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Danza, Teatro

Romeo e Giulietta, Il ballo

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La scena del ballo è un tripudio di energia e grinta!

Un intreccio fittissimo di passi, giri, braccia e mani che librano nell’aria, scambi continui.

Vedo la scena e mi immagino un fitto bosco: ci sono gli alberi altissimi, con le cime che arrivano al cielo; poi le fronde  che scendono mano a mano e fanno ombra.

Sotto l’ombra c’è un mondo; un altro mondo si schiude.

Il sottobosco con tutta la sua varietà di specie vegetali e animali.

Poi ci sono le radici che vanno in profondità. Alcuni alberi sono così grandi, così forti che hanno radici solide, attaccate salde al terreno e che da esso fuoriescono.

Ecco, il ballo è tutto questo.

Assistiamo alla scena nella sua globalità come potremmo vedere cime degli alberi dall’alto. Poi vediamo le coppie, perfettamente assortite: sono le fronde che si alternano lungo il tronco. Poi c’è il sottobosco costituito dai singoli movimenti di ogni ballerino/a; ognuno ha un ruolo preciso, precise posizioni; ogni atto, ogni scambio deve svolgersi in quell’istante, seguito da un altro istante: una serie di attimi che formano lo scorrere del tempo.

Poi ci sono le radici: forti, salde, sono alla base del tronco perché devono sostenere l’alto fusto e si attaccano al terreno perché devono contenere e trattenere il terreno. Le radici sono Veronica Peparini e Fabrizio Prolli: tutto si regge su di loro; loro hanno il compito di tenere saldo l’intero complesso, unendo il corpo centrale e mantenendolo saldo al terreno mentre sale al cielo e si sviluppa in rami e fronde.

La coreografia del Ballo è un lavoro intricatissimo, una trama multiforme dove elementi diversi si incastrano fondendosi; proprio come immagino debba essere un lavoro a maglia: singoli fili si intrecciano con altri singoli fili creando una maglia elastica o serrata a seconda del disegno originale e il tutto da vita ad un risultato di compattezza, unione e solido intreccio. Ogni singolo filo dà corpo ad una cosa nuova e diversa da sé, come ogni singolo ballerino, fondendosi col movimento degli altri, dà vita ad un corpo unico che è altro da sé, dalla sua singola individualità.

Il ballo è il risultato di elementi a se stanti che nella loro simbiosi, muovendosi all’unisono formano grandi figure in movimento che rappresentano qualcosa di più grande; un gruppo in movimento, dove ogni elemento è fondamentale.

 

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Foto di Roberto Marchesini

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Danza, Musical, Teatro

Romeo e Giulietta, La danza (considerazioni)

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Romeo e Giulietta, Ama e cambia il mondo – La danza (considerazioni)

Quando la musica non è solo suono, quando il corpo diventa simbolo, quando i muscoli sono tesi al massimo, quando un gruppo diventa un unico insieme è allora che i nostri appassionati ballerini creano figure nell’aria, li vediamo non solo ballare , ma disegnare una coreografia, rappresentare un film le cui immagini sono chiare e distinte.
E’ allora che il messaggio arriva.
Non sono solo corpi in movimento, ma matite nelle mani di un artista.
E’ allora che il ballo diventa danza e la danza diventa altro, trasfigurandosi e andando oltre se stessa.
Immagine e rappresentazione.
Quanto deve essere duro il lavoro di un danzatore! Non solo devi sottoporti ad un allenamento costante, lungo e faticoso, sempre diverso per far sì che non siano sempre gli stessi muscoli a lavorare, ma devi imparare decine di coreografie tutte insieme, in una volta sola.
Un ballerino deve avere sicuramente un’ottima memoria; deve vedere i passi e saperli riprodurre immediatamente. Immagino, per esempio, in un lavoro come R&G quante volte avranno dovuto provare non solo per imparare i passi, ma anche per realizzare le coreografie tutti all’unisono. Ancora, vedendo i video delle lezioni postati su Facebook, immagino quante coreografie diverse a settimana debbano imparare, immagazzinare e riproporre.
Poi, dopo tutto il lavoro, di allenamento, prova, affinamento in sala, ci sono le prove sul palco. A volte, magari, non si ha nemmeno il tempo di prendere dimestichezza con un palco nuovo, ma il ballerino conosce la propria posizione e sa come deve acquisirla e mantenerla.
Un’altra cosa notevolmente importante è quella che ogni ballerino (almeno in R&G) conosce non solo la propria posizione sul palco, ma anche quella di tutti gli altri.
Le scene di ballo del musical sono tutte corali, quindi è fondamentale che tutti conoscano gli spazi e i movimenti degli altri, per una serie di motivi.
Io posso immaginare che uno sia il fatto di poter sostituire al bisogno un ballerino assente, o, se non sostituirlo, coprire anche il suo spazio in modo da non lasciare “buchi” in scena.
Un altro motivo può essere quello di essere in grado di occupare più o meno spazio laddove qualcuno dovesse entrare in ritardo non arrivando in tempo al proprio posto.
C’è, dietro il lavoro di danzatore, un grandissimo impegno e tanti aspetti che penso ancora di non conoscere.
Mi viene da pensare a quelle settimane particolari in cui a Roma e a Milano i nostri artisti hanno avuto due repliche consecutive al giorno per tre o quattro giorni.
Matinée e serale, matinée e serale…immagino le alzatacce, la corsa in teatro, il riscaldamento, le prove, poi lo spettacolo, poi un po’ di riposo, magari torni a casa, magari resti lì perché casa è lontana o perché c’è qualche modifica dell’ultimo momento da apportare, poi il serale.
A mezzanotte, sfinito, ma soddisfatto e felice, termini lo spettacolo e vorresti solo crollare nel letto perché sai che il giorno dopo, molto presto, si ricomincia.
Sì è vero che sono giovani e allenati, ma questi ragazzi e queste ragazze sono davvero tosti/e: il corpo è una macchina e per quanto giovane e allenata, ha bisogno di riposo e di tempi di recupero.
Ho una grandissima stima per questi danzatori.
Innanzitutto perché hanno inseguito una passione e sono riusciti a farne la propria professione. Poi perché non smettono mai di dare il massimo e si vede ad ogni replica. Inoltre sono sempre sorridenti e disponibili con chiunque li fermi per un complimento e una foto.
Non pensiamo poi che il loro impegno finisca qui. Molti di loro, insegnano presso altre scuole, tengono lezioni ad altri futuri danzatori e continuano ad aggiornarsi con stage e corsi specifici. Alcuni hanno partecipato anche ad altri lavori, quindi altre prove, altre coreografie da memorizzare, spostamenti…
Se ci avete fatto caso, nessuno di loro si è fermato completamente questa estate e, se lo hanno fatto, è stato per pochissimo tempo; il resto del tempo lo hanno trascorso a danzare, insegnando e specializzandosi.
Una professione meravigliosa la loro, faticosa e non credo troppo ben pagata.
Sono fiero di poter dire che sin dalla prima replica alla quale ho assistito (Roma, ottobre 2013) io mi fermavo a fine spettacolo, quando ancora non c’era il delirio delle fan sfegatate e invasate, alle transenne poste all’uscita dei camerini ad applaudire ogni singolo ballerino e ballerina.
Mi sentivo un po’ scemo nel farlo, lo ammetto; inoltre ammetto anche che allora ne conoscevo proprio pochi, ma sapevo che era giusto così, che dovevo farlo, che questi ragazzi e queste ragazze, alla fine di tanto lavoro dovevano sapere che questo loro impegno era stato apprezzato, che grazie a loro io avevo sognato, avevo danzato.
Un altro aspetto da sottolineare è il forte senso del gruppo che hanno sviluppato, la grande unione che c’è tra tutti loro. Si vede, è palpabile: sono tutti amici, tutti uniti. Sono i primi a intervenire se un collega si fa male, prima ancora degli infermieri del primo soccorso presenti in teatro. Lo vediamo dalle foto che pubblicano sui social network.
Un grandissimo gruppo di grandi professionisti per uno spettacolo meraviglioso!
Senza di loro R&G non sarebbe Romeo e Giulietta – Ama e cambia il mondo.
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Danza, Musical, Recensioni, Teatro, Teatro

Jesus Christ Superstar – Teatro Sistina, 2014

Basterebbe il nome: Jesus Christ Superstar.

Basterebbe…o forse no…non si può tacere l’enorme spettacolarità di questo musical approdato a Roma per festeggiare il ventesimo anniversario dell’adattamento italiano della più grande opera rock di sempre firmata da Andrew Lloyd Webber e Tim Rice.

Per questa esaltante occasione Massimo Romeo Piparo, il regista, porta sul palco, per la prima volta in Europa, il Gesù originale del celebre film del 1973: Ted Neeley.

Prodotto dalla Peep Arrow Entertainment, coreografie di Roberto Croce, Direzione musicale di Emanuele Friello, scene di Giancarlo Muselli, costumi di Cecilia Betona, un’orchestra dal vivo diretta da un veterano dei musical italiani, il Maestro Emanuele Friello, la versione portata in scena è memorabile e passerà alla storia.

Non avrei potuto perderlo per nulla al mondo, anzi, ho assistito a ben due repliche! Due repliche diverse per molti aspetti.

A Roma, infatti, al Teatro Sistina, abbiamo avuto la fortuna di vedere portato in scena questo insuperabile musical con due cast in parte differenti.

Partiamo dalla prima replica a cui ho assistito, il 20 maggio 2014.

Ted Neeley è un mostro sacro. All’età di 71 anni (!!!) ha ancora una voce potente e penetrante. Muove dal sussurro al falsetto, passando per il grido disperato con un’energia e una grinta straordinari.

Insieme al fantastico Ted Neeley nei panni di Gesù, la band dei Negrita: è la prima volta che una rock band italiana è protagonista di un musical! Inoltre, il mitico Paolo Bruni, in arte Pau, frontman del gruppo, ha vestito i panni di Pilato.

Un’interpretazione grandiosa, che forse ha stupito chi pensava non potesse esserci sintonia tra una rock band e uno spettacolo sulla passione di Gesù, ma Jesus Christ Superstar è un’opera rock e la scelta si è rivelata azzeccatissima. Pau, aiutato anche dalla sua grande altezza e dal suo bel particolare viso, ha interpretato un Pilato che lascia il segno (particolarità: ha sempre indossato gli occhiali da sole).

Giuda è l’esordiente Feysal Bonciani, fiorentino, classe 1990 scelto da Massimo Romeo Piparo e Ted Neeley tra oltre cinquecento candidati. Oltre che per la somiglianza al protagonista originale Carl Anderson, Feysal ha inchiodato tutti alle poltrone per capacità ed estensione vocali, per la fluidità nei movimenti e per l’interpretazione drammatica.

La splendida e talentuosa Simona Molinari ha vestito i panni di Maria Maddalena; volto delicato, presenza incantevole, ha una capacità  di modulare la voce davvero fantastica. Ha portato lo spettatore dentro il proprio cuore; abbiamo vissuto affetti e turbamenti ogni volta senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso perchè attratti dal magnetismo della sua voce.

Shel Shapiro ha interpretato il cattivo Caifa caratterizzandolo con dei movimenti particolari, divertenti, ironici, anche lui emozionando con la sua voce.

Paride Acacia, lo storico Gesù della versione italiana del musical, ha interpretato un grande Hannas: cattivo, sguardo spietato, voce che passa dal grave al falsetto con una disinvoltura impressionante, mi ha lasciato senza parole. Una grandissima scoperta per me il suo talento!

Altra grande scoperta, un “amore a prima vista” è stato Emiliano Geppetti, qui nei panni di Simone. Che dire? Anche lui, una voce particolarissima, un mostro del palcoscenico; grinta, carattere, espressività. In un attimo è diventato uno dei miei performer preferiti!

Altra bella scoperta, il giovane Riccardo Sinisi nei panni di Pietro: bella voce, buon movimento, bella interpretazione.

Infine, Salvador Axel Torrisi è Erode: pazzo, visionario, rappresentato con un abito eccessivamente pomposo, sembra il joker delle carte, circondato da un entourage di burattini e marionette anch’essi travestiti e da balocchi.

Poi un ensemble di tantissimi ballerini (credo 24), acrobati, mangiafuoco, trampolieri.

Che dire? La storia la conosciamo tutti, non sto qui a raccontarla. Il cast è spettacolare, le voci superbe, si incastrano benissimo tra di loro. L’orchestra è sul palco, su una pedana girevole ed entra in scena ripetutamente, tra colonne di templi che a volte “prendono fuoco”. A destra del palco, dei gradoni che nascondono alcune botole da cui attori e ballerini compaiono e scompaiono. Intorno delle impalcature: il palco è piccolo per contenere tutti, così sono stati creati dei livelli in altezza dove a volte la scena si sposta e dove ballerini e attori si muovono e ballano.

Poi un videowall su cui passano riferimenti biblici e immagini volutamente sgranate.

Tra le scene più toccanti quella in cui i miserabili della Terra, i poveri, i diseredati, gli emarginati, i malati accorrono verso Gesù che resta sopraffatto da tanto dolore e da tanta miseria e sembra non saperne contenere così tanta nel suo cuore chiedendo al Padre perchè e implorando aiuto. In questa scena, dal soffitto pendono funi con teste mozzate e i ballerini che interpretano questi miserabili indossano una maschera che rappresenta sommariamente un volto (i lineamenti non sono delineati, ci sono solo i buchi per gli occhi, la bocca è accennata) messa al contrario ossia dietro la nuca. Come se questi esseri camminassero col corpo girato totalmente rispetto al volto: la scena così rappresentata, trasmette, un’ansia, un dolore che sono tangibili; angoscia e miseria.

Altra bellissima scena, di altro valore, è quella in cui Gesù/Ted Neeley canta su una passerella che piano piano si allunga fino alla prima fila di poltrone della platea. Gesù è lì, è lì con noi, tra noi. Gesù è uno di noi e si interroga, fa domande al Padre suo, non capisce il perchè di tanto dolore e non si sente pronto ad affrontare tutto questo. Gesù è un uomo, uomo in mezzo agli uomini, povero tra i poveri.

Alla fine di tutto, Giuda, ormai morto, fa il suo ingresso in sala vestito di bianco (un po’ Elvis, un po’ Las Vegas). Parte un video in cui lo si vede cantare fuori dal teatro, poi entra in scena, insieme a Gesù, mentre sullo schermo vengono proiettate immagini di tante nefandezze umane: la bomba atomica, il nazismo, i bambini che muoiono di fame in Africa….come a far entrare il presente in sala, a urlare a tutti che ancora c’è tantissimo da fare, che l’odio, la guerra, la fame, la carestia, la povertà, la malvagità, l’egoismo, la brama di potere sono ancora mali attualissimi e stanno uccidendo la nostra umanità e che c’è ancora e sempre bisogno di Gesù tra noi, ma, soprattutto, dentro di noi.

Ferme restando tutte le considerazioni sullo spettacolo in generale (scene, messaggi, valori, soluzioni stilistiche), passo a raccontarvi della replica del 7 giugno. A seguito di un parziale cambio di cast è doveroso rendere i meriti agli altri protagonisti.

Nei panni di Caifa troviamo Marco Fumarola, voce profonda, caratterizza diversamente il suo personaggio. Shel Shapiro lo aveva reso un uomo con dei gesti rituali, quasi a darne un’idea di insicurezza; il Caifa di Marco, invece, è duro, aspro, senza sfumature.

Gloria Miele è Maria Maddalena; molto diversa dalla Molinari, un paragone non sarebbe corretto, perché differenti nel timbro e nel registro. Comunque molto convincente, mi è sembrato desse un’interpretazione di una Maria Maddalena più insicura, più timorosa. La Maddalena della Molinari mi è sembrata più decisa e più donna. Attenzione non parlo delle due attrici/cantanti entrambe bravissime, ma della caratterizzazione che hanno dato del loro personaggio.

In questa secondo giro di repliche, Emiliano Geppetti passa dal ruolo di Simone a quello di Pilato ed è questo il motivo per il quale sono voluto tornare a teatro a vedere lo spettacolo; ero rimasto troppo folgorato dal talento di questo ragazzo. Anche qui, nessun confronto con Pau, semmai col suo Pilato. Emiliano convince totalmente. Il suo Pilato ha spessore, è crudele, indeciso, combattuto, ironico, incredulo, prova pietà per Gesù, è tante cose insieme ed Emiliano riesce a passare da un’espressione all’altra, da uno stato d’animo all’altro proiettando ogni emozione sul pubblico.

Riccardo Sinisi, presente anche nella versione precedente, qui interpreta sia Simone che Pietro: cosa dire? Bravo! Un doppio ruolo, un doppio impegno, un doppio applauso.

Cambiata la band, anch’essa si è difesa molto bene: in particolare un encomio va al chitarrista Andrea Inglese.

Per entrambe le versioni a cui ho assistito è stato un tripudio di pubblico: applausi a scena aperta, standing ovation finale lunghissima. Non senza ragione. Lo spettacolo parla da sè e le interpretazioni di questi grandi artisti hanno reso tutto perfetto, magico, avvincente. 

Un’ultima nota vorrei dedicarla all’incontro con Ted Neeley: la lunga attesa per conoscerlo è stata ampiamente ripagata.

Ted è un uomo semplice, umile, mite. Era lui a ringraziare il pubblico per essere stato presente; chiedeva a tutti come stessero ed era curioso di sentire le storie personali legate al musical che ognuno aveva da raccontare. Ha dispensato parole dolci e umili con tono pacato e pacifico. Mi abbracciava e ringraziava in continuazione per quello che gli dicevo.

Ho avuto un’opportunità straordinaria a poter assistere a questo spettacolo con lui, mito indiscusso, e con il resto del cast davvero strepitoso.

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