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Musical, Recensioni, Teatro, Teatro

Chiara Noschese vince la sfida Flashdance!

flashdance

Teatro Nazionale Che Banca!

7 ottobre 2017

Ha debuttato il 5 ottobre a Milano, al Teatro Nazionale Che Banca, dove resterà fino al 31 dicembre 2017, Flashdance – Il Musical, la nuovissima produzione firmata Stage Entertainment e Full House Entertainment.

Si tratta di un allestimento teatrale completamente inedito tratto dal memorabile film del 1983 Flashdance diretto da Adrian Lyne, scritto da Tom Hedley e Joe Eszterhaz con protagonista Jennifer Beals nel ruolo di Alex.

Flashdance è la storia di una giovane donna che insegue con passione e determinazione il suo sogno. Alex di giorno lavora in fabbrica e la notte si esibisce ballando in un night, ma il suo sogno è diventare una vera ballerina. A sostenerla avrà intorno le sue amiche e colleghe dell’ Harry’s e, soprattutto, la sua anziana amica Hannah, ex ballerina classica che le dà lezioni e consigli. Come in certe favole, arriva un principe azzurro nella vita di Alex, Nick, figlio dei proprietari della fabbrica che si innamora di lei e vuole aiutarla a realizzare il suo sogno. Alex, però, è testarda e orgogliosa e vuole farcela da sola.

Questa versione di Flashdance è completamente nuova sotto ogni aspetto. E’ stato scritto un copione inedito, con canzoni nuove e nuovi personaggi, con risultati molto buoni. Lo spettacolo è una versione 2.0 di Flashdance, rivisitata e modernizzata, che mantiene lo spirito degli anni ’80, restituendolo, però, con energia e freschezza nuove.

L’adattamento delle liriche e del testo sono di Chiara Noschese che dimostra di aver saputo lavorare con un materiale difficile da gestire. Si deve riconoscere che il film non brillasse certo per sceneggiatura e dialoghi e, nonostante questo, in Italia fu il film più visto nel 1983 e ottenne un successo mondiale che ne ha cristallizzato una opinione ben precisa nel pubblico.

Eppure Flashdance – Il Musical è un buon prodotto tutto italiano: la regia è di Chiara Noschese, le coreografie di Marco Bebbu, la direzione musicale di Angelo Racz, set designer è Gabriele Moreschi, light designer Francesco Vignati e sound designer Armando Vertullo.

La storia ha un suo evolversi lungo i vari quadri così come i personaggi, ben scritti e attuali, hanno una loro maturazione per tutto lo svolgimento dello spettacolo.

I brani più famosi (What e feeling, Maniac, Gloria, I love Rock’n Roll) vengono mantenuti in lingua inglese, ma riarrangiati e rinnovati e vengono affiancati da nuove canzoni originali in italiano che mantengono aderenza assoluta al contesto, inserendosi perfettamente come elementi narrativi.

Molto bella l’idea di dare una doppia versione di Gloria, una solo accennata e più entusiastica all’ inizio, in italiano, l’altra più disperata e in inglese, a sottolineare il percorso emotivo del personaggio di Gloria.

Bellissima e potente la versione di I love Rock’n Roll cantata dal personaggio di Tess interpretato da Rossella Contu.

Musiche e liriche sono tutte piacevoli da ascoltare anche se alcune frasi musicali seguono note a volte ripetutamente troppo alte non conferendo modulazione alla canzone.

Flashdance – Il Musical è uno spettacolo ricco di numeri ballati e cantati, immagini, proiezioni e luci.

Le coreografie sono energiche, ammiccano agli anni ’80, pur rimanendo fresche. La scenografia è completa e funzionale: con rapidi gesti e movimenti, alcuni inseriti con naturalezza come movimenti coreografici, si passa dalla fabbrica, all’Accademia, mentre pannelli che scendono e salgono mostrano e celano all’occorrenza la camera di Alex, il salotto di Hannah, il locale di Harry.

Ogni elemento scenografico è utilizzato completamente e su più livelli, grazie all’uso di scale movibili, una passerella e di strutture che sostengono i camerini dell’Harry’s.

La regia di Chiara Noschese è attenta, precisa e scrupolosa sia nello sguardo d’insieme che nei singoli quadri scenici.

Nel complesso Flashdance – Il Musical è uno spettacolo moderno, molto ben scritto ed equilibrato in tutti i suoi elementi costitutivi.

Alex è Valeria Belleudi, già vista in Sister Act, Priscilla la regina del deserto e Jersey Boys e qui al suo primo ruolo da protagonista. Brava, energica, ha la grinta che serve al suo personaggio che, in fondo, un po’ le somiglia. Con questo spettacolo infatti Valeria ha raggiunto il suo sogno di essere protagonista così come Alex esaudirà il proprio, quindi la determinazione di Alex è realmente la stessa di Valeria, della quale si possono ammirare le doti atletiche essendo in scena tutto il tempo e sempre in movimento.

Lorenzo Tognocchi è Nick Hurley. Anche per lui, finalmente, un meritatissimo ruolo da protagonista di cui Lorenzo dimostra ampiamente di essere all’altezza.

Meravigliosa presenza di Altea Russo nei panni di Hannah personaggio fisicamente delicato, ma dal carattere forte a cui Altea sa conferire personalità e dolcezza.

Altra importante presenza è Marco Stabile nei panni di Jimmy, fidanzato di Gloria (Elisa Lombardi), a cui Marco dà carattere e sfumature e con cui si esibisce in  un assolo molto intenso.

Ancora bellissimi ruoli e belle interpretazioni per Ilaria De Rosa (Kiki) e la sua bellissima voce; Michel Altieri che è uno splendido C.C.; Lorena Crepaldi nel doppio ruolo di Mrs. Wilde, a cui, con pochi gesti sa dare raffinatezza e austerità e della divertente Louise, badante di Hannah e via di seguito tutti gli altri bravi interpreti senza escludere un importante ensemble (tra cui segnalo la presenza di Giorgia Arena tra le protagoniste di Peter Pan – Il Musical e apprezzatissima nella commedia Gemelli ascendente Gemelli).

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Flashdance – Il Musical

Testo Tom Hedley e Robert Cary

musica Robbie Roth

liriche Robert Cary e Robbie Roth

traduzione, adattamento e regia Chiara Noschese

regista residente Roberto Bani

aiuto regista Eleonora Lombardo

coreografie Marco Bebbu

direttore musicale Angelo Racz

con Valeria Belleudi, Lorenzo Tognocchi, Elisa Lombardi, Ilaria De Rosa, Rossella Contu, Marco Stabile, Roberto Vandelli, Michel Altieri, Altea Russo, Lorena Crepaldi, Renato Tognocchi, Giovanni Abbracciavento, Gianluca Briganti, Giorgia Cino, Alessandra Gregori, Veronica Lepri, Angelo Di Figlia, Giorgia Arena

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Recensioni, Teatro, Teatro

De Profundis. Antonio Nobili è Oscar Wilde

de profundis

Teatro Furio Camillo

18 marzo 2016

Il De Profundis di Antonio Nobili e Martina Mastroianni è un’opera drammaturgicamente molto forte e affascinante; forse non potrebbe essere diversamente trattandosi dell’adattamento di un capolavoro di Oscar Wilde, ma i due autori sono riusciti a costruire un tessuto narrativo di grande impatto emotivo, mantenendo tutta la poeticità e la drammaticità delle parole di Wilde e riuscendo a farle arrivare vive e forti fino a noi.

Oscar Wilde (Antonio Nobili) viene condannato a due anni di carcere per aver amato il giovane Lord Alfred Bruce Douglas soprannominato Bosie (Matteo Maria Dragoni): un amore considerato contro natura e condannato dalla società e dalla legge.

Nei due anni di questa dura e sofferta prigionia, durante la quale Wilde si confronta apertamente con la propria coscienza ( Martina Mastroianni) e dalla quale uscì minato nel fisico e danneggiato nella carriera, l’artista scrive una lunga lettera al suo Bosie in cui gli dichiara tutto il suo amore e tutto il rammarico e la delusione per un legame spezzato e anche tradito nelle intenzioni. Wilde, infatti, come un maestro deluso dal discepolo, rimprovera il suo amato Bosie di non avergli dedicato lo stesso amore e le stesse attenzioni che egli, invece, ha avuto per lui e lo biasima per la grandissima vanità.

Dolore, sofferenza e rimpianto sono sentimenti che vivono sopra quel palco grazie all’interpretazione, intensa e profonda, di Antonio Nobili e il giusto contrasto, ben giocato, con la figura di Bosie, sempre ben vestito, col suo atteggiamento imperturbabile. Una figura affatto eccessiva, un dandy impassibile di fronte alle vicende dell’amante, che gioca il suo essere sopra le righe con un abbigliamento ricercato, una postura elegante e leggermente affettata e un volto truccato, ma conservando sempre un atteggiamento posato ed equilibrato.

L’intenzione con questo lavoro è quello di dimostrare l’ordinarietà dell’amore omosessuale in un momento storico, come quello presente, dove ancora l’omosessualità fa ancora tanto scalpore e fa gridare allo scandalo e alla violazione delle regole naturali.

Questo dramma viene giocato intensamente sul rapporto di enorme contrasto che Bosie ha col padre, Lord Queensberry (Alberto Albertino), rappresentante di una società omofoba e violenta, ieri come oggi e con l’inserimento della madre di Bosie (Mary Ferrara) a costituire l’ aspetto rassicurante e accogliente dell’amore filiale.

C’è di più: mentre Wilde si dispera per la sua condizione di prigioniero e per la fine del suo amore col giovane e vanesio Bosie, c’è una donna, la moglie Constance (Elisa Lombardi) che, pur avendo deciso di lasciarlo, non lo abbandona, ma provvede a far sì che una volta uscito di prigione Wilde possa avere una rendita vitalizia, ma, soprattutto, dimostra un amore che va oltre: non accetta l’amore di suo marito per un altro uomo, ma lei sa che Oscar non può essere di una sola persona; Wilde appartiene al mondo, perché il suo fascino ha presa su chiunque. A lei basta sapere di essere non la sola, ma di essere speciale, di essere l’unica moglie di Wilde.

Ancora, intorno alla figura di Wilde in carcere girano i due carcerieri, l’uno truce e violento ( Stefano di Giulio) e l’altro, invece, incline alla letteratura (Alessio Chiodini); poi l’amico di Wilde che lo sostiene in quegli anni, interpretato da Valerio Villa e il suicida in prigione, Chicco Sciacco.

A fronte di una drammaturgia così intensa e capillare, non corrisponde, purtroppo, una rappresentazione altrettanto forte; si avverte una disomogeneità tra gli attori sul palco, non tutti allineati su uno stesso piano interpretativo.

Così, se profonda e intensa è la rappresentazione di Nobili, giusta e misurata quella di Matteo Maria Dragoni, ottima ed energica quella di Alberto Albertino, intensa e coinvolgente quella di Elisa Lombardi, calibrata quella di Mary Ferrara, gli altri personaggi hanno confini poco netti e si diradano un po’ come la nebbia.

I carcerieri restano sempre un po’ vaghi sullo sfondo, acquisendo nitidezza lentamente per poi riscattarsi nella scena finale; anche gli altri personaggi hanno poco spessore.

Soprattutto, non arriva lo scontro tra Wilde e la propria coscienza; drammaturgicamente è un momento molto bello, intenso e poetico, ma sono parole che cadono a terra svuotandosi non appena pronunciate; non c’è abbastanza substrato, non c’è trasporto; sono parole belle pronunciate senza intenzione.

Inoltre, “l’amore che non osa dire il suo nome” è l’amore di un adulto nei confronti di un giovane, è quell’amore che era alla base della filosofia platonica, quell’amore che va oltre la carnalità ed esprime la sua grandezza in una progettualità intellettuale che sia frutto di due anime vicine: ecco, tutto questo manca  in questa rappresentazione, forse per scelta, forse per mancanza, ma diciamo che se, come è, Oscar Wilde fu condannato per questo amore che non sa pronunciare il proprio nome, forse avrebbero dovuto darcene un po’ di più.

De Profundis è un’opera che possiede un testo davvero molto bello, ma talmente forte, talmente potente che nel rappresentarlo è necessario togliere e non mettere: la parola è già così vigorosa, già così pregna di significato che aggiungere tante figure di spessore intorno nuoce all’andamento generale. Ecco perché ho apprezzato il confronto Wilde/Bosie, proprio perché Bosie è un personaggio a cui hanno tolto, ma che comunque dà. E’ un lavoro, questo, che potrebbe essere rappresentato meglio e con maggiore effetto, con meno interpreti, concentrandosi maggiormente sulla parola detta che sul gesto rappresentato.

TeatroSenzaTempo Produzione Spettacoli Teatrali

presenta

“DE PROFUNDIS”

dal capolavoro di Oscar Wilde

adattamento del testo: Antonio Nobili e Martina Mastroianni  

regia: Antonio Nobili

con Antonio Nobili (nel ruolo di Oscar Wilde), Martina Mastroianni

e  Matteo Maria Dragoni – Alberto Albertino– Elisa Lombardi – Mary Ferrara – Valerio Villa – Stefano Di Giulio – Chicco Sciacco

Con la partecipazione straordinaria di Alessio Chiodini nel ruolo del Carceriere

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Recensioni, Teatro, Teatro

Fogli di Immenso Silenzio

Fogli Immenso Silenzio_Locandina

Teatro Orione

11 dicembre 2015. Anteprima

“FOGLI D’IMMENSO SILENZIO”

Testo e Regia di Antonio Nobili

antonio nobili

Quando la poesia racconta la guerra, senza celarne orrore e dolore e la penna del drammaturgo raccoglie questi pensieri per svelare l’umanità dei soldati, senza retorica e dietrologie, solo con l’intento di scavare nell’animo umano per penetrare le trincee della paura e della disperazione, ma anche della coesione che gli uomini al fronte vivevano e il senso di abbandono ineluttabile e il terrore della solitudine delle donne rimaste in patria ad aspettare i propri uomini, allora il racconto è storia e poesia insieme, l’evento non è solo cronaca, ma analisi intima ed emotiva del vissuto umano.

La poesia è quella di Giuseppe Ungaretti; il drammaturgo è Antonio Nobili, a sua volta poeta, perché scrive e dirige un racconto su una pagina orribile della storia dell’umanità, con rispetto, delicatezza, spirito evocativo e voglia di ricordare non le imprese, ma gli esseri umani che di quelle imprese furono i protagonisti sul campo di battaglia e coloro che la guerra la subirono.

Il racconto è un’evocazione, la narrazione di un ricordo che scorre parallelo ad un secondo piano temporale che è lo svolgersi dei fatti ricordati.

E’ Mario, cappellano al tempo dei fatti narrati, a raccontare la storia durante un’intervista: così, mentre i ricordi di una vita consumata lo sorprendono con confusione, Mario diventa simbolo e testimone non solo di un evento, la prima guerra mondiale, ma degli uomini che di quell’evento sono stati protagonisti.

Affidandosi ad un taccuino come su un bastone su cui poggiare la propria memoria, Mario racconta la vita di trincea, la quotidianità dei soldati al fronte.

Quel taccuino è la raccolta delle memorie e delle riflessioni di Giuseppe Ungaretti, dove il poeta aveva annotato ordini, strategie, scontri, ma anche sentimenti e stati d’animo, non solo suoi, ma di tutti i suoi commilitoni.

La vicenda narrata e allo stesso tempo vissuta, si svolge nel Carso isontino, uno dei fronti più caldi del conflitto: si viene immediatamente catapultati nel pieno della battaglia, tra i soldati guidati dal Comandante Umberto.

Conosciamo, così, i soldati immersi nella vita dura e spietata della trincea:  Alfredo, l’unico ad aver già combattuto una battaglia, intento a medicare una ferita a Salvatore, il più giovane del gruppo, classe ’98, perché la guerra non risparmiò nessun uomo in grado di imbracciare un fucile. Incontriamo Giuseppe, insegnante e poeta, andato volontario in guerra con la convinzione e l’auspicio che quella potesse essere l’ultima delle guerre dell’umanità, mentre scrive una lettera ad Antonio, analfabeta, che vuole rassicurare la madre; Mario, il cappellano del gruppo, che ha ritrovato il taccuino di Giuseppe e vorrebbe restituirglielo.

Non c’è solo il campo di battaglia in questo racconto; ognuno di questi uomini ha lasciato a casa un affetto da cui tornare; ognuno di loro è sostenuto e mosso alla resistenza fisica e psicologica da quell’unico, forte desiderio di riunirsi all’altra metà del cuore.

Il Comandante Umberto ha lasciato a casa Mara, la moglie, ad accudire il loro figlio piccolo; Giuseppe vuole tornare da Matilde, per riprendere una relazione appena abbozzata; Salvatore ha nel cuore solo Nadia, fiduciosa che il suo amore possa difendere Salvatore dalle pallottole; Antonio vuole tornare dalla madre tanto amata.

In Fogli di Immenso Silenzio Antonio Nobili non racconta la guerra, ma le vite di chi questa guerra l’ha combattuta e di chi l’ha subita.

Racconta di anime tormentate, impaurite, di uomini grandi o cresciuti troppo in fretta e di donne e famiglie che la guerra la patiscono nella lontananza, nella mancanza, nella paura che il proprio amato possa non tornare vivo e nel terrore che venga loro spazzato via ogni futuro.

Nella solitudine e disperazione della trincea, il momento più difficile è quando viene la notte e i pensieri hanno la nefasta possibilità di correre agli affetti lasciati. Meglio avere il turno di notte, allora, dover fissare per ore il buio con il timore che il nemico possa palesarsi in qualsiasi momento.

Il buio è il vero nemico di questi uomini, perché nell’inattività della notte l’angoscia aumenta. Unico modo per esorcizzare il terrore e vincere il buio è la scrittura: scrivere lettere, pensieri e riflessioni immaginando di parlare con gli affetti lasciati a casa e riempire quel silenzio dell’amore che fa resistere ad ogni costo.

Volano le pagine, volano fogli di immenso silenzio; i soldati riflettono non solo sulla loro umanità, ma anche su quella del nemico, chiedendosi chi ci sia dall’altra parte e se anche costui abbia lasciato a casa qualcuna che ama e che, con trepidazione, lo stia aspettando.

Così, tra lettere mai spedite, riflessioni, pensieri, annotazioni, lettere scritte per altri che non sanno farlo, l’immenso silenzio della notte, quel rumoroso silenzio che la guerra lascia dentro di ognuno, un silenzio enorme e abissale fatto di grida taciute, viene in parte colmato tentando di riempirlo di parole mute.

L’immenso silenzio è la presenza della paura; immenso silenzio sono le 574 lettere che Giuseppe ha scritto per Matilde, ma che non ha mai spedito con la convinzione di poterle un giorno dargliele di persona; l’immenso silenzio è quella situazione di sospensione nel tempo in cui tutto sembra fermarsi e i sogni, i ricordi e i nomi esplodono in mute grida.

L’opera di Antonio Nobili è un immergersi crudo e reale in un’esperienza di vita che cammina sempre a fianco della morte riportando il realismo poetico delle opere di Ungaretti.

Il carattere poetico dell’opera non è, o non è solo, nel riferimento alla poetica di Ungaretti, quanto nel carattere fortemente evocativo del testo di Nobili, nell’uso di un linguaggio vero, reale e rappresentativo, che non è rimando ad altro che non viene detto, ma conoscenza della realtà e delle relazioni esistenti tra gli esseri umani.

E’ un immergersi nel dolore e nella disperazione dell’uomo senza mai perdere la speranza, senza mai essere tetro e triste, ma sempre alla ricerca di un riscatto.

Si immerge, Antonio e ci trascina così nel mondo disperato e disperante della guerra, a fianco di uomini di ogni ceto sociale e di ogni età, proiettili di carne che non rinunciano a mantenere la propria umanità restituendoci vita pulsante laddove la vita veniva messa a rischio e perduta.

Fogli di Immenso Silenzio è un’opera enorme, con all’interno tanti mondi diversi comunicanti tra loro; un’opera impegnativa di enorme impatto che, tra l’altro, per il suo alto valore rientra nel programma ufficiale del Governo per in Centenario della Prima Guerra Mondiale.

Un’opera monumentale impreziosita da una tessitura musicale sublime e da canzoni originali toccanti. La partitura musicale si affianca al recitativo mettendo in comunicazione il racconto sul campo di battaglia con la vita delle donne che aspettano i propri uomini in patria.

Una musica pienamente funzionale al testo, che lo accompagna fondendocisi e restituisce ritmo, cadenza e timbro alla narrazione, attirando così tanto l’attenzione dello spettatore sulla rappresentazione da fargli perdere la cognizione del tempo che passa.

Le musiche originali e le canzoni sono di Antonio Tocco e Davide Tamburrino, la Direzione musicale e gli arrangiamenti di Emiliano Begni.

L’interpretazione degli attori è di altissimo livello.

Alessio Chiodini è un Giuseppe Ungaretti pragmatico, per quanto poeta, sognatore, ma non illuso e dà dimostrazione di una professionalità sempre più alta. Memorabile il momento in cui, sul finir della battaglia, prende in mano la situazione e parla col comando generale. Un personaggio che muta progressivamente e che Alessio accompagna con intensità  nel mutamento.

Daniel De Rossi è bravissimo nel ruolo di Mario, nella doppia veste di giovane Cappellano al fronte e anziano sacerdote che racconta la storia.

Bellissimo il personaggio di Antonio, analfabeta, ma affascinato dal potere della parola e dalle poesie di Giuseppe ed eccezionale l’interpretazione di Marco D’Angelo: puro, pulito, commosso e commovente.

Il monologo di Antonio/Marco è uno dei momenti più toccanti di tutto lo spettacolo.

Insieme a Silvia Del Prete, tra l’altro bravissima cantante, che interpreta magistralmente Giuseppina, la madre, forma la più bella coppia sul palco.

Bravi tutti nel calarsi con consapevolezza nella dimensione storica, sociale ed emotiva della Grande Guerra per restituirne un quadro di grande umanità.

In conclusione sono da segnalare le scenografie visivamente efficaci di Valeria Mangiò e i bei costumi della Sartoria Victoria Iurii.

Musiche Originali: Antonio Tocco e Davide Tamburrino

Direzione Musicale: Emiliano Begni

cast

Alessio Chiodini, Giuseppe Ungaretti

Daniel De Rossi, Mario

Marco D’Angelo, Antonio

Antonio Tocco, Alfredo

 Alberto Albertino, Umberto

Stefano Di Giulio, Ufficiale Fiamme Cremisi

Elisa Lombardi, Matilde, la fidanzata

Vanessa Innocenti, Mara, la moglie

Silvia Del Prete, Giuseppina, la madre 

 Alessia Sala, Nadia

Matteo Maria Dragoni, Salvatore

Direzione musicale Emiliano Begni

Emiliano Begni pianoforte e arrangiamenti

Stefano Ciuffi chitarra

Stefano Napoli contrabbasso

Angelo Maria Santisi violoncello

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