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Interviste, Teatro

Intervista a Brian Boccuni

brian (1)

 

 

Brian Boccuni, classe ’92!!!

Giovanissimo, hai cominciato prestissimo e fatto bei lavori con importanti colleghi.

Ci racconti il tuo percorso?

Ho scoperto questa passione da piccino: mi piaceva fare il cabaret per casa.

Poi alle medie c’era un corso di teatro. Era l’anno di Notre Dame de Paris: al secondo anno portammo in scena Aggiungi un posto a tavola, al terzo anno NDP dove io ero Frollo e lì scoprì la mia dote vocale.

C’era l’orchestra composta da vari elementi: era una cosa fatta bene.

Poi ho cominciato a fare teatro amatoriale e lì ho imparato molte cose; abbiamo fatto anche lavori in napoletano, anche di Edoardo de Filippo.

Ad un certo punto, uscirono dei provini in Puglia per un’Opera di Franco Battiato.

Avevo 16 anni e chiesi a mia madre di accompagnarmi, volevo vedere come fosse un provino vero; lei rispose di sì, ma anche che non avrei dovuto farmi aspettative. Ero piccino, non pensavo di arrivare da nessuna parte, invece mi presero!

Si trattava di un’Opera tratta dalla storia vera di un massacro di ottocento tarantini, da cui il titolo Ottocento, a seguito dell’invasione turca ad Otranto. Era un’Opera popolare di Franco Battiato con la supervisione di Francesco Libetta e la regia di Fredy Franzutti e avevo una bella parte in cui cantavo e recitavo; avevo una canzone mia. Fu un’opera grande, importante.

Dopo l’Opera ho continuato a studiare, poi con la Compagnia Stabile del Musical di Bari feci Noi figli delle stelle con la partecipazione straordinaria di Maurizio Casagrande: uno spettacolo molto carino con musiche edite che raccontava gli anni ’80 e ’90 , il muro di Berlino, i ragazzi che dovevano o diplomarsi,

Andavo a scuola e andavo anche lavorare in pizzeria per pagarmi i viaggi per fare i provini; volevo conoscere, avevo voglia di andare via e fare questo mestiere.

Intanto conoscevo molte persone che frequentavano la Bernstein School Of Musical Theater a Bologna e tutti mi consigliavano di andare a studiare lì: il talento non è sufficiente se non studi.

Mi consigliarono questa accademia a Bologna diretta dalla americana Shawna Farrel con insegnanti americani e italiani, tra cui Gillian Bruce come insegnante di danza

L’Accademia durava tre anni, io ne ho fatti due perché il primo anno me lo hanno fatto saltare perché avevano trovato del talento e avevo lavorato.

Dopo Accademia in cui ho avuto l’onore di lavorare con Marconi che ha curato la regia della versione accademica di Next To Normal e con Gillian Bruce, Mauro Simone e il top della Rancia.

Il primo spettacolo è arrivato subito ed è stato Processo a Pinocchio l’estate scorsa nelle Marche: era nato per gioco, poi ci siamo resi conto che la gente lo amava, si divertiva, quindi abbiamo pensato di farlo diventare una cosa “seria”. C’era interesse sia da parte del pubblico che da parte degli addetti ai lavori ed è diventato uno spettacolo che speriamo e pensiamo girerà.

Poi Andrea Palotto, autore e regista di Processo a Pinocchio stava riprendendo Non abbiate paura: c’erano da fare delle sostituzioni e mi chiamò per interpretate il ruolo di Ali Agca.

Mi piace fare i ruoli da cattivo: ho una voce e dei colori che si prestano, mi piace; il pubblico più ti odia più ti ama.
Dopo Non abbiate paura è arrivato il Next to Normal italiano: bellissimo.

Ma è adatto per l’italia?

E’ uno spettacolo molto particolare. In Italia il musical è ancora concepito come un family show; che va benissimo, però c’è anche altro.

Next to Normal non è un family show, non è di intrattenimento: tratta delle tematiche drammatiche, come il bipolarismo, la schizofrenia, cose mai viste in un musical in Italia; per di più la partitura è rock. E’ bellissimo, emozionantissimo ed è quotidiano perché tratta tematiche che coinvolgono tutti e fatti che accadono giorno per giorno alle persone.

Next to Normal è uno spettacolo che deve essere visto.

E dopo?

Poi sono tornato a Processo: un lavoro bellissimo, che mi piace molto fare. E’ una grande opportunità per me. Mi diverte molto ed è uno spettacolo veramente innovativo.

Come è oggi essere giovani e lavorare a teatro? Come ti vedi in confronto ai giovani di oggi che studiano o, magari, sono disoccupati.

Io sono sempre stato un po’ strano, anche quando ero più piccolo io ero già diverso: ascoltavo musica che gli altri non ascoltavano, per esempio. Io sono un grandissimo amante di Lucio Dalla, è stato un mentore per me. Ritengo che Lucio sia stato uno dei più grandi cantastorie; se fossi un insegnante di italiano fare studiare i testi delle sue canzoni. Quindi ascoltavo musica che gli altri miei coetanei non condividevano, ma era divertente.

C’è una differenza mentale, nell’approccio alla vita e al lavoro tra te e i ragazzi fuori?

Taranto è una città un po’ particolare; a Taranto la situazione è diversa rispetto ad altri posti di Italia. Viviamo una crisi profonda; abbiamo l’Ilva, per esempio: se chiude, moltissima gente resta senza lavoro, se resta, tutti continueranno a respirare i fumi tossici.

Quando torno giù parlo coi miei amici: c’è chi non vuole fare niente, ma c’è soprattutto chi non riesce perché non ci sono possibilità.

Io mi sento molto, molto fortunato; ho finito l’Accademia a luglio e ho lavorato subito; per quanto riguarda gli altri io credo che quando ci sia passione, tenacia e caparbietà uno lavora; se hai voglia, lavori.

Cosa cerca un giovane che vuole fare teatro?

Io ho sempre avuto un fuoco sacro per il Teatro; l’ho cercato da subito; non so dirti perché, ma lo volevo.

Cosa cercano invece i giovani che si avvicinano al teatro come spettatori?

Ai giovani bisogna dare qualcosa di nuovo, di fresco, qualcosa che non faccia perdere loro la speranza.

Se tu dai al pubblico, specialmente giovane, uno spettacolo disfattista è la fine; che non vuol dire prenderlo in giro, però lasciare sempre una speranza, una luce. La luce alla fine del tunnel ci deve essere: io ci credo, è difficilissimo, ma ci credo.

Oggi i giovani sono smarriti, non hanno ideali, non sanno a cosa credere. Questa mania dei selfie, per esempio, è una sorta di ricerca di affermazione di se stessi.

Oggi i giovani non vivono più il momento, non vivono la realtà.

Si deve dare loro, ripeto, qualcosa di nuovo, di fresco e di vero; i giovani sono più sgamati quindi si accorgono se li prendi in giro.

Cosa ha il teatro da offrire ai giovani d’oggi e come si potrebbe fare per portare i giovani a teatro?

Bhè, per esempio portarlo nelle scuole, come si fa con le matinèe. A me, per esempio, è successo con la Divina Commedia.

Si devono dare cose fresche, nuove, giovanili.

Io sono arrivato a Lucio dalla Tosca, a cui ero arrivato da Matteucci per il quale ho una grande passione.

Si deve creare la curiosità nei giovani, dargli un elemento per cui siano invogliati ad andare a Teatro.

Sì, tu parli di dare ai giovani cose in cui credere: Next to Normal, però, non è uno spettacolo drammatico?

Sì, Next to Normal è drammatico, però ha la musica rock e non è uno spettacolo disfattista: termina con una canzone che si intitola Luce e l’ultima strofa dice “ci sarà luce per noi”.

Per me è un caso strano perché io sono arrivato al teatro per mia scelta, per mia passione.

Poi magari i giovani, per esempio, ascoltano la musica, poi attraverso la musica possono arrivare a un libro, poi al cinema, conoscere le cose e magari incuriosirsi.

I giovani ad un certo punto cominciano ad interrogarsi su se stessi e cercano risposte sui loro moti interiori fuori. Una ricerca su se stessi che può attraversare la musica, la letteratura, il cinema e il teatro.

Quando parli di musica, parli di Lucio Dalla: dai l’idea di essere un ragazzo molto romantico.

Sì sono molto romantico. Ho paura col tempo di cambiare, di perdere un po’ di questo romanticismo.

A tal proposito consiglio di ascoltare il brano di Brian “Questo bacio (dormiveglia)”

C’è un ruolo che un domani vorresti interpretare?

Io vorrei interpretare tanto Scarpia nella Tosca di Lucio Dalla: vorrei tanto farlo.

Voglio fare questo mestiere, voglio fare il musical perché è una perfetta combinazione tra musica e teatro. Riconosco di avere un dono, una bella voce, sono stato fortunato, però, forse, come cantante sarei troppo, perché recito troppo.

E noi auguriamo a questo giovane e talentuoso ragazzo di realizzare tutti i suoi sogni perché ha davvero una splendida voce ed è veramente bravo.

Leggi anche http://www.flaminioboni.it/jersey-boys-regia-c-insegno/

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Interviste, Teatro

INTERVISTA A STEFANIA FRATEPIETRO

 

frate

Dagli studi di giurisprudenza al teatro, da maschera al Politeama genovese ai più grandi palcoscenici italiani come performer completa di altissimo livello.

Hai partecipato a importantissime produzioni teatrali e musicali: Grease con Lorella Cuccarini; Hello Dolly con Loretta Goggi; Promesse Promesse; Fame- Saranno Famosi; Paolo e Francesca; Il Conte di Montecristo; La Divina Commedia; Cats; La Tosca; Ciao Amore Ciao; Salvatore Giuliano; Ti amo, sei perfetto, ora cambia; Musicalmente, solo per citarne alcuni.
Ogni volta, in ogni lavoro che fai, si vede l’amore che hai per questa professione, emani passione pura ed è evidente la tenacia che hai, riuscendo sempre a comunicare la gioia che provi facendo questo mestiere: come riesci, dopo tanta strada e tanti successi, a mantenere il tuo spirito genuino e incantato?

L’artista è un giullare che dialoga e gioca in maniera più o meno consapevole con l’animo del pubblico e, se mosso da passione pura, non può che mantenere lo spirito di un bambino. L’artista è un canale, nulla di ciò che crea è opera sua, se lo fa per egocentrismo blocca il flusso e si priva di un grande dono. Con questo non dico che sia semplice è uno scontro continuo con le proprie paure e insicurezze ma il viaggio è lungo.

In tanti anni di carriera, affrontando prove sempre diverse e mettendoti continuamente in gioco, hai mai avuto momenti di sconforto, hai mai avvertito il desiderio di lasciare? Come hai superato questi momenti?

Il nostro mestiere è un’altalena continua di emozioni, depressioni, gioie, precarietà lavorativa ed economica. Prima se ne è consapevoli e se ne fa pace, meglio si superano i momenti down. É il rovescio della medaglia, il pubblico vede solo le luci, l’artista gode di queste, ma convive inevitabilmente anche col buio.  Intendiamoci: tutti vivono continue crisi e anche più gravi. Noi sicuramente siamo dei privilegiati, ma essendo più a contatto con le emozioni e le fragilità umane, perché le dobbiamo raccontare, ne veniamo travolti. Altrimenti non si spiegherebbero le grandi depressioni di artisti famosissimi.

Da fan vorrei chiederti quale è stato il personaggio che ti è piaciuto di più interpretare, quello col quale hai avuto maggior empatia?
Quale il più difficile? E quale quello che vorresti interpretare?

Ogni ruolo mi ha donato qualcosa: svelando una parte  di me, mettendomi in difficoltà e facendo emergere le mie fragilità, portando alla luce aspetti del genere umano che non conoscevo. Questo è il grande privilegio che abbiamo.
Quelli che vorrei interpretare? Tantissimi…la mia curiosità  sul mondo non si è ancora esaurita.

Secondo te, che sei una professionista che, abbiamo ricordato, ha all’attivo una lunga e ricca carriera, che momento sta vivendo il teatro e il musical in particolare?

Terribile come l’Italia in generale. Un paese che non comprende non solo la funzione sociale dell’arte ma anche l’aspetto imprenditoriale ovviamente soffoca ogni ripresa ed è destinato a fallire. Per fortuna c’è chi in questo momento non si rassegna all’evidenza ma sfodera tutte le armi per costruire un alternativa diversa. Ed io sono molto fiduciosa.

Come mai oggi sembra che tutti vogliano fare i performer teatrali? Ritieni che sia vera passione o una moda, dovuta magari anche al fatto che con la diffusione globale dei social network se ne parla di più? Pensi che possa essere una conseguenza di un desiderio di fuggire la realtà, spesso cupa e noiosa, e rinchiudersi in un mondo in cui puoi fingere di essere un altro?

L’uomo di base è un creatore, finché non capirà che questo sfogo artistico lo può trovare in tantissime altre professioni continuerà a pensare che il palco sia l’unica. Oltretutto sempre di più le persone hanno sete di essere amate e riconosciute e lo ricercano nello spettacolo. Inoltre la passione per il musical è comprensibile, da la possibilità di esprimersi in maniera totale. Contemporaneamente penso che un po’ di teatro farebbe bene a tutti anche a livello amatoriale.

Esiste oggi ancora per te una funzione sociale nell’arte e, in particolare, nel teatro?

La funzione sociale è alla base dell’arte. Il “sistema” tende a nasconderla, ci vuole ignoranti è chiaro. Ma noi urleremo ancora più forte, non con i fucili e le bombe, ma con le armi della fantasia e della parola.

Infine, parlaci di questo spettacolo. Non è un musical? É un ritorno alla prosa, tua prima grande passione?

Si la prosa è la mia prima passione. Ora, infatti, sono in scena con un altro spettacolo di prosa tutto al femminile “Il vizio dell’amore” e la prossima settimana mi tuffo nella follia del talentuosissimo Giancarlo Nicoletti con lo spettacolo “Festa della Repubblica”, lavoro divertentissimo dal ritmo incalzante. Denuncia sottile e ironica dell’incomunicabilità del genere  umano e della perdita di valori profondi. Io interpreto Eloisa, giornalista televisiva di successo che specula sui casi umani per un po’ di share in più. Il resto non ve lo racconto, venite a vederci

Quindi dal 31 marzo al 4 aprile 2015 tutti al Teatro Trastevere per Festa della Repubblica per apprezzare dal vivo il talento di questa straordinaria artista: Stefania Fratepietro.

Potete leggere anche:

http://www.flaminioboni.it/2015/04/16/lets-duets-qua…15-aprile-2015/

http://www.flaminioboni.it/2015/05/12/musicalmente-b…-teatro-golden/

http://www.flaminioboni.it/la-piccola-bottega-degli-orrori-2-0/

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Interviste, Teatro

INTERVISTA A CRISTIAN RUIZ – 2a PARTE

cristian2 (1)

Continua la lunga intervista che il gentilissimo Cristian ha voluto concedermi.

Conosciamo un po’ di più il suo pensiero.

E’ vero che ti fanno fare sempre il cattivo? Perché secondo te?

No, anzi! Io ho fatto sempre il bravo ragazzo! Con “L’ultima strega” sempre di Andrea Palotto (autore e regista di Processo a Pinocchio) ho fatto il cattivo: ho avuto una grande soddisfazione da quel ruolo e da lì mi hanno chiamato per Ghost” dove interpretavo un altro cattivo. Devo dire che mi piace; dopo tanti personaggi positivi è bello confrontarsi con un ruolo da cattivo.

In Processo a Pinocchio però non sono cattivo: Pino è solo una vittima, è un po’ psicopatico. Però mi piace; i personaggi negativi, un po’ maledetti mi piacciono molto.

Tra le molteplici attività che svolgi c’è anche quella di tenere stage teatrali; hai un gruppo affiatato di persone che ti seguono quindi anche a livello professionale e ti hanno scelto come insegnante e gira voce che tu sia veramente bravo, professionale ed empatico. Le ragazze e i ragazzi che studiano con te si sentono ad ogni nuovo incontro sempre più arricchiti.

Cosa mi dici del rapporto che si è creato con queste persone?

Una volta il mio maestro di danza mi disse: “Io a lezione ho voglia di aiutare gli altri”. Io non capivo: perché aiutare gli altri? Tu sei un insegnante.

Invece, in realtà, scatta proprio questa cosa: aiutare gli altri a trovare determinate cose perché aiuta anche te. Insieme a loro capisco delle cose di me, della mia arte, degli errori che faccio, di quello che va fatto e di quello che non va fatto; per questo cerco sempre di dire che non ci sono cose giuste o sbagliate nel teatro, nella recitazione, ovviamente sempre tenendo salva la tecnica.

E’ importante capire che ogni persona che vuole fare teatro a livello professionale ha un tipo di talento e questo talento va tirato fuori in qualche modo.

Però mi chiedo, e qui allargo il discorso generalizzando, secondo te come mai in questo periodo sembra che tutti vogliano fare i performer teatrali? Ritieni che sia una vera passione o una moda, dovuta magari anche al fatto che ora se ne parla di più? O, magari, il bisogno di fuggire una realtà cupa e noiosa per rifugiarsi in un posto dove si può fingere di essere qualcun altro?

Non penso sia il bisogno di fingere di essere qualcun altro. Il fascino del Teatro c’è sempre stato, solo che, rispetto a ieri, oggi ci sono maggiori canali di comunicazione e diffusione.

Grazie a prodotti come Glee o Smash, per esempio, anche i ragazzi che non possono andare a teatro o che abitano in piccoli centri urbani hanno capito che il Musical è una forma d’arte molto completa, molto interessante e molto affascinante. Certo, va preso con molta serietà. Io ai miei stage vedo gente che non arriva preparata: non hanno studiato, non hanno imparato la parte a memoria, non sanno la melodia delle liriche, non è un buon punto di partenza. Il punto di partenza è sempre se stessi; studiare a casa, arrivare preparati, perché il successo è quello; il successo non dipende da quanto sei bravo tu, tu devi avere una tua formazione solida. Il successo arriva quando nel momento giusto ti viene chiesto di dimostrare questa solidità, tu lo fai al momento giusto nel posto giusto, ma questa solidità ci deve essere sempre.

Parlaci di Processo a Pinocchio: una psico commedia noir a carattere musicale originale e innovativa. Una realtà in cui credi molto, lo hai dichiarato e si vede. Quando hai letto il soggetto cosa ti ha conquistato?

Mi sono innamorato subito di Processo a Pinocchio e ho capito immediatamente cosa volesse dire Andrea Palotto. Tra l’altro poco tempo prima avevo studiato su Aspettando Godot che è anche quello teatro dell’assurdo, ovviamente ha un altro tipo di appeal, però ho subito capito che c’era quel tipo di comunicazione lì, cioè un impatto forte e questo mi è tanto piaciuto.

Alla prima lettura avevi già chiaro in mente come avresti potuto interpretarlo?

Non avevo già chiaro come sarebbe stato: è un personaggio che ho cercato con Andrea. Le indicazioni che Andrea mi aveva dato erano che Pino è un uomo non cresciuto, un eterno bambino che ha necessità di mentire per essere vivo. Tutto il resto è arrivato insieme poi. Mi è stato molto di supporto Andrea.

Parlaci dei tuoi progetti; cosa si può dire?

Sicuramente abbiamo in mente di portare Processo a Pinocchio in tournée ed è un’ottima cosa: essendo libero da legami posso vivere la mia professione.

Poi ci sono dei bei progetti, uno in prossimità, ma ancora non posso dire nulla. Solo che presto arriveranno news.

Allora attendiamo queste news che saranno sicuramente emozionanti!

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