo di Vetro di Tennessee Williams e mi dice: “mi piaci, sei bravo”. Lui stava facendo il secondo anno alla scuola di Ingrassia e gli avevano dato la direzione del saggio. E mi dice perché non vieni con me a fare questo spettacolo di fine anno?

Io contentissimo vado e per la prima volta vedo come è fatto il teatro a livello professionale ed è lì che mi innamoro dell’ambiente teatrale professionale, che per la prima volta esco fuori dal giro di Ostia e vedo qualcosa di più bello, più grande più completo e dico: aspetta allora c’è tanto di più.

Da lì ho deciso di cominciare a studiare e diventare un attore . Ho fatto il provino alla Corrado Pani e sono stato preso. E’ stata un’ottima Accademia. 

Dopo l’Accademia arrivano i primi lavori grossi.

Esatto. Dopo l’Accademia il primo lavoro che faccio sono le matinèe al Sistina con La Compagnia delle Stelle con la regia del compianto Tommaso Paolucci e lì comincia, piano piano, la mia gavetta: matinée, spettacoli vari fino ad arrivare a Jersey Boys. 

Eccolo: Jersey Boys! Nello spettacolo tu sei Nick Massi. Chi è Nick Massi?

Nick Massi è la verità. Nick Massi è la prima, sotto certi aspetti l’unica, persona che racconta tutta la verità. Tommy è quello che fa vedere il suo punto di vista, tirando acqua al suo mulino; fa vedere che è stato lui  creare il gruppo, che è stato lui ad assumere Bob Gaudio, eccetera. Bob Gaudio si sente un fico, un genio: sono io che ho scritto le canzoni, io che vi ho portato al successo. A un certo punto arriva Nick e fa capire a tutti che non era tutto rose e fiori come loro raccontavano, perché ognuno raccontava solo le cose belle del gruppo. Io arrivo e porto a galla le magagne, i problemi. Racconto la parte del Tommy “casinaro”, che spreca i soldi; la parte del Bob freddo e calcolatore; racconto quello che a un  certo punto non vorresti sentirti dire. Sembra essere tutto bello, andare tutto bene, poi, il primo atto si chiude con una notizia che ti lascia con l’amaro in bocca. Il secondo atto si apre con la mia parte in cui dico: va bene, fino adesso sono stato zitto, ora parlo io e dico tutto quello che non ho detto fino a quel momento.

Il mio personaggio è un personaggio che attorialmente esplode nella seconda parte. La cosa complicata, una delle difficoltà attoriali affrontate, è che nella prima parte, , il personaggio rischia di risultare dimesso sul palcoscenico, proprio perché il recitativo è ridotto all’osso. Anzi che Claudio nel suo riadattamento del copione ha aggiunto qualche piccola battuta a tutti, ma in generale il mio personaggio è abbastanza silenzioso, per un motivo, perché quando parla poi esplode. Il classico vulcano dormiente. 

In questo ti assomiglia?

(Sospira) sì. Dico la verità. Noi abbiamo questo progetto di fare qualcos’altro tutti insieme, abbiamo già registrato un pezzo. E’ allucinante perché ogni tanto ci ritroviamo a parlare tra di noi e si creano certe dinamiche per le quali ci guardiamo negli occhi e ci diciamo che i nostri personaggi ce li portiamo dietro nella vita. Se c’è una cosa su cui Claudio è stato magistrale è stata quella di creare un cast, parlo soprattutto di noi quattro, in cui le caratteristiche individuali degli attori calzano a pennello coi personaggi. Tant’è che dopo alcuni giorni ha scambiato i ruoli di Marco e Flavio perché i loro personaggi, Tommy e Bob, erano più vicini all’uno che all’altro e infatti ne sono usciti molto molto bene. Se prima erano bravissimi, adesso sono perfetti, perché i personaggi calzano a pennello. 

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Foto di Consuelo Busi

A proposito delle caratteristiche dei personaggi e di questa vicinanza ad alcuni aspetti del vostro carattere, dammi un aggettivo o una definizione per ognuno dei tuo tre colleghi.

Alex Mastromarino è prezioso, innanzitutto per le sue caratteristiche vocali. Penso che performer in Italia che riescono a fare quello che fa lui, se ce ne sono, io non li conosco. Poi la dedizione che mette in quello che fa va oltre ogni limite.

Marco Stabile è emozionante. Marco è la carica emotiva del gruppo, è quello che quando tu sei alla ricerca di qualcosa sul palcoscenico lui con uno sguardo ti dà quello di cui hai bisogno sempre. E’ un punto di riferimento sul palco.

Flavio Gismondi è geniale. Abbiamo fatto una versione di Defying Gravity in stile Jersey Boys, anni ’50, e Flavio l’ha scritta, arrangiata e armonizzata e dovresti sentire cosa è! Veramente geniale. 

Parigi? Cosa è stata?

Grasso! (ride). Ho preso tre chili!

E’ stata la mia prima esperienza all’estero. E’ stata un’emozione altalenante perché, non andando in scena tutte le sere, era complicato prendere un vero e proprio  ritmo, che per noi attori è molto importante. A parte queste piccole difficoltà, è stata un’esperienza indimenticabile.  E’ stata anche una mezza vacanza!

Recitare per delle persone che non capiscono la tua lingua e arrivare lo stesso è incredibile, emozionante. La certezza che arriva ce l’hai quando a fine spettacolo 1500 persone si alzano in piedi per la standing ovation. Lì sai che, nonostante la differenza linguistica, lo spettacolo è arrivato.

Infatti c’è in programma il ritorno a Parigi, ma stavolta in lingua francese. Me lo auguro con tutto il cuore, sarebbe ancora di più una sfida. 

Un sogno, un progetto che vorresti realizzare?

Ho un paio di sogni nella vita. Uno è che vorrei calcare il palco del Teatro Argentina di Roma. Sarebbe un bel traguardo, trattandosi di un teatro in cui si fa prosa ad alti livelli.

L’altro sogno è interpretare Antonio Salieri nell’Amadeus, uno dei ruoli più belli che sia mai stato scritto.

Pensa che io venni preso nel mio primo lavoro grosso perché fu Pino Insegno a farmi studiare il monologo finale di Salieri nell’Amadeus e lo portai proprio al provino per le matinée al Sistina.

Pensa te se riuscissi a fare Amadeus all’Argentina: sarebbe il top per me. Poi c’è uno dei miei attori preferiti in assoluto che ha interpretato quel ruolo e che è Sir Ian McKellen. 

Ringrazio Claudio per questa bella intervista fatta strada facendo in viaggio da Milano a Roma di notte (non guidava lui in quel momento) tra gallerie e la linea che andava e veniva! Grande disponibilità!

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Danza, Interviste, Musical, Teatro, Teatro

Intervista a Mastromarino per Jersey Boys.

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Alex Mastromarino, una vita per il Musical!

Sono tantissimi i lavori a cui hai preso parte. Faccio un rapido e non esaustivo riassunto: protagonista del musical di Cole Porter Anything Goes per il quale hai curato anche la traduzione italiana delle liriche; hai partecipato al musical Lady Day con Amii Stewart;  sei stato nel corpo di ballo del musical The Producers con Enzo Iacchetti e Gianluca Guidi sotto la direzione di Saverio Marconi;  hai partecipato a Grease nel ruolo di Roger, in cui eri anche Responsabile Musicale: hai interpretato Giuda nell’opera inedita Jesus con la regista Anna Ponzellin. Ancora: compositore per lo spettacolo Oltre Zeta 2;  hai composto le musiche di Tobia, vincitore del premio ETI “Teatri del Sacro 2009″. Poi il musical Pippi Calzelunghe diretto da Fabrizio Angelini, con la supervisione di Gigi Proietti; hai collaborato con Paolo Ruffini negli spettacoli “80 voglia di 80″ e “De’ Rocky Horror”; sei stato Abu in Aladin il musical, autore Stefano D’Orazio con musiche dai Pooh, regia di Fabrizio Angelici, protagonisti Manuel Frattini e Roberto Ciufoli. Inoltre sei direttore artistico della scuola  Wosacademy di Livorno e ideatore del musical E non finisce mica il cielo diretto da Fabrizio Angelini.

Quali sono stati gli appuntamenti di svolta nella tua carriera? Quelli che professionalmente ti hanno segnato maggiormente?

Sicuramente il mio primo spettacolo che è stato The Producers con Enzo Iacchetti e Gianluca Guidi. E’ stata la prima occasione per vedere artisti che si mettevano alla prova con il Musical professionale vero e proprio. Fino ad allora io avevo solamente cantato e solamente studiato alla MTS di Milano, quindi è stata un’occasione per vedere persone che erano già nell’ambiente a lavorare. Tra l’altro con me nel cast c’erano Gianfranco Fino, Simona Samarelli, Giorgio Raucci, Loredana Sartori, Marco Massari nomi che nel Musical erano già e sono ancora molto molto validi, un cast validissimo dal quale ho sicuramente  preso tanto.

La persona più importante è stata sicuramente Fabrizio Angelini che mi ha voluto fortemente come suo cover e infatti poi sono stato anche in scena col suo ruolo a Trieste ed è stato importante perché con lui  poi ho lavorato tanto dopo:  feci Pippi Calzelunghe che faceva lui con Proietti e quella per me è stata un’occasione meravigliosa. Fabrizio Angelini è una persona molto geniale nel teatro con idee molto particolari, mi ricorderò per sempre il suo Jesus Christ Superstar ambientato ai giorni nostri, scommessa secondo me totalmente vinta.  Gigi Proietti è un grande maestro che mi ha insegnato delle cose stupende come l’importanza del silenzio in teatro tra una battuta e l’altra.

Un altro importante spettacolo è stato Aladin con Abu al fianco di Manuel Frattini, uno spettacolo che mi ha dato tanta visibilità, forse il primo spettacolo col quale le persone hanno cominciato a vedere chi ero io, perché negli altri spettacoli ero sempre o nel corpo di ballo o la macchietta, la spalla del protagonista, sempre un pochino in  secondo piano. Ho fatto la gavetta come si deve.

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Anche Aladin portava la firma alla regia di Fabrizio Angelini?

Sì, esatto. Poi con Fabrizio ho anche messo in scena un mio spettacolo E non finisce mica il cielo che ho scritto con Gianfranco Vergoni ed è stato bellissimo, anzi mi piacerebbe moltissimo trovare un produttore per riportarlo a teatro: uno spettacolo bellissimo con tutte le canzoni di Mia Martini intrecciate per raccontare una storia molto forte emotivamente, emozionante.

Infine, ovviamente, c’è Frankie. Frankie è Frankie.

Con Frankie sei arrivato a vincere un bellissimo premio. Infatti a settembre agli Italian Musical Awards hai vinto il premio come miglior attore protagonista proprio per il ruolo di Frankie.

Sì, un premio inaspettato, devo dire la verità. Quando mi hanno nominato è stata una grande vittoria perché vedere anche la sera stessa il mio nome scritto sul videowall a fianco di persone che per me sono stati esempi nel mio studio, Manuel Frattini, Giò Di Tonno, Giampiero Ingrassia, condividere la nomination con un mio compagno come Flavio Gismondi per il quale ho una grandissima stima, nominato per Newsies è stato davvero emozionante. Devo dire la verità già solo la nomination è stato un grande premio. Quando poi Nancy Brilli e Michelle Hunziker hanno fatto il mio nome e l’ho visto apparire è stato come in quei momenti in cui la ragione si spegne e la testa va in off.

In platea ci siamo accorti della tua viva e vera emozione e questo è bello perché dà il polso della naturalezza e della semplicità della persona che sei.

Io ci tengo tanto. E’ stato molto bello. Avrei voluto fortemente essermi preparato qualcosa da dire. Tanti miei colleghi hanno detto cose belle sul teatro e fatto ringraziamenti a chi del teatro ha scritto la storia; non avrei mai pensato di poter vincere. Ad averlo saputo prima sarebbe piaciuto anche a me, oltre ringraziare il cast, come ho fatto, dare un messaggio, invece non ricordo nemmeno cosa abbia detto, ricordo solo di essere stato me stesso.

Ora hai l’opportunità di dire qualcosa e di ringraziare chi non hai ringraziato.

In realtà sarebbero talmente tante le cose da dire. Però avrei voluto e voglio farlo ora, ringraziare i miei genitori, le persone che hanno sempre creduto in me. Anche per una correttezza professionale. Però, forse, il mio messaggio l’ho dato senza avere l’intenzione di darlo: l’idea della genuinità, del restare sempre semplici in qualsiasi occasione. Poi, ovvio, lancio l’invito a tutti ad andare a teatro perché il teatro è una cosa meravigliosa.

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Parliamo di Frankie. Jersey Boys racconta la grandiosa ascesa verso la celebrità di una delle band di maggior successo nella storia della musica pop: i leggendari Four Seasons ed è un magnifico viaggio musicale. Chi è Frankie?

Io credo che Frankie sia un personaggio che racchiude il genere umano in toto. E’ veramente uno di noi, una persona estremamente comune. E’ un uomo normale che fa cose normali e spera di poter realizzare un suo sogno. E’ una persona che vive gli ostacoli della vita, che ha dovuto fare scelte importanti  e rinunce, che si è trovato di fronte a bivi fondamentali. E’ un personaggio in cui molti possono ritrovarsi. Forse anche per questo, nonostante in Italia lo spettacolo non sia molto conosciuto, sta ottenendo riscontri travolgenti. La gente ritrova l’immagine di se stessa.

Queste le caratteristiche principali del tuo personaggio. Quali sono, invece, le emozioni e i colori? Oltre alla semplicità e alla naturalezza, lui comunque è un po’ il leader del gruppo.

In realtà è il frontman, è la voce. Ognuno dei quattro, a modo suo, aveva grosse responsabilità: Tommy De Vito (Marco Stabile) era la persona che teneva i contatti con le case discografiche, con la mafia, con quei compromessi che poi hanno portato a far uscire la debolezza dell’essere umano; Bob Gaudio (Flavio Gismondi) era colui che componeva per il gruppo, quindi la parte creativa; Nick Massi (Claudio Zanelli) era il genio delle armonie, colui che prendeva le creazioni di Bob e le trasformava in canzoni corali.

Frankie era il frontman, aveva questa voce molto particolare, peculiare, non si capiva bene se fosse la voce di una donna o di un uomo di colore, aveva questa vocalità molto molto rara e, come tutti gli artisti, sicuramente ci ha messo un sacco di cuore, anima e umanità.

Cosa c’è di Alex Mastromarino in Frankie?

Io credo di averci messo l’Italia. Jersey è stato messo in scena in moltissimi posti nel mondo e io credo di averci messo l’Italia. Ho ricercato una pronuncia non perfettamente inglese essendo lui un italo americano e ci ho messo un po’ più di passionalità. A livello vocale ci ho aggiunto rotondità, una voce meno schiacciata.

Parliamo di Parigi. Che esperienza è stata Parigi?

Parigi è stato un bel sogno, una bella sorpresa. Abituato a vedere altri miei colleghi che andavano all’estero a lavorare ho sempre pensato a chissà quale soddisfazione potesse essere, chissà che emozione e in effetti viverla è stata una cosa unica, una scommessa vinta. Sempre sold-out e spero si possa ripetere.

Adesso una domanda difficile che ho rivolto anche ai tuoi colleghi, Marco, Flavio e Claudio. Vorrei che me li definissi con un aggettivo.

Credo che possa usare degli aggettivi che si combinano sia ai personaggi che ai protagonisti.

Marco Stabile è la determinazione, una persona solida con una grandissima capacità di tenere tutti uniti. E’ un po’ un leader carismatico del gruppo. E’ una persona a cui potersi aggrappare.

Flavio Gismondi è la creatività. E’ un ragazzo che ha tantissime qualità, oltre a quelle che mette in scena. Stiamo lavorando anche a un progetto nostro, di noi quattro, al di fuori di Jersey, e devo dirti che ha una capacità di stare dietro alla macchina della produzione incredibile: suona, compone, è una persona che ha sempre qualcosa di nuovo da far scoprire di se stesso.

Claudio Zanelli è il calore, non solo per la sua vocalità calda. E’ la persona che riesce sempre a sdrammatizzare le situazioni, riesce a farci sorridere, sempre molto gioioso, festoso. Claudio è il calore della festa, la classica persona che quando è in gruppo riesce sempre a mantenere positività. E’ molto sensibile, il primo ad emozionarsi. A volte mi piacerebbe riuscire ad esprimere le emozioni come lui.

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Un sogno? Un progetto che vorresti realizzare?

Io, devo dire la verità, sono grato alla mia vita. Non avrei mai pensato, nascendo in un paesino, di arrivare pian piano dove sono. Mi fa quasi paura darmi dei punti di arrivo. La vita mi ha sempre stupito portandomi oltre a quello che avrei potuto sperare.

Però mi piacerebbe tantissimo riportare in scena E non finisce mica il cielo: è uno spettacolo in cui credo fortemente e potrebbe essere un bel modo di continuare il personaggio che ho creato di Frankie Valli, perché è un personaggio vero di vita comune, non è un fumetto, né un supereroe o una macchietta o una spalla, ma è un personaggio vero. Mi piacerebbe trovare qualcuno che lo produca.

Poi, se dovessi dire uno spettacolo che mi piacerebbe fare, pur sapendo di avere una fisicità che mi limita in alcuni ruoli (certo il Principe Azzurro non potrei farlo! – ride), però magari Seymour  de La piccola bottega degli orrori, Bert in Mary Poppins. O, anche, c’è uno spettacolo che ho sempre adorato e si chiama Hollywood Ritratto di un divo, con le musiche di Gianni Togni e interpretato da Massimo Ranieri, ed è uno spettacolo che mi ha molto molto emozionato. Ricordo di averlo vissuto molto. Ora che sto diventando adulto mi piacerebbe affrontare quel tipo di adulto come personaggio.

Ringrazio tantissimo Alex Mastromarino per la sua spontaneità e per la semplicità dimostrata in questa bellissima chiacchierata. Sono ansioso di vederlo a teatro in Jersey Boys e gli auguro di realizzare il sogno di portare in scena E non finisce mica il cielo.

Jersey Boys il Musical Teatro Nuovo di Milano Regia di Claudio Insegno  con: Alessandro Mastromarino, Marco Stabile, Claudio Zanelli, Flavio Gismondi, Alice Mistroni, Felice Casciano, Brian Boccuni, Giada D'Auria, Massimo Francese, Pasquale Girone, Roberto Lai, Gloria Miele, Elena Nieri, Giuseppe Orsillo, Giulio Pangi.

Jersey Boys il Musical Teatro Nuovo di Milano Regia di Claudio Insegno  con: Alessandro Mastromarino, Marco Stabile, Claudio Zanelli, Flavio Gismondi, Alice Mistroni, Felice Casciano, Brian Boccuni, Giada D'Auria, Massimo Francese, Pasquale Girone, Roberto Lai, Gloria Miele, Elena Nieri, Giuseppe Orsillo, Giulio Pangi.

14925315_10211250882490155_9192615089334506762_n Foto di copertina di Consuelo Busi

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